Astensionismo e oligarchia al potere
di Umberto Berardo
Nelle prime elezioni politiche italiane del 1948 votò oltre il 92% degli elettori mentre in quelle
del 25 settembre 2022 tale percentuale è precipitata al 63,91% e questo crollo di afflusso alle urne
sta peraltro colpendo pesantemente anche gli organi amministrativi territoriali.
L’allontanamento dei cittadini dal diritto di voto è ascrivibile anzitutto alla corruzione e
all’inefficienza di gran parte della politica indirizzata unicamente alla conquista e alla
conservazione del potere attraverso una legge elettorale che al più, come in Italia, permette solo di
scegliere il partito ma non certo pienamente i rappresentanti; la classe dirigente poi appare
assolutamente inadeguata a sostenere davvero le istanze dei cittadini nella soluzione dei problemi al
punto che in essi sta venendo meno anche la fiducia nelle istituzioni la cui struttura democratica
vive una profonda involuzione.
Il ceto medio ma anche i lavoratori, i pensionati e gli esclusi dal diritto al lavoro non solo si
astengono dal voto, ma si tengono lontani da ogni adesione a partiti e sindacati.
Si rifluisce in tal modo in un individualismo di tipo unicamente egocentrico secondo le logiche
di un neoliberismo sempre più decadente.
Anche quanti avevano immaginato di poter superare gli squilibri e le disuguaglianze generate dal
capitalismo per giungere a una società più egalitaria con il sistema elettorale attraverso l’estensione
e il consolidamento dell’egemonia del mondo dei lavoratori si stanno ricredendo su tale veicolo di
cambiamento e di trasformazione sociale soprattutto dopo la cancellazione violenta dell’esperienza
di Salvador Allende in Cile e l’umiliazione di Tsipras in Grecia costretto dall’Unione Europea a
rinunciare a tutti i provvedimenti umanitari indirizzati alla giustizia sociale e a ripiegare su
disposizioni lacrime e sangue per la popolazione sotto il ricatto di un fallimento dello Stato per
mancanza di finanziamenti.
Il problema è che questo allontanamento dei cittadini dalla politica e dalla partecipazione alle
decisioni sta ponendo in crisi in tutto il mondo non solo i principi di libertà, di solidarietà e di
uguaglianza, oscurati dal paradigma della competizione e dell’arricchimento, ma lo stesso assetto
della democrazia formale e sostanziale dello Stato con una pericolosa forma di oligarchizzazione
del potere in mano a plutocrati del mondo finanziario e digitale che ormai stanno operando per una
sempre più accentuata gerarchizzazione del potere funzionale ai loro interessi truccando le stesse
forme e le regole della partecipazione.
Le farneticazioni nelle dichiarazioni di più di un capo di Stato come ad esempio quelle di Trump
sulla sua assunzione del controllo del ministero di Giustizia, sullo smantellamento dell’FBI,
sull’eliminazione dei ministeri del Commercio, dell’Energia e dell’Istruzione e sulla sua gestione
della Striscia di Gaza da trasformare in un resort senza i palestinesi o gli altri vaneggiamenti di
turbo imprenditori, che Mattarella ha definito neo-feudatari del terzo millennio proiettati alla
conquista dello spazio e alla gestione dell’istruzione, sono davvero preoccupanti!
Accade allora, come ho scritto di recente, che venti di destra radicale soffino con sempre più
insistenza un po’ ovunque nel mondo determinando problemi gravissimi da parte di chi, anche se
eletto talora da una minoranza della popolazione a causa dell’astensionismo, pensa di rinunciare a
ogni forma di confronto e di rispetto delle regole democratiche perfino nella divisione dei poteri
trasformando il governo in dittatura personale o della maggioranza come avviene ormai sempre più
spesso su questioni di ordine istituzionale, su problemi di tipo economico e commerciale o di
organizzazione della società.
Credo che il non voto stia portando a una crisi del sistema di rappresentanza con il tentativo di un
ridimensionamento del potere legislativo del Parlamento e di quello giudiziario funzionale al
rafforzamento sempre più ricercato a livello verticistico di quello esecutivo.
Secondo il comma 2° dell’art. 48 della Costituzione l’esercizio del voto in Italia è un dovere e
dunque non certo un obbligo giuridico, ma mi chiedo con preoccupazione se un astensionismo così
alto sia giuridicamente irrilevante e non sia invece distorcente nella rappresentatività del Parlamento
e nella titolarità decisionale dello stesso Governo votati da un numero così esiguo di aventi diritto.
La prassi del non voto o di quello di protesta verso le schede bianche e nulle sta portando a
implicazioni davvero pericolose per la democrazia che sono sotto gli occhi di tutti.
Possiamo accettare che governi che sono espressione di una minoranza di elettori possano con
una rappresentanza parlamentare senza una piena legittimazione della maggioranza dei cittadini
avere il potere di porre in essere anche riforme della stessa Costituzione Italiana?
Si dirà che il popolo ha sempre il diritto alla richiesta di un referendum, ma sappiamo anche da
esperienze recentissime come tali istanze abbiano talora serie difficoltà di accoglimento.
Abbiamo un welfare con servizi sempre più scadenti e una disuguaglianza sociale che ha
raggiunto livelli intollerabili.
Se tali riflessioni pongono qualche problema sul futuro della sovranità popolare e del sistema di
delega nei poteri da parte della sovranità popolare, credo che dobbiamo interrogarci sulle strategie
da porre in essere per ridare alla democrazia partecipazione ed efficienza.
Lo svuotamento di ogni spazio di discussione e decisione partecipata ci pone di fronte una
politica senza cittadini affidata a elites alquanto screditate che trascinano per anni problemi irrisolti
immaginando di poter fare riforme strutturali di grande rilievo sulle quali la lucidità di pensiero
lascia davvero a desiderare.
La reputazione internazionale del nostro Paese è pressoché inesistente se, come è ormai evidente,
riusciamo a subire ricatti da Paesi come l’Iran, l’Egitto o la Libia su questioni che attengono al
fenomeno dell’immigrazione o sulla difesa di nostri cittadini incarcerati all’estero con imputazioni
senza senso.
Ciò che è accaduto con la vicenda del generale Almasri, la cui liberazione ha scatenato un caso
politico e giudiziario addirittura con la richiesta scandalosa del ripristino dell’immunità
parlamentare, rappresenta davvero uno svilimento della dignità etica e politica dello Stato Italiano.
Giustificare la scarcerazione di Almasri accampando la sicurezza nazionale è troppo generico se
essa non si spiega e non si definisce con chiarezza agli italiani.
L’informativa in merito non del presidente del Consiglio, come sarebbe stato normale e logico,
ma dei ministri Nordio e Piantedosi alla Camera e al Senato di mercoledì 5 febbraio 2025 non solo è
parsa priva di chiarezza sulle decisioni assunte, ma ha messo in rilievo anche l’ipocrisia di diverse
forze politiche di ogni schieramento che continuano a giustificare errori politici davvero
inconcepibili e intollerabili come ad esempio gli accordi imbarazzanti con la Libia, la Tunisia o la
Turchia per i quali i governi Berlusconi, Gentiloni, Conte, Meloni e la stessa Unione Europea sono
stati consenzienti a tollerare gravi violazioni dei diritti umani.
Sui centri per il trattenimento di richiedenti asilo in Albania stendiamo un velo pietoso!
Tutto ciò non può lasciarci indifferenti.
Credo che la nozione di cittadinanza sia oggi legata solo all’acquisizione dei diritti civili, sociali e
politici, mentre avremmo la necessità di renderla attiva legandola alla partecipazione al processo di
elaborazione delle decisioni collettive.
Di fronte a provvedimenti davvero pericolosi avanzati dal governo italiano quali l’autonomia
differenziata, il DDL 1660 sulla sicurezza, il premierato e la riforma della giustizia, definita “finale”
da Nordio, penso che abbiamo la necessità di fermare questa destra che cerca di trasformare il
governo in una macchina d’imposizioni senza alcuna capacità di confronto reale in Parlamento.
Dobbiamo allora porci il problema di quali siano le azioni politiche da porre in essere per poter
riappropriarci di un diritto al voto con piena capacità di scelta dei nostri rappresentanti.
Una legge elettorale che ci faccia tornare al proporzionale senza imposizioni di candidati dalle
segreterie dei partiti come avviene con il Rosatellum è il primo obiettivo da raggiungere.
Poiché le forze politiche non sembrano disponibili in tale direzione, non resta che scegliere la via
di una proposta di legge di iniziativa popolare.
Rimane il problema che nell’attuale Parlamento un tale progetto non avrebbe consenso.
Per riportare l’Italia a una vera democrazia non rimane allora che ripetere a mio avviso
l’esperienza di cooperazione politica che ha portato fuori dal fascismo e ci ha dato la Costituzione
Italiana.
Parlo della convergenza e dell’azione sinergica del cattolicesimo democratico, delle forze
progressiste e della sinistra marxista per la definizione di un programma di governo capace di
riportare il mondo degli astensionisti al voto.
La cinquantesima settimana sociale dei cattolici a Trieste intitolata “Al cuore della democrazia”
ma anche l’incontro organizzato dalla fondazione “Comunità democratica” a Milano il 18 gennaio
sembrano indirizzati a opporsi al parafascismo ormai dilagante e a rifondare una società libera,
democratica e imperniata sull’uguaglianza dei diritti.
Nella stessa direzione mi auguro si muovano tutte le componenti della sinistra che oggi sono
fuori da un impegno politico sul piano elettorale.
Mi rendo perfettamente conto che si tratta di una proposta che ancora una volta farà girare
dall’altra parte più di qualcuno; tuttavia se vogliamo darci una speranza d’interagire per costruire un
programma condiviso che ci guidi verso obiettivi di democrazia, di giustizia sociale e di pace
dobbiamo lavorare con proposte concrete in questa direzione definendo con chiarezza le finalità di
un tale progetto e gli obiettivi concreti da raggiungere.
Occorre allora trovare il coraggio e la capacità di tornare a confrontarci per ricostruire un
percorso di convivenza solidale e democratica che scacci dall’orizzonte le nuvole nere di quanti
ancora pensano a dominare e marginalizzare gli altri per sottometterli ai propri interessi.
Anche in tale direzione sono consapevole che non manchino difficoltà di sintesi tra posizioni
diversificate e talora confliggenti, ma credo sia la strada che al momento appare più percorribile per
superare le diverse conflittualità di natura politica che abbiamo.
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