Ritiro di qualunque autonomia differenziata, l'eguaglianza dei diritti e l'unità della Repubblica

Mozione Convegno- Assemblea 27 ottobre 2024
In piena estate, in poco più di due mesi, 1.300.000 cittadini/e hanno sottoscritto la proposta di un referendum popolare per abrogare la Legge Calderoli che apre la porta all’applicazione dell’Autonomia differenziata. Un numero così alto di firme, più di due volte e mezza rispetto a quelle necessarie, esprime la chiara volontà popolare che la democrazia debba essere ascoltata, e cioè che questo referendum venga celebrato e che siano i/le cittadini/e a decidere sulla legge Calderoli. Contro questa volontà, per la paura che possa tramutarsi in Sì nel voto referendario, fin dalle prime settimane della raccolta firme, e poi via via con modalità più pressanti, si sono moltiplicate le voci e le iniziative per impedire che il referendum abbia luogo. Innanzitutto, con una vera lesione dei principi e delle convenzioni di leale collaborazione tra le istituzioni, senza nemmeno aspettare la decisione del 12 novembre della Corte Costituzionale, né quella sull’ammissibilità del quesito referendario, il ministro Calderoli ha ufficializzato l’apertura dei negoziati con quattro Regioni (Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria) per cominciare ad applicare l’AD, devolvendo loro una serie di materie o di funzioni che non richiedono la definizione dei LEP.
Quale disprezzo per la Corte costituzionale, quale disprezzo per 1.300.000 elettori, quale disprezzo per la democrazia! Per questo parteciperemo all’incontro sulla questione dell’ammissibilità promosso da Salviamo la Costituzione, con la Via Maestra, il 14 novembre a Roma, e promuoveremo analoghe iniziative in altre città. Successivamente, il presidente della Regione Campania ha prospettato la possibilità di modificare la legge, cosa che potrebbe portare ad evitare il referendum e quindi a realizzare comunque l’Autonomia differenziata. Infine, a fronte della possibile vittoria referendaria con la conseguente abrogazione della legge Calderoli, il Presidente della Regione Veneto ha osato dichiarare: “Avanti con l’Autonomia differenziata anche a legge abrogata”, mentre - cosa ancora più grave - il parlamentare Valdegamberi, sulla scia della dichiarazione di Zaia, ha aggiunto: “I veneti sono pronti a rompere l’ordine costituzionale se la legge dovesse essere annullata”. Ciò che abbiamo denunciato come un pericolo fin dal 2019 è oggi confermato apertamente dai fautori dell’AD: è davvero l’unità della Repubblica ad essere a rischio e, con essa, la sua stessa esistenza. Scenari inquietanti si aprono davanti a noi, spinti da qualcuno che alimenta l’idea folle che esista un “popolo veneto”, uno lombardo, uno piemontese, uno calabrese, con il solo fine di aizzare cittadini/e italiani/e gli uni contro gli altri, non solo con le parole, ma con condizioni che aprirebbero davvero la porta a ‘scenari balcanici’. Come è emerso dal nostro convegno-assemblea, il vulnus aperto con la “riforma” del Titolo V della Costituzione del 2001, lungi dall’attenuare le istanze della Lega, è alla base di questi scenari inquietanti. Per questo, la lezione del 2001 va colta fino in fondo: aprire oggi il più piccolo spiraglio all’applicazione dell’AD, con “emendamenti” alla Legge Calderoli o attraverso i quesiti parziali proposti da cinque Regioni a guida PD e M5, significa permettere che la slavina diventi valanga, fuori controllo, e travolga davvero l’unità della Repubblica. È stato il prof. Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale e attuale presidente del Comitato referendario, a richiamare nella sua relazione introduttiva la necessità di porre mano - dopo il referendum, speriamo vittorioso - alla riformulazione dell’intero Titolo V, deformato nel 2001. Si può riprendere l’originario testo del 1948 alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, formatasi nel corso delle decine di sentenze per dirimere il conflitto tra Stato e Regioni a causa delle infelici scelte relative soprattutto al riparto delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni (art. 117): quelle stesse competenze che ora il ministro Calderoli vorrebbe attribuire esclusivamente alla potestà legislativa regionale. Viceversa, rafforzato dalla campagna di raccolta firme e da come i cittadini hanno risposto, il dibattito ha fatto emergere come questo pericolo possa essere fermato, ma a condizione di mettere in campo l’unità e una grande mobilitazione per un solo quesito referendario, che potrebbe davvero portare all’abrogazione della legge Calderoli e costringere la Lega e il governo a fermarsi, proprio come avvenne nel 2006, mettendo all’angolo le forze più reazionarie che oggi si spingono a minacciare di violare la Costituzione. Le trattative per applicare subito l’AD, i possibili accordi per evitare il referendum e addirittura le minacce di non rispettare un’eventuale vittoria del SI’ sono inammissibili. È inammissibile che si cerchi di aggirare il solo fatto che conta: se la legge Calderoli non verrà dichiarata prima come incostituzionale, i/le cittadini/e avranno il diritto ad esprimersi e a determinare il destino dell’AD. Le trattative tra il Governo e le Regioni devono essere interrotte per rispetto delle decisioni che assumerà la Corte costituzionale. Per questo, a conclusione dei nostri lavori ci impegniamo solennemente a far valere questo diritto, attivandoci in tutte le sedi e le occasioni possibili affinché un solo referendum per l’abrogazione integrale della Legge Calderoli abbia luogo. A tutti i parlamentari dell’opposizione, ai dirigenti delle forze politiche e sindacali, alle associazioni e ai comitati che hanno a cuore la democrazia e l’unità del Paese lanciamo l’appello: mobilitiamoci per lo stop immediato di qualsiasi trattativa tra Governo e Regioni, contro qualunque ipotesi emendativa o manovre per evitare il referendum, per porre fine a ogni disegno di