Da sogno europeo al business del riarmo

 


di Umberto Berardo

Il XX secolo con i tentativi di rivoluzione socialista e la sconfitta del nazismo aveva dato al

mondo la speranza che finalmente l’Occidente riuscisse a rinunciare all’individualismo esasperato,

al nazionalismo, alle strutture economiche di un sistema capitalistico funzionale al consumismo e

all’arricchimento senza limiti, al colonialismo imperialista e alla xenofobia.

Ci siamo illusi che i principi di condivisione, convivenza, uguaglianza, libertà di pensiero ma

anche affrancamento dal bisogno potessero farci vivere in un’epoca pacifica ed egalitaria.

La ricchezza viene oggi sempre più esibita platealmente mentre della povertà sono in pochi ad

occuparsi.

Gli eventi attuali dimostrano che la nuova cultura politica che si è fatta strada con l’idea

dell’Unione Europea come volontà dei popoli di rinunciare allo statalismo e di fondare

un’aggregazione sovranazionale capace di mettere al centro l’idea del bene comune al posto

dell’egoismo individuale e nazionale purtroppo sta regredendo e rischia seriamente di sgretolarsi.

Ciò avviene perché l’Europa, a parte la libera circolazione, gli accordi economici e la moneta

unica, fa fatica a darsi la struttura di uno Stato federale, a rinunciare al neoliberismo e alla

strozzante finanziarizzazione dell’economia né riesce ad assumere decisioni autonome rispetto alle

grandi questioni internazionali aperte come ad esempio le guerre del nuovo colonialismo

imperialista poste in essere o sostenute da Putin, Trump, Netanyahu, Xi Jinping e che noi tentiamo

di edulcorare definendole “preventive” o “umanitarie.

La xenofobia umiliante e discriminante di stampo neonazista è tornata in questo nostro tempo nel

quale la follia e la confusione ideologistica prevalgono sulla ragione e stanno portando di nuovo

all’umiliazione di immigrati e popoli indifesi per i quali si parla ormai apertamente di deportazione

e sui quali si sta operando militarmente con veri e propri genocidi.

Sul piano geopolitico si continua a sostenere apertamente il diritto alla propria esistenza come

Stati negando però quello degli altri mentre, cancellando assetti plurisecolari e l’autodeterminazione

dei popoli, si cerca di far passare l’idea delle aree d’influenza come strategia subdola per

impossessarsi delle zone ricche di risorse importanti.

Ciò che sta mettendo in pericolo la nostra epoca è la crisi della democrazia e il ritorno di

autocrazie impersonate oltretutto da personaggi che, a parte la difesa del proprio potere, non hanno

alcuna idea dell’ordine internazionale da creare per porre fine alla disumanità dei massacri posti in

essere con arroganza da dittatori verso i quali né le organizzazioni internazionali e tantomeno i

cosiddetti Stati democratici sono capaci di esprimere giudizi netti di condanna e azioni di contrasto

alle loro nefandezze.

Trump col solito tono impositivo ha chiesto di non applicare la Global Minimum Tax del 15%

che il G7 avrebbe deciso di applicare alle grandi imprese multinazionali che sono proprio in gran

parte statunitensi.

Il 25 giugno si è concluso all’Aia il vertice della Nato nel quale lo stesso ha proposto ai Paesi

aderenti di portare entro il 2035 la spesa annua per la difesa al 3,5% del Pil e quella per la

protezione delle infrastrutture al 1,5%.

L'Unione Europea recita ormai integralmente il copione sui dazi e quello militarista del

presidente statunitense.

Siamo davanti a una scelta che porta gli Stati europei verso una deriva d’irresponsabilità che

guarda al business delle imprese americane produttrici di armi e di sistemi tecnologici di cui

diverremo sempre più dipendenti e che in linea di massima prevede per l’Italia delle risorse

superiori a 400 miliardi di euro da qui al 2035.

Siamo giunti a una forma di assuefazione alle decisioni altrui che francamente è imbarazzante

oltre che irrazionale per i rivolti economici che comporta.


Solo il premier spagnolo Pedro Sanchez ha ribadito che una spesa complessiva del 2,1% è a suo

avviso sufficiente per il sistema di difesa essendoci tra l’altro per la Spagna, ma credo anche per

tutti gli Stati europei, la necessità di destinare risorse al welfare e al benessere della collettività.

Alle minacce di Donald Trump di aumentare i dazi alla Spagna la ministra della difesa Margarita

Robles ha risposto che gli spagnoli si aspettano che si parli di Ucraina e Gaza né accettano lezioni e

tantomeno intimidazioni da nessuno.

Questa è una lezione chiara di politica estera a tanti leaders europei i quali preferiscono usare due

pesi e due misure rispetto a Putin e Netanyahu mentre fin qui non hanno profferito una parola

contro le guerre e i massacri nel mondo posti in essere da nuovi folli dittatori!

