USCIRE DALLA GUERRA, PER UN’ECONOMIA DI PACE
Il libro a cura di ANTONIO DE LELLIS, ROSETTA PLACIDO, STEFANO RISSO
CITTADELLA EDITRICE-ASSISI – 1° edizione Novembre 2023
Ne parlano 20 autorevoli illustri insegnanti, professori, giornalisti, esperti di economia ed ambiente, storici, rappresentanti di note associazioni come “Pax Christi”, “Attac Italia”, fra i quali due molisani, che hanno tutta la nostra stima, cari amici, Don Silvio Piccoli, parroco della Chiesa del Sacro cuore di Gesù di Termoli, e Antonio De Lellis, collaboratore de la Fonte e de Il Manifesto, impegnato da sempre, con Don Silvio, sui grandi temi sociali come presidente dell’associazione Faced ETS e della comunità “Il Noce” di Termoli. Due persone che ho avuto modo di conoscere e apprezzare quando dirigevo la Fattoria Di Vaira di Petacciato che, grazie a loro, aveva dato molto in progetti sociali. Un libro, scritto a più mani, ricco di riflessioni sull’odio, l’elemento che è alla base di ogni conflitto e sulla paura che da esso viene alimentata. Ricco di soluzioni per nuove e più approfondite riflessioni atte a porre fine per sempre ai conflitti, a partire da quelli in corso che aprono a una terza guerra mondiale, e pensare a costruire un’economia di pace che serva a ricostruire un rapporto di confronto e di serenità con la natura, Quella natura che la guerra, frutto, oggi più di ieri, dell’avidità dell’uomo maltratta e distrugge e, con essa, la vita che la natura, con la biodiversità, rappresenta. Il libro, dopo un’attenta introduzione, si divide in due parti: L’economia di guerra e Appunti per un’economia di pace.
Parte con il contributo di Don Silvio Piccoli che affronta e sviluppa il tema “L’era della non pace”cioè di “Quando si è concordi nel dichiarare che per fermare la guerra, per fare guerra alla guerra bisogna strappare al più presto le sorti della pace dalle mani di qualsiasi suo speculatore, comunque si nomini e ovunque dimori e restituire ad essa i divini connotati che Cristo le ha dato e che la chiesa custodisce e che la povera gente di ogni parallelo, di ogni lingua, tribù e nazione ravvisa e invoca, il dialogo può riprendere: è bene che riprenda”.
Segue l’intervento di Raniero La Valle “A Vilnius la Nato si è ripresa il mondo”, con “il nucleare che non è più il deterrente che assicura la pace, ma piuttosto assicura il protrarsi della guerra”. L’intervento di Matteo Bortolon “Ucraina, Shock War Economy” parla di “come l’assetto interno dell’Ucraina stia venendo plasmato dalla “assistenza” euro atlantica in direzione di un esperimento neoliberista veramente estremo. E come “una compiuta comprensione di tale fenomeno è importante per il futuro benessere del popolo ucraino quanto per la pace”.
Antonio De Lellis con “Economia russa, una delle meno felici” affronta l’analisi dell’economia ucraina dopo la guerra d’aggressione russa…per dire che “a combattere sono due paesi con valori economici modesti e con una popolazione già in sofferenza”.
Stefano Lucarelli con “Le guerre capitaliste” sviluppa la relazione tra protezionismo e guerre…la centralizzazione dei capitali in poche mani..che, a lungo andare porta a un’incompatibilità tra regime capitalistico, ordine democratico e ordine internazionale.
“Shock esterni e debito pubblico: la guerra finanziaria” è il tema sviluppato da Eric Toussint, i segni, con la pandemia, guerra, debito, aumento dei tassi d’interesse, di una crisi globale del capitalismo.
Maria Assunta Libertucci sviluppa, invece, il tema“Cambiamenti climatici e migrazioni epocali: la guerra ai viventi”. Quelli che sottovalutano il pericolo e l’egoismo che minano l’esistenza umana e la coesistenza su questo pianeta.
De “La contanimazione dell’apparato militare”, ne parla Antonio Mazzeo come di un apparato “dilapidatore di risorse naturali e fonti energetiche, produttore di rifiuti tossici e radioattivi, campi elettrici ed elettromagnetici, accelerazione di processi di consumo dei suoli e desertificazione”.
Clara Cappelli chiude, con il suo intervento, la prima parte che tratta “L’economia di guerra” sviluppando il tema “Neoliberismo di guerra in Israele e Palestina”. Le implicazioni economiche dell’occupazione dovuta a un conflitto iniziato 75 anni fa con il lento e progressivo coinvolgimento del popolo palestinese…perpetrato mediante l’espropriazione delle risorse palestinesi, l’uso della finanza, della forza lavoro in una perversa compenetrazione tra colonizzato e colonizzatore in violazione dei diritti internazionali.
Apre la 2a parte “Appunti per una economia di pace” Paolo Cacciari con “ Dal Warfare state el war free” sottolineando che questa economia di mercato è una macchina necrofila non solo perchè distrugge l’ambiente naturale, discrimina e schiavizza il lavoro, provoca disequilibri e sociali ed emigrazioni bibliche, ma perché obbliga gli stati a “proteggere” le proprie sfere di influenza e le “ragioni di scambio delle proprie monete sui mercati globali".
