UN ERRORE I RIPENSAMENTI SULLA TINTILIA
by Donato Campolieti
Si è chiusa la 43ª edizione del Vinitaly, la più grande manifestazione fieristica nel campo del vino, e c’è chi comincia a tirare le somme di questi cinque giorni passati a Verona. In particolare i diretti interessati, i produttori, che sono partiti con le giuste speranze e non vogliono rimanere delusi. Con loro le organizzazioni di categoria, le istituzioni che hanno impegnato non poche risorse per questa esposizione internazionale e gli stessi consumatori, che non sempre riescono a capire le mosse del mondo del vino.
Una riflessione più che naturale sulla situazione e, ancor più, sul futuro di un comparto così importante per l’agricoltura nazionale e per quelle di tutte le Regioni italiane, impresse, chi più chi meno, dalla vitivinicoltura.
Un comparto che ha dato segni di grande vitalità, a partire dalla metà degli anni ’80, subito dopo quella tragedia, il metanolo, che per poco non l’ha affossato definitivamente. Si pensi al rilancio del mercato ed alla conquista di fette importanti di questi mercati, in particolare quello degli Stati Uniti; la crescita, nel momento in cui si andava a registrare il calo del numero delle aziende e della superficie vitivinicola, delle imprese di trasformazione (6.000) e, in particolare, la moltiplicazione(30.000) del numero delle aziende imbottigliatrici, a dimostrazione di un comparto giovane, ricco di professionalità ed imprenditorialità, elementi che non bastano mai per vincere la concorrenza sempre più agguerrita che si registra sul mercato globale. Tutto grazie alla crescita della qualità e, con essa, della immagine dei nostri vini, grazie a quel percorso virtuoso delle denominazioni di origine partito nel 1963 con il DPR. 930. Non a caso, oggi, il successo ha portato questi vini, con le 357 Doc e Docg, a occupare il 40% della produzione, riducendo di molto le quantità dei vini da tavola. Una vera e propria rivoluzione che ha interessato anche il nostro Molise che, pur se rappresenta l’1% della produzione nazionale, ha pari importanza per la nostra economia agricola e per l’immagine del nostro territorio.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le aziende imbottigliatrici grazie a tanti giovani che sono andati ad affiancarsi alle poche, ma importanti aziende storiche.
E’ servito molto il riconoscimento della Doc “Molise”, che è andato a rafforzare la vecchia doc “Biferno” e, sembra, a rilanciare anche la Doc “Pentro”, ma, ancor più, è servito il vino “Tintilia”, la sua riscoperta da parte dell’azienda Di Majo Norante che, per prima, l’ha imbottigliato trascinando dietro di sé nuovi produttori. Tintilia, vino del Molise, il testimone del territorio, come abbiamo avuto modo di leggere in un recente articolo firmato da Pasquale Di Lena, , soprattutto delle aree interne che, con questo vino, hanno visto il ritorno dei vigneti, coltura essenziale per le aziende agricole di questi territori che, poi, sono quelle più a rischio per colpa della pesante crisi.
Abbiamo letto l’articolo di Di Lena, colpiti, dal titolo forte “Giù le mani dalla Tintilia”, e, diciamo, subito, che siamo d’accordo con le preoccupazioni espresse da questo esperto che il mondo conosce per la sua serietà e la sua onestà di giudizi. Non serve, in questa fase, sfilacciare l’immagine della Tintilia, ma serve rafforzare il suo ruolo di trascinatore del vino molisano, e non solo, serve, soprattutto, per dare ad essa la possibilità di raggiungere il traguardo della piena affermazione sui mercati, sulla base di una immagine che aveva cominciato solo a fare i primi passi ed aveva bisogno di tempo, molto tempo, per raggiungere l’obiettivo. Avendo l’accortezza di giocare bene sulla qualità e, ancor più, sul rapporto qualità-prezzo, che, nel mercato di oggi, ha un significato per i vini che si vogliono far conoscere, sapendo che hanno tutte le potenzialità per affermarsi sul mercato e entrare con i giusti passi nelle preferenze dei consumatori importanti, sempre che vengano messi nelle condizioni di arrivare sulla tavola del consumatore.
Abbiamo sentito alcuni produttori presenti a Verona parlare del successo, non della Tintilia, ma del passito della Tintilia, cioè di un’altra tipologia di vino che, invece di rafforzare, dimezza l’immagine di questo vino e lo rende meno credibile come testimone. Basta questo perché ognuno rifletta su quello che fa, prima fra tutti i produttori, che, a nostro parere, sbagliano nel momento in cui vanno alla ricerca di scorciatoie, ma anche le istituzioni che devono fare la loro parte, che è quella di accompagnare i produttori e sostenerli, con attente iniziative promozionali, lungo il percorso, che, come prima dicevamo, si presenta non facile. Anche quando si hanno le idee chiare, figuriamoci quando ci sono ripensamenti!
Dino Campolieti
Predidente CIA provinciale di Campobasso
Si è chiusa la 43ª edizione del Vinitaly, la più grande manifestazione fieristica nel campo del vino, e c’è chi comincia a tirare le somme di questi cinque giorni passati a Verona. In particolare i diretti interessati, i produttori, che sono partiti con le giuste speranze e non vogliono rimanere delusi. Con loro le organizzazioni di categoria, le istituzioni che hanno impegnato non poche risorse per questa esposizione internazionale e gli stessi consumatori, che non sempre riescono a capire le mosse del mondo del vino.
Una riflessione più che naturale sulla situazione e, ancor più, sul futuro di un comparto così importante per l’agricoltura nazionale e per quelle di tutte le Regioni italiane, impresse, chi più chi meno, dalla vitivinicoltura.
