Leggendo qua e la' n. 79 - ALTRO CHE ADESIONE AL COSIB!


BISOGNA FERMARE LA URBANIZZAZIONE PER SALVARE L’ AGRICOLTURA SE SI VUOLE ASSICURARE UN FUTURO AI GIOVANI
Negli ultimi 25 anni all’agricoltura italiana, riporta una indagine di Agriturist (associazione della Confagricoltura), sono stati sottratti dall’urbanizzazione tre milioni e mezzo di ettari, edificando soprattutto sui terreni migliori, vicini alle città, alle principali vie di comunicazione, alle località turistiche.Un dato che deve portare a riflettere, visto che sono davvero seri i pericoli che attiva questo processo costante di urbanizzazione, per trovare il coraggio di bloccarlo perché non è più sostenibile.Basta guardare dall’alto del Monte Arone, la fine dei terreni che vanno oltre le Piane di Larino; pensare un attimo al territorio di Termoli o di Campobasso, ormai completamente urbanizzato da politiche speculative e da scelte scellerate, come quelle delle costruzioni in piccole aree e dello sviluppo di quartieri o di case a macchia di leopardo.Terreni sottratti al pomodoro, al grano, alla vite ed all’olivo e destinati a grandi centri commerciali e infrastrutture varie, che stanno limitando, in modo progressivo, le potenzialità produttive della nostra agricoltura e portando alla crisi, senza ritorno, le aziende coltivatrici. Una crisi che è alla base dello spopolamento delle campagne, con la perdita di una professionalità che neanche un corso lungo di formazione professionale ha la possibilità di creare o a recuperare. C’è di più, la cementificazione selvaggia, che distrugge in modo definitivo il terreno agricolo, arreca danni enormi all’ambiente ed al paesaggio.Altro che prodotti tipici, eccellenze agroalimentari e sviluppo del turismo!Il processo che è andato avanti e che si vuole accelerare è una limitazione di queste potenzialità, se non la distruzione completa.E questo proprio nel momento in cui cresce il bisogno di cibo e, con esso, quello che fa riferimento ai prodotti di qualità, alle eccellenze; l’agricoltura mostra tutta la sua centralità, soprattutto se si ha ben presente la natura della crisi che sta attraversando il nostro paese e il mondo nel suo complesso. Una crisi che mette in luce uno sviluppo fallimentare che si è fatto forte della cultura che ha abbandonato a se stesse le campagne e il mondo contadino.Una cultura che è alla base dei disagi che viviamo con l’abbandono dei centri storici, la diffusione delle cattedrali nel deserto, l’aumento delle frane, le conseguenze nefaste dei terremoti, che sono lì a contare vittime innocenti, offerte, in mancanza di controllo, in sacrificio alla speculazione.Dire basta a questa cultura e alle politiche ed azioni di sottrazione di terreni alla loro destinazione naturale per renderli base di cementificazione, è una necessità oggettiva.Invece del piano casa di Berlusconi pensare ad una legge che porti a recuperare i centri storici e le aree già urbanizzate, che vincoli i Comuni a valutare la disponibilità delle unità abitative e il reale bisogno di nuova edilizia residenziale. Tutto questo per dire che non ha alcun significato l’adesione del Comune di Larino al Consorzio del Nucleo industriale (Cosib), perché, per le ragioni prima dette, essa apre la strada che porta in direzione opposta alla strada che conviene a Larino prendere, e subito, che è quella che ha come punto di partenza la salvaguardia e tutela del suolo agricolo e, come punto di arrivo, lo sviluppo dell’agrindustria e del turismo. Una scelta fondamentale, ben sapendo che il suolo agricolo non è una risorsa illimitata e, come tale, è un bene prezioso per la collettività, in particolare per i giovani, che devono sapere di averlo per pensare con fiducia al proprio futuro. Una risorsa da gestire con oculatezza e intelligenza soprattutto qui a Larino, per fare, con coraggio quel salto di qualità, di cui ha bisogno questa città per ritornare a segnare, come a cavallo del ‘900, il passo del Molise.
U faùneie






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