LE ARMI O LA VITA.

Assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale verso la Cop30 di Belém in Brasile con Sharon Lavigne guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo per Gaza. Casa della solidarietà Stefano Rodotà - Via degli Equi 15 ore 18:30 | San Lorenzo Roma
A meno di tre mesi dalla prossima conferenza mondiale delle parti sul clima, mentre l’umanità affronta la più grave crisi ambientale e sociale della sua storia e il collasso climatico mette a rischio la sicurezza di tutti e tutte, il governo Meloni cancella i fondi per la riconversione ecologica, nega la crisi climatica, taglia le risorse per le bonifiche ambientali e la sicurezza sociale, reprime gli eco attivisti che dicono la verità e protestano, non ascolta le tantissime comunità colpite dalle ingiustizie ambientale e da progetti sbagliati, regala soldi pubblici alle lobby dei fossili e delle armi, affossa il green deal europeo, si inchina agli interessi delle grandi imprese statunitense accettando i ricatti e le politiche dei dazi di Trump. Con le sue scelte il Governo Meloni si dimostra più interessato a scommettere sulla guerra e sulla fine del multilateralismo che non sulla necessità di affrontare problemi reali per migliorare le nostre vite oggi. L’Accordo di Parigi, firmato nel 2015 da 197 Paesi alla Cop21, stabiliva un quadro di azione globale per affrontare e gestire i cambiamenti climatici. In quella occasione i governi hanno preso un impegno nei confronti di tutta l’umanità: mantenere l’aumento della temperatura entro +1,5° in questo secolo, indicando questa come soglia da non oltrepassare per evitare che i cambiamenti climatici diventino catastrofici per la specie umana. L’Accordo obbligava i Paesi firmatari a precisi impegni per raggiungere riconversione delle attività produttive e della filiera energetica; decarbonizzazione dell’economia entro il 2030 per superare il modello estrattivo; supporto pubblico finanziario e tecnologico ai Paesi dei Sud del mondo e sostegno al Fondo Verde per garantire la possibilità di una riconversione equa e giusta. Tutti e tutte sulla stessa barca ma con responsabilità e pesi diversi. All’umanità preoccupata dalla crescita della povertà, dalle conseguenze della crisi ecologica e dalla guerra mondiale a pezzi, è stato detto che il pericolo più grave è quello del cambiamento climatico, indicata come una vera e propria minaccia esistenziale. La priorità, dunque, era affrontare il riscaldamento del pianeta facendo scelte politiche efficaci per adattare le nostre vite e le nostre economia, mitigando gli effetti attraverso investimenti e scelte coerenti. Dopo 10 anni, a pochi mesi dalla Cop30, le Nazioni Unite denunciano invece come l’aumento della temperatura della Terra sia già oggi di +1,7° e gli obiettivi non sono stati raggiunti. Le emissioni in atmosfera sono addirittura aumentate arrivando alla astronomica cifra di 41,6 miliardi di giga tonnellate nel 2024 (doveva fermarci a 35), mentre le parti per milione di concentrazione sono salite a 429,6 (la soglia massima è 350 ppm per la nostra salute). Cresce il consumo di energia, come le materie prime estratte dalla Terra. ­ L’overshoot day, il giorno in cui finiamo le risorse che ci vengono gratuitamente messe a disposizione dai nostri ecosistemi e dalla nostra Casa Comune, arriva sempre prima. Nel 2015 era il 13 agosto mentre quest’anno è stato il 24 luglio. E in alcuni paesi le risorse finiscono ancora prima: l’Italia le ha esaurite già il 6 maggio. Lo scorso anno è stato il 19 maggio. Il degrado ecologico del nostro Paese ha ritmi mai visti prima, a conferma dell’assenza di politiche che abbiano l’obiettivo di difendere i nostri territori, la nostra biodiversità e la nostra salute. Nonostante gli impegni presi dopo la pandemia per ripensare il nostro modello produttivo e sanitario, investendo sul Green new deal per promuovere sostenibilità ambientale e sociale, a marzo il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza ReArm Europe. L’UE ha deciso di spendere in quattro anni 800 miliardi di euro in armi, introducendo la possibilità di emettere obbligazioni europee per finanziare investimenti militari e utilizzare i “coronabond” inutilizzati. Dalla svolta verde all’abisso nero! Da giugno la NATO chiede agli Stati alleati di aumentare la spesa per armi dal 2 al 5% del Pil nazionale. Il Governo Meloni tradendo gli obblighi indicati dai principi della nostra Costituzione, pur di compiacere gli interessi della guerra e della crescita economica, si appresta a sottrarre ulteriori 70 miliardi di euro l’anno per 10 anni alle spese per istruzione, politiche sociali, lavoro, sanità, bonifiche ambientali e molto altro. In un Paese che è tra i più impoveriti d’Europa ed è il 5° per