i super tuscan

C’è chi è già tornato indietro scegliendo, al posto degli Igt Super Tuscan, un “super” Chianti Classico come “il vino” per eccellenza della propria azienda.
Un ritorno alla denominazione di origine legata ad un territorio unico per carattere e personalità, ricco di storia e di tradizioni, fra i più noti al mondo, ben sapendo che il termine Super Tuscan, coniato dalla stampa anglosassone, fa riferimento, così come la specificazione “Riserva”, ad una tipologia di vino che, pur esprimendo caratteri elevati di qualità, non riesce a mettere in luce le peculiarità né dell’origine geografica né, tantomeno, delle diverse aree aziendali, con la possibilità di individuare una o più vigne da scrivere in etichetta per rafforzare la docg.
Un ritorno alla denominazione di origine che, per quanto mi riguarda, non mi ha colto di sorpresa visto il ruolo svolto proprio dai Super Tuscan che, con la libertà data dalla classificazione Igt inserita nella legge 164/92 firmata dal Sen. Margheriti quando era Presidente dell’Enoteca Italiana, hanno permesso di rappresentare le potenzialità di un’area e la capacità dei produttori di dare una risposta al gusto internazionale, offrendo vini ben strutturati, morbidi e più ricchi di colore.
C’è un episodio, vissuto con l’Enoteca, che spiega il significato dei Super Tuscan e il contributo importante che questa tipologia di vini ha dato all’immagine di grande qualità che, oggi, vivono i vini italiani sui più importanti mercati del mondo: la partecipazione, a cavallo degli anni ’90, al concorso mondiale dei Vini che ogni anno si tiene a Montreal in Canada.
All’invito dell’Enoteca, che da qualche anno si occupava con assiduità il mercato canadese, organizzando iniziative di successo e promuovendo importanti pubbliche relazioni, hanno risposto un bel gruppo di aziende con importanti vini, che sono stati premiati solo in parte dal concorso.
Ricordo la delusione provata dopo la lettura dei risultati che riportava solo pochi vini di quelli presentati dall’Enoteca e la ricerca di una spiegazione per capire la scarsa attenzione da parte delle commissioni scelte dagli organizzatori del concorso.
La spiegazione l’ho trovata nel fatto che queste commissioni erano composte prevalentemente da esperti abituati al gusto dei vini francesi, o, al massimo californiani, e poco conoscitori della nostra realtà enologica, se non quella – ciò riguardava un ristretto numero - riferita a pochi nostri vini, quelli più famosi, che, quasi sempre, venivano offerti da aziende poco serie.
Questa riflessione l’ho collegata alla visita dei master of wine organizzata dall’Enoteca, la seconda fatta dopo alcuni anni in Italia da quelli che sono considerati i massimi esperti di vino al mondo.
In pratica due visite a distanza di tempo non sono sufficienti per abituarsi a sapori e profumi nuovi o per conoscere e capire i teritori di provenienza.
Posso dire che i vini che l’Enoteca aveva presentato erano di tutto rispetto e raccoglievano da noi riconoscimenti da parte dei nostri esperti più capaci.
Intanto i processi riferiti alla ricerca della qualità e pregio, alla promozione e comunicazione della stessa ed a dare nuovi strumenti legislativi ai produttori per offrire nuove opportunità al vino italiano di porsi all’attenzione del consumatore del mondo, andavano avanti, ma, non c’è dubbio, che i Super Tuscan hanno dato il loro grande contributo di accelerazione di questi processi.
Visti i risultati ottenuti si può dire che il loro compito è finito e che il ripensamento di un primo gruppo di produttori influenzerà altri. Ciò è più che certo che succede, cosa, però, che non vuol dire il ridimensionamento o la scomparsa dei Super Tuscan.
Questi continueranno a svolgere un importante ruolo sulla scia della attenzione del consumatore del mondo per i vitigni che li compongono, della immagine di successo della Toscana, dei suoi numerosi famosi vini doc e docg e della sua cucina.
Un successo avallato dalla presenza, in questi ultimi anni, di famosi produttori italiani e stranieri, che hanno scelto la Toscana: come il piemontese Gaia o l’americano Mondavi, il Trentino Lunelli, il lombardo Moretti o i veneti Masi e Zonin.
Personaggi diversi l’uno dall’altro, spinti da motivazioni diverse nella scelta di aziende nel Chianti Classico o in Val d’Orcia, nel Montecucco o a Scansano, a S.Giminiano o a Bolgheri, ma tutti pronti a fare grandi cose e ciò che non può far che bene alla Toscana ed ai suoi territori di origine di grandi vini, per gli stimoli che essi sono in grado di produrre e per la capacità che questi, ed altri personaggi che non ho citato, hanno dimostrato di avere nel campo della comunicazione della cultura e delle tradizioni espresse dal vino.
Oggi tutto è più facile per una realtà profondamente diversa da un passato non lontano, quando i disciplinari esprimevano una forte rigidità e non permettevano alcuna libertà di scelta al produttore; quando le attenzioni erano rivolte a soli pochi vini come i Chianti e il Chianti Classico, la Vernaccia di S.Gimignano e il Brunello di Montalcino o il Vino Nobile di Montepulaciano e non esistevano o vivevano nell’ombra i Morellino di Scansano, il Val di Cornia o il Bolgheri, il Montecucco o il Val d’Orcia ed altri ancora, compresi i Super Tuscan; quando non si erano ancora selezionati i cloni di Sangiovese ed il Chianti era un altro vino con la presenza non trascurabile di uve bianche come quelle di Trebbiano e di Malvasia.
La ricerca della qualità, l’esaltazione dei territori conosciuti e la scoperta di quelli nuovi che non faticano molto a porsi all’attenzione del mercato, sono i punti di forza della Toscana con un solo punto debole che, in questa fase di contenimento della domanda, sta venendo a galla ed è il rapporto qualità prezzo non sempre equilibrato che può creare dei problemi seri.
In pratica la Toscana, con la scelta obbligata della sola offerta della qualità abbinata al pregio, non ha altre vie di uscita per rispondere ad una domanda, che è già presente nel mondo del consumo, che è quella di un vino che abbia un giusto rapporto qualità prezzo, accessibile alla massa dei consumatori, in grado di far vivere la quotidianità di un rapporto che diventa essenziale per rilanciare i consumi di vino sulla base di un coinvolgimento di un numero maggiore di consumatori.


Pasquale Di Lena
Articolo per il Chianti

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