Il panettone più buono d'Italia lo fa un ragazzo che vive in un paesino del Molise

Una storica realtà molisana attiva dal 1967 e da sempre dedita all'arte bianca. Oggi Mattia Ricci, terza generazione, si è specializzato nella produzione dei grandi lievitati delle festività. Ecco il suo panettone di Indra Galbo 02 Dicembre, 2025
«Da ragazzino ricordo che ero già molto curioso di questo mondo e consumavo le videocassette dell’Etoile, così dopo aver finito ragioneria ho deciso di iscrivermi proprio a quella scuola». Mattia Ricci, 31 anni e terza generazione all’interno dello storico forno di Montaquila (IS), le idee chiare le ha avute fin dall’inizio. Il costante contatto con l’attività di famiglia ha fatto crescere, o forse meglio dire lievitare, una passione che si è arricchita negli anni attraverso studio e dedizione. Un passo dopo l’altro che hanno portato questa importante realtà molisana da sempre dedita all’arte bianca a raggiungere, quest’anno, la vetta più alta della degustazione dedicata alla “hall of fame” dei grandi lievitisti italiani. L’evoluzione generazione dopo generazione «In un periodo in cui qui tutti si facevano ancora il pane in casa, mio nonno Giovanni decise di aprire un forno – un grande forno! – nel paese che oggi conta 3.000 abitanti. Chi glielo montò lo prese per pazzo, pronto a riprendersi l’impianto entro pochi mesi. Fu un successo e la gente smise di farselo in casa e a comprarlo da noi», ci racconta Mattia. Quella dei Ricci, infatti, è la storia di una famiglia in cui ogni generazione ha avuto una sua parte, un ruolo da protagonista nello spingere sempre più avanti l’attività di famiglia osando anche quando tutto sembrava indicare altre direzioni. «Dopo di lui sono stati i miei genitori Angelo ed Enza a osare, una ventina di anni fa, con i panettoni artigianali. All’epoca si trattava, da una parte di prodotti che non venivano sempre capiti, dall’altra di esperimenti non sempre riusciti da parte nostra. Rischiavamo di svenderli, ma non hanno mai mollato». Una tappa decisiva risale al 2001, quando lo stabilimento, nel cuore del Molise, è stato oggetto di una ristrutturazione completa. L’intervento ha permesso di migliorare la logistica interna, ottimizzare i consumi energetici nel rispetto dell’ambiente e potenziare la qualità dei processi grazie alla creazione di più laboratori specializzati. Oggi il testimone è passato alla terza generazione, Mattia, che da bravo spirito innovatore della famiglia guida un processo di ricerca continua su tecniche e ricette, con l’obiettivo di coniugare tradizione e modernità. «Dopo la scuola di cucina ho avuto varie esperienze tra cui uno stage a Le Calandre della famiglia Alajmo, ma la passione per la lievitazione e per gli impasti la devo al maestro pasticciere Giambattista Montanari che posso considerare il mio mentore». La qualità delle materie prime «Dei canditi si occupa mio padre, selezionando le arance provenienti dalla Sicilia, il cedro Diamante e i limoni dell’isola di Procida. Da questi produce sia marmellate che, con le scorze, i canditi che poi vanno nei nostri lievitati», ci spiega Mattia. Il miele invece è uno di quegli elementi che i Ricci vanno a ricercare proprio in zona: «solitamente prediligiamo il miele d’acacia, ma le annate non sono tutte uguali e quindi a volte lavoriamo con altri prodotti. Ma il miele è un’importante firma del territorio sui nostri prodotti», continua. A questo si aggiunge l’utilizzo di burro belga perché, come dichiarato da Mattia Ricci, combina gli elementi di alta qualità e di costante standardizzazione del prodotto anche in lotti diversi. Al resto ci pensa la tecnica e la costante dedizione per questo lavoro. Qui infatti – ad eccezione dell’impasto – ogni fase successiva è ancora eseguita a mano, dalla spezzatura alla pirlatura, fino al confezionamento finale, mantenendo viva la tradizione artigiana familiare.

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