accelerazione del degrado ambientale ed ecologico. Nel silenzio della politica, dinanzi all’assenza di proposte adeguate e coerenti di chi si definisce alternativo alle politiche governative, solo la partecipazione della cittadinanza alla scelte politiche può cambiare le cose. In una democrazia ferita e a bassa intensità come la nostra, è necessaria un’azione dal basso che metta insieme le comunità colpite dal peggioramento delle condizioni ecologiche e sociali, i movimenti per la giustizia ambientale e sociale, i lavoratori e le lavoratrici, le istituzioni locali. ­ Così da raggiungere la massa critica necessaria per incidere e portare all’attenzione pubblica le proposte e le alternative per tornare a vivere bene. Alzare la voce insieme e indicare proposte efficaci per costringere il Governo italiano a rispettare gli accordi internazionali e garantire la sicurezza sociale e ambientale nel paese. Non possiamo accettare che invece di utilizzare le risorse pubbliche per difendere la vita, si sprechino per armi e guerre, mantenendo intatto lo stesso sistema di cose che ha portata alla crisi. Dobbiamo impedire questo scempio perché sono in ballo il presente e il diritto ad avere un futuro di tutte e tutti. In Italia se vogliamo raggiungere gli obiettivi indicati per il 2030 e il 2050 dalla scienza e dalle agenzie delle NU c’è bisogno di investire 1000 miliardi in 10 anni per la riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica. Riconversione che deve essere pianificata (pubblica), inclusiva (con i lavoratori e le lavoratrici), equa (la devono pagare i ricchi attraverso la fiscalità generale), partecipata (devono essere coinvolte le comunità, i movimenti e i saperi locali), decentrata. Abbiamo bisogno di investimenti pubblici in questa direzione, del lavoro ecologico di cittadinanza, della socializzazione delle infrastrutture strategiche tra Paesi e municipi e delle attività di riproduzione socio ecologica. Affrontare questi temi e cambiare le priorità politiche è possibile attraverso iniziative, mobilitazioni e proposte in grado di mobilitare la partecipazione, restituendo voce e rappresentanza all’impegno della cittadinanza e dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale. Per questo comitati territoriali, realtà sociali, sindacati, associazioni si ritroveranno a Roma per discuterne insieme e costruire una proposta condivisa. All’assemblea parteciperà anche Sharon Levigne, premio Goldman 2021, che da anni lotta con la comunità afroamericana di Rise St. James a New Orleans in Louisiana per la giustizia ambientale e contro esclusione e razzismo. Per tornare ad agire anche a livello globale come un unico grande movimento verso la Cop30 di Belém in Brasile. L’appuntamento è per lunedì 8 settembre 2025 a Roma presso la Casa della Solidarietà Stefano Rodotà in Via degli Equi 15. Soggetti promotori: Peacelink Taranto; Movimento No Tav; Mamme no Pfas; Rete tutela Roma Sud e castelli romani contro l’inceneritore di S. Palomba; Tavoli del Porto contro la costruzione del mega porto crocieristico di Fiumicino; Comitato No Ponte Capo Peloro; Invece del Ponte; Assemblea No Ponte; Comitato referendum x San Siro Milano; Rete dei Numeri Pari; Emmaus Italia; Campagna Stop ReArm Europe; Rete A pieno regime, Arci; Oxfam italia; Unione Inquilini; (l’elenco è in aggiornamento) Per sottoscrivere l’appello e partecipare all’assemblea compila questo modulo: https://forms.gle/sq1tkbV6oaNoNq988 Ufficio stampa Francesca Palmi 333 6015891---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------    Il Belgio riconoscerà lo Stato di Palestina all'Assemblea Onu: sanzioni a Israele in arrivo Il ministro degli Esteri belga Maxime Prevot a una riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue presso la sede del Consiglio europeo, Bruxelles, 24 febbraio 2025 Diritti d'autore Virginia Mayo/Copyright 2025 The AP. All rights reserved Di Malek Fouda Pubblicato il 02/09/2025 - 7:55 CEST Condividi questo articolo Commenti Il Belgio si unirà ad Australia, Francia, Canada e Regno Unito, che si sono impegnate nel riconoscimento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite la prossima settimana, nel tentativo di aumentare la pressione sul governo di Netanyahu Secondo il ministro degli Esteri Maxime Prevot, il Belgio riconoscerà lo Stato palestinese durante la sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che si aprirà il 9 settembre. Questa decisione si aggiunge alle pressioni internazionali su Israele dopo che Australia, Francia, Canada e Regno Unito hanno fatto passi simili. "La Palestina sarà riconosciuta dal Belgio durante la sessione delle Nazioni Unite! E al governo israeliano verranno imposte sanzioni severe", ha annunciato Prevot in un post su