Roberto Burlando sviluppa il tema “ Una economia di Pace nonviolenza: l’Economia Gandhiana” e parlando di neoliberismo scrive che “l’economia è considerata come l abase fondamentale su cui si innestano tutte le altre dimensioni della vita, tra cui apunto i valori che caratterizzano la cultura, le forme della convivenza sociale, addirittura la natura, che viene vista come insieme di risorsea disposizione dell’economia anziché come base materiale della vita, rispondente in primis alle leggi della fisice della biologia che non sono plasmabili secondo i dettami economici e che, anzi, costituiscono dei vincoli fondamentali e non negoziabili per tutte le altre attività.
“Vademecum per una economia di pace”, il tema che fa dire in premessa a Francesco Gesualdi che “il controllo delle fonti energetiche fossili , fondamentali per il mondo tecnologico centrato sullo sviluppo economico, hanno causato tutte le guerre in giro per il mondo a partire dal xx secolo. E alla domanda “Rifondsre l’economia per un mondo pacifico e sostenibile è possibile”? Risponde Sì. Sì mediante cinque grandi cambiamenti: messa al bando delle industrie di armamenti; abbandono del consumismo; passaggio alle energie rinnovabili; economia di comunità e rapporti internazionali di cooperazione ed equità.
A seguire Pio Castagna con “Quali indicazioni per una economia non violenta” sostenendo che il consumatore può diventare un consumo-attore ed essere promotore di un indirizzo nonviolento dell’economia. Azioni possibili per un’altre economia: commercio equo e solidalw, boicottaggio, autogestione, disobbedienza civile, non collaborazione, finanza etica, comunità di produzione di energie rinnovabili, produzioni biologiche”.
Mario Pizzola parlando di “Quale energia per un futuro di pace” si afferma come convinto sostenitore de “le fonti energetiche ulite, rinnovabili e inesauribili: solare ed eolico già disponibili oggi. Sono diffuse sull’intero pianeta per cui si possono definire fonti di pace” Sempre che – lo diciamo noi – non si mostrino come strumenti di furto e distruzione di suoli, cioè degli strumenti che, con la loro fertilità, donano il cibo, quello davvero coltivato .
Finalmente un quadro rappresentativo de “Il complesso militare industriale in Italia e i nodi della riconversione economica” presentato da Carlo Tombola. Uno strumento “costato molto tempo e fatica in grado di forniire dati certi e geoposizionabili sui produttori di armi e i loro siti operativi, utili a individuare l’origine di ub trasferimento di armi, i clienti abituali, le aree geografiche di possibile destinazione, i fatturati e il lavoro creato localmente, le ” porte girevoli” dei manager, ecc. 9 aziende (Leonardo, Fincantieri, Iveco , Defence, Vehicles,MBDA e GE Avio) da sole concentrano il 71% del fatturato e il 42% del valore delle autorizzazioni totali. Leonardo, che vede come principale azionista il Ministero dell’Economia e delle Finanza, è il secondo gruppo in Europa nel settore degli armamenti.
Domenico Palermo sviluppa il capitolo “Transizione ecologica e riconversione economica, una riflessione politica ispirata dai casi del Sulis Iglesiente in ùsardegna e della Valle del Sacco nel Lazio”
Tratta di disarmare l’economia per garantire salute, ambiente e sviluppo integrale con “ la messa al bando dell’uso della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali, per garantire la vita, la salute delle persone e dell’ambiente”.
Raffaella Nadalutti sviluppa il tea “PISA: una testimonianza di occupazione militare del territorio e di resistenza” Il movimento NO BASE che dice “No a un DCM firmato da Mario Draghi, con cui si decretava la costruzione di una gigantesca struttura militare ( estesa per 73 ettari, per un totale di 440.000 metri cubi) nel territorio di Coltano, area contigua al Parco nazionale di San Rossore, Migliario e Massacciuc\19coli coltivata con sistemi di agricoltura biologica…. Non lontana da Camp Derby, la base militare americana che costituisce il maggior arsanale militare furi dagli USA.
Lorella Cappio scrive di “smilitarizzare le scuole per restituirle il ruolo sociale previsto dalla Costituzione italiana nello spirito di pace e tollenza”
Stefano Risso con “Centodieci anni fa…., ovvero vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale che ci ricorda un mondo politico e culturale non bellicista una frase “abbiamo avuto troppa fiducia che la paura razionale della rovina economica potesse piegare la follia dell’imperialismo”.
Una paura – ci teniamo a sottolinearlo - che oggi non c’è, o meglio, non viene percepita nel momento in cui il sistema neoliberista della finanza (banche e multinazionali) si è appropriato della politica e della cultura per dare al denaro di pochi il potere, anche quello di distruggere con la guerra il globo, dopo le depredazioni illimitate che stanno mettendo a rischio il domani dell’umanità. Ci siamo convinti, ancor più dopo la lettura di questo libro di grande attualità, che la guerra è un crimine e, come tale, criminali sono i suoi protagonisti; quelli che la dichiarano, la alimentano con le armi, come pure quelli che producono e commercializzano le armi.
Pasquale Di Lena
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