Speravo fosse solo una pagina di teatro grottesco quella avutasi all’Aia perché diversamente si

dovrebbe purtroppo prendere atto che l'Europa è sempre più disposta a indebitarsi per comprare

armi piuttosto che investire in sanità, istruzione e benessere collettivo.

Purtroppo i Capi di Stato e di Governo dell’UE riuniti a Bruxelles il 26 giugno hanno dato il via

libera al piano di ReArm Europe adottando le conclusioni del vertice Nato senza alcuna idea

concreta di un coordinamento tra i 27 Stati dell’Unione verso una difesa comune su cui non

abbiamo alcuna precisazione relativa ai sistemi e alle modalità esecutive.

I sondaggi dicono con chiarezza che la maggioranza degli italiani è nettamente contraria a

politiche di potenziamento militare; dunque le loro convinzioni non trovano certamente

rappresentanza nelle istituzioni europee.

Tra l’altro rimane una vaghezza estrema sulle fonti cui attingere per coprire il 5% per questa

inutile opera di colossale riarmo da parte di Stati già fortemente indebitati.



Ancora una volta si è levata con chiarezza la voce di papa Leone XIV verso la confusione che

regna intorno a noi sul piano culturale, etico e politico.

Riporto qui i passaggi fondamentali del suo messaggio in merito alle decisioni assunte sia all’Aia

che a Bruxelles.

"Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere

e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica,

smascherandole con decisione.

La gente non può morire a causa di fake news.

È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla

quale si legittimano i propri interessi.

È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più

obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno

dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni.

Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si

ritorcano contro chi le ha condotte?

Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme

animata dal bene comune?

Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del

riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e

vendetta?

La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di

morte e con i quali si potrebbero costruire ospedali e scuole mentre invece si distruggono quelli già

costruiti.

C’è un modo di regnare diverso da quello di Erode e Pilato: uno, per paura di essere spodestato,

aveva ammazzato i bambini, che oggi non cessano di essere dilaniati con le bombe; l’altro si è

lavato le mani, come rischiamo di fare quotidianamente fino alle soglie dell’irreparabile.”

Quando qualcuno chiede come impostare una difesa popolare non violenta c’è solo da chiarire

che i paradigmi di contrapposizione ai guerrafondai esistono e si chiamano condanne pubbliche

chiare e decise, sanzioni e isolamenti non vicini alla finzione ma reali e determinati sul piano


economico e politico, attuazione della non collaborazione e della disobbedienza civile, diritto alla

diserzione rispetto all’imposizione della violenza e della morte da arrecare ad altri.

Sono principi che non siamo stati capaci o non abbiamo voluto promuovere in nessuna agenzia

educativa a partire dalla famiglia fino alla scuola e alle associazioni culturali e religiose,

Nulla di tutto questo ha fatto fin qui anche una politica che continua ad avere vita solo per

difendere interessi nazionalistici o individuali come per promuovere propaganda e consensi

elettorali.

Di recente Il professor Luciano Canfora ha dichiarato senza mezzi termini che il progetto

dell’Unione Europea non avrà futuro se continueremo ad ascoltare sirene belliciste quali quelle di

Starmer, Macron e della stessa Von Der Leyen.

Parallelamente esiste poi la crisi politica delle cosiddette forze della sinistra che in passato hanno

cercato di realizzare la libertà, l’eguaglianza e la democrazia e che oggi sono invece a rimorchio dei

principi neoliberisti.

Dove sono infatti oggi le lotte sociali che nel Sessantotto fecero partire tante leggi innovative per

la realizzazione dei diritti civili e sociali?

Assistiamo piuttosto a una sorta d’indifferenza rispetto al regresso che si sta realizzando nelle

istituzioni attraverso leggi di stampo autoritario e liberticida.

Quello che mi aspetto allora è che a livello nazionale ed europeo questi partiti o movimenti che

ancora si definiscono di sinistra operino concretamente per difendere la Costituzione Italiana, per

condannare l’imperialismo aggressivo, le guerre e il terrorismo, per proteggere l’ambiente, per

regolamentare finalmente l’immigrazione, per disegnare una fiscalità equa e nuove regole di

carattere finanziario, per promuovere la cooperazione e la convivenza tra i popoli e per raggiungere

la giustizia sociale.

Se l’Unione Europea vuole avere un ruolo e quindi un futuro, deve darsi strutture più

democratiche e rimettere al centro del suo programma la realizzazione del bene comune.

Sono temi su cui occorre far ripartire un razionale confronto di base per ridare forme di

partecipazione a una democrazia che rischia di essere solo formale piuttosto che reale e sostanziale.

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