Papa Francesco
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dall’amicale rapporto con Vincenzo Ferro e al suo legame con il Molise..................................di
Vincenzo Di Sabato |
Fra gli appunti registrati sulla mia agenda del 2023, sbuca oggi per magia, alla pagina di lunedì 13 novembre, la seguente palpitazione:
<E’ morto un vegliardo che ha il mio stesso nome ed è della mia stessa età. E’ morto Vincenzo Ferro.
E’ morto il patriarca de “la Molisana”, storico pastificio di Campobasso che da 112 anni produce pasta di semola ad elevata tenacità; una industria conosciuta e quotata in oltre 80 paesi del mondo.
E’ morto un “signore”, incorrotto un uomo che Iddio, nella sua provvidenza, volle farmi diventare suo amico.
E’ morto un campione di fratellanza, un mecenate che, assieme a Rossella e Peppe (figli suoi, compartecipi dello stabilimento), vollero munificare a Guardialfiera una nuova trionfale “Porta Santa”, fastosa, splendida, immortalata da costellazioni di alto e bassorilievi bronzei, ideati e cesellati dalla Pontificia Fonderia Marinelli.
E’ morto un amico del Papa gesuita: incrollabile ponte di confidenza e di clemenza fra le genti. E’ morto colui che mi introdusse in una sorta di benevolenza con Lui>.
“Eravamo, dunque in tre; tre compari e volontari, sulla strada longa longa di bontà”. Quasi a modulare e parafrasare una bella canzone di Modugno.
Oggi, avvolti ancora di malinconia grande e feconda per la dipartita del Papa, torna la voglia di rivivere e di annunciare l’amicale e costante rapporto che Vincenzo intrecciò col Pontefice attraverso scambi frequenti di messaggi e di opinioni intercorsi in un rilevante grappolo d’anni.
Attraverso lunghe conversazioni telefoniche, Vincenzo mi commentava settimanalmente il discorso diffuso dal Papa all’ ’’Angelus” della domenica e all’udienza del mercoledì. “Non possiamo essere innocui” – mi imponeva – “dobbiamo diventare contagiosi. Sbaragliamo la bigotteria, il trucco, la verniciatura esteriore. Evitiamo una vita cristiana addolcita, imborghesita. Io non mi preoccupo per l’attuale crisi della Chiesa o dei Seminari che si svuotono. Ciò che mi fa paura è una vita cristiana insipida, che non dà fastidio, incapace di rovinare la digestione e il sonno di qualcuno”.
“Orsù, ricominciamo da tre, rimaniamo in tre” – ironizzò un giorno Vincenzo Ferro. E, con il suo guizzo di genialità, giunse persino a coniare e ufficializzare da un folclorico “tre”, il numero del suo telefonino. Al prefisso (389) egli associò soltanto l’incredibile cifra: “36-36-36”, cioè l’anno di nascita del Papa, del suo e del mio! E fu Lui, il Papa – trasognato – ad inaugurarlo al primo squillo e a garantirne armonia e persistenza.
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Da tanto Papa e da un granitico amico, vien voglia, adesso, di rasentare qualcosa che, in qualche modo abbia a che fare con questa nostra terra: il 5 luglio 2014, Jorge Mario Bergoglio è a Campobasso e proclama il Molise, “Terra di Misericordia e di Perdono”, perché sa di un Leone IX il quale, ai primi di giugno dell’A.D. 1053, in un gorgo di emozioni, s’inventò e, da qui, elargì all’umanità la prima grande forma di Indulgenza Plenaria sine tempore.
E ancora un ventaglio di circostanze. Papa Francesco sa che viviamo qui nella gioia e nell’amore di amare, lavorare e servire. Sa di Juan Gerardi Conedera, vescovo titolare di Guardialfiera, assassinato nel 1998 in Guatemala dagli squadroni della morte; sa di questo strenuo difensore della fede, dell’amore e dei diritti umani. Sa di Madre Maria Caterina Procaccitto di Guardialfiera, clausura benedettina ad Eboli e scoglio di abnegazione nell’ultimo sanguinoso conflitto mondiale. Per l’uno e per l’altra è in corso il processo di canonizzazione.
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Papa Francesco, alla lunga cronotassi dei nostri Vescovi titolari, il 27 gennaio 2016, aggiunge il nome di Adilson Pedro Busin ; poi – il 27 giugno 2023 - quello di Kornel Fabri: l’uno e l’altro venuti più volte in visita da noi. L’8 dicembre 2024 il Papa creò Cardinale Pablo Virgilio David, già Vescovo titolare di Guardia dal 2006 al 2015 il qualei verrà l’indomani, 9 dicembre, ad officiare il primo pontificale da neo-cardinale, in questa “sua” e nostra Cattedrale. E’ ora è sotto un fremito dello spirito dovendo varcare la soglia della Sistina ed eleggere, con altri 132 porporati, in nuovo Pontefice.
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Il 10 maggio 2016, segnalo alla Santa Sede l’esistenza di “Maria e Giuseppe”, nomi nostri come quelli di Maria e Giuseppe che, con Gesù, costituirono la Famiglia di Nazareth. Con l’alito di Dio, essi respirano il Sacramento del Matrimonio da 50 anni. E manifesto l’ardito desiderio che sii possano sussurrare il “Magnificat” di gratitudine nell’intima coinvolgenza della Santa Messa, nella Cappella di Santa Marta assieme al Papa. Il delirio è appagato. il Papa, con serena sorpresa, li convoca. Il 24 aprile 2018 celebra per loro e s’intrattiene in festosa fiducia poggiata nelle mani di Dio, “Padre della sorpresa e della speranza”.
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Carolina Casacanditella (classe 1936 come quella di Vincenzo suo sposo, come quella di Vincenzo Ferro e del Papa) attraverso l’ossessione della fede, prega anche con le dita. E intreccia un labirinto di ricami sui “quattro lini sacri dell’altare”: palla, manutergio, purificatoio, corporale. Decide di farne dono a Papa Francesco per i suoi 80 anni: il 17 dicembre 2016. E il Pontefice ne fa uso per la Celebrazione dell’Eucarestia a Santa Marta, applicando il “memento liturgico” a beneficio spirituale di questo nostro popolo e di questa nostra terra.
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