Un comparto che ha dato segni di grande vitalità, a partire dalla metà degli anni ’80, subito dopo quella tragedia, il metanolo, che per poco non l’ha affossato definitivamente. Si pensi al rilancio del mercato ed alla conquista di fette importanti di questi mercati, in particolare quello degli Stati Uniti; la crescita, nel momento in cui si andava a registrare il calo del numero delle aziende e della superficie vitivinicola, delle imprese di trasformazione (6.000) e, in particolare, la moltiplicazione(30.000) del numero delle aziende imbottigliatrici, a dimostrazione di un comparto giovane, ricco di professionalità ed imprenditorialità, elementi che non bastano mai per vincere la concorrenza sempre più agguerrita che si registra sul mercato globale. Tutto grazie alla crescita della qualità e, con essa, della immagine dei nostri vini, grazie a quel percorso virtuoso delle denominazioni di origine partito nel 1963 con il DPR. 930. Non a caso, oggi, il successo ha portato questi vini, con le 357 Doc e Docg, a occupare il 40% della produzione, riducendo di molto le quantità dei vini da tavola. Una vera e propria rivoluzione che ha interessato anche il nostro Molise che, pur se rappresenta l’1% della produzione nazionale, ha pari importanza per la nostra economia agricola e per l’immagine del nostro territorio.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le aziende imbottigliatrici grazie a tanti giovani che sono andati ad affiancarsi alle poche, ma importanti aziende storiche.
E’ servito molto il riconoscimento della Doc “Molise”, che è andato a rafforzare la vecchia doc “Biferno” e, sembra, a rilanciare anche la Doc “Pentro”, ma, ancor più, è servito il vino “Tintilia”, la sua riscoperta da parte dell’azienda Di Majo Norante che, per prima, l’ha imbottigliato trascinando dietro di sé nuovi produttori. Tintilia, vino del Molise, il testimone del territorio, come abbiamo avuto modo di leggere in un recente articolo firmato da Pasquale Di Lena, , soprattutto delle aree interne che, con questo vino, hanno visto il ritorno dei vigneti, coltura essenziale per le aziende agricole di questi territori che, poi, sono quelle più a rischio per colpa della pesante crisi.
Abbiamo letto l’articolo di Di Lena, colpiti, dal titolo forte “Giù le mani dalla Tintilia”, e, diciamo, subito, che siamo d’accordo con le preoccupazioni espresse da questo esperto che il mondo conosce per la sua serietà e la sua onestà di giudizi. Non serve, in questa fase, sfilacciare l’immagine della Tintilia, ma serve rafforzare il suo ruolo di trascinatore del vino molisano, e non solo, serve, soprattutto, per dare ad essa la possibilità di raggiungere il traguardo della piena affermazione sui mercati, sulla base di una immagine che aveva cominciato solo a fare i primi passi ed aveva bisogno di tempo, molto tempo, per raggiungere l’obiettivo. Avendo l’accortezza di giocare bene sulla qualità e, ancor più, sul rapporto qualità-prezzo, che, nel mercato di oggi, ha un significato per i vini che si vogliono far conoscere, sapendo che hanno tutte le potenzialità per affermarsi sul mercato e entrare con i giusti passi nelle preferenze dei consumatori importanti, sempre che vengano messi nelle condizioni di arrivare sulla tavola del consumatore.
Abbiamo sentito alcuni produttori presenti a Verona parlare del successo, non della Tintilia, ma del passito della Tintilia, cioè di un’altra tipologia di vino che, invece di rafforzare, dimezza l’immagine di questo vino e lo rende meno credibile come testimone. Basta questo perché ognuno rifletta su quello che fa, prima fra tutti i produttori, che, a nostro parere, sbagliano nel momento in cui vanno alla ricerca di scorciatoie, ma anche le istituzioni che devono fare la loro parte, che è quella di accompagnare i produttori e sostenerli, con attente iniziative promozionali, lungo il percorso, che, come prima dicevamo, si presenta non facile. Anche quando si hanno le idee chiare, figuriamoci quando ci sono ripensamenti!
Dino Campolieti
Predidente CIA provinciale di Campobasso
Sig. Campolieti, lei è veramente un gran PARACULO, lo dico come persona non coinvolta personalmente in questa "querelle" innescata dal Sig. Di Lena (sembra il "padrino" del Molise per come viene descritto, ed è pure comunista).
RispondiEliminaIo sono ferrarese e da qualche anno acquisto vini dal sig. Cipressi, per uso mio e di un gruppo di amici, e sa perchè da Ferrara sono finito a S. Felice ad acquistare? Perchè ho riconosciuto nel sig. Cipressi una passione sfrenata per la sua terra ed in particolare per i vini molisani, primo fra tutti il "TINTILIA" che voi ritenete sia stato offeso dalla creazione del VINO DOLCE DI TINTILIA. e che dire della "bestemmia" della GRAPPA DI TINTILIA, per questa credo che Cipressi meriti l'oscar per aver intuito le grandi potenzialità delle "graspe".
Dia retta a un'appassionato di vini che ha scoperto, grazie ai vini molisani, una terra fantastica che andrebbe valorizzata con tutte le peculiarità sane ed "illibate" che ancora esprime e di cui si può godere anche solo attraversandone il territorio da ovest ad est.
E se la denominazione TINTILIA si allarga a prodotti validi e ben fatti, a guadagnarci sarà esclusivamente l'intero movimento viti-vinicolo, gastronomico e turistico regionale.
Saluti.
Andrea Montanari