X. Il ministro belga ha rivelato che il governo attuerà dodici sanzioni contro Israele a livello nazionale in seguito a quella che è la "tragedia umanitaria in Palestina" e in risposta alla violenza perpetrata da Israele in violazione del diritto internazionale. symbol 00:43 02:00 Leggi > "Il Belgio ha dovuto prendere decisioni forti per aumentare la pressione sul governo israeliano", ha dichiarato Prevot. PUBBLICITÀ "Non si tratta di sanzionare il popolo israeliano, ma di garantire che il suo governo rispetti il diritto internazionale e umanitario e di agire per cercare di cambiare la situazione sul campo". Cosa prevedono le sanzioni a Israele annunciate dal Belgio Le sanzioni comprenderanno il divieto di importare prodotti dagli insediamenti, la revisione delle politiche degli appalti pubblici con le aziende israeliane e le restrizioni sull'assistenza consolare ai cittadini belgi che risiedono negli insediamenti illegali. Sono previsti anche potenziali procedimenti giudiziari, divieti di sorvolo e di transito, l'identificazione di due ministri israeliani come estremisti e dei leader di Hamas e di diversi coloni violenti come "persone non gradite" in Belgio. Sebbene Prevot non abbia fatto il nome dei due ministri israeliani, è probabile che si riferisca al ministro della Sicurezza nazionale di estrema destra Itamar Ben Gvir e al ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che hanno subito azioni simili da parte di altri Paesi dell'Ue, come i Paesi Bassi. Prevot ha anche annunciato che il Belgio si muoverà per sostenere le misure a livello Ue per sospendere la cooperazione con Israele, compresa la sospensione dell'accordo di associazione del blocco con Israele, dei programmi di ricerca e della cooperazione tecnica. PUBBLICITÀ Il ministro degli Affari esteri belga Maxime Prevot parla ai giornalisti durante la riunione dei ministri degli Esteri Ua-Ue a Leopoli, Ucraina, 9 maggio 2025 Il ministro degli Affari esteri belga Maxime Prevot parla ai giornalisti durante la riunione dei ministri degli Esteri Ua-Ue a Leopoli, Ucraina, 9 maggio 2025 Mykola Tys/Copyright 2025 The AP. All rights reserved "Il Belgio riconoscerà la Palestina durante l'iniziativa congiunta di Francia e Arabia Saudita! Un forte gesto politico e diplomatico per preservare le possibilità di una soluzione a due Stati", ha scritto Prevot. Ha aggiunto che Bruxelles parteciperà all'iniziativa per "marcare la condanna delle ambizioni espansionistiche di Israele con i suoi programmi di insediamento e le sue occupazioni militari". Il ministro degli Esteri belga ha sottolineato che le misure sono state concepite per ritenere il governo israeliano, guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, responsabile delle sue azioni durante l'estenuante offensiva di 22 mesi su Gaza. Le misure non abbandonano o bersagliano il popolo ebraico, poiché il governo prenderà attivamente provvedimenti anche contro Hamas e a favore della repressione dell'antisemitismo. Le misure saranno adottate per decreto reale dopo la liberazione dell'ultimo ostaggio detenuto da Hamas a Gaza e quando il gruppo non avrà più alcun ruolo nella gestione della Palestina. Condividi questo articolo Commenti Notizie correlate Gaza, 246 giornalisti uccisi: la guerra più letale per la stampa nella storia moderna L'Australia riconoscerà lo Stato di Palestina a settembre Il Regno Unito riconoscerà Stato di Palestina se Israele non accetta il cessate il fuoco a Gaza Bruxelles Gaza Israele Sanzioni
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«Sono da prendere molto sul serio le minacce del ministro israeliano Ben Gvir di trattare come terroristi gli equipaggi della Global Sumud Flotilla che stanno portando a Gaza aiuti umanitari. Sosteniamo la coraggiosa scelta di Emergency di affiancare la flotta con la sua imbarcazione Life Support come osservatore e supporto medico e logistico per qualsiasi evenienza.  Chiediamo al governo italiano di uscire dal torpore e di agire in modo preventivo, comunicando al governo israeliano che a qualsiasi tentativo di fermare con la violenza la flotilla o di trattare gli equipaggi come terroristi, corrisponderà non solo la doverosa protezione diplomatica degli equipaggi italiani, ma anche la sospensione del memorandum Italia-Israele, cioè  l’Accordo Generale di Cooperazione nel Settore Militare e della Difesa, e la richiesta all’UE di sospendere l'accordo di associazione commerciale con Israele per la violazione sistematica e acclarata dell’articolo 2 che tutela i diritti umani.»

✍🏻 Gianfranco Pagliarulo 
Presidente nazionale ANPI

 


Commenti

  1. L'Italia alza il dito per dimostrare la sua fedeltà a chi le guerre le vive da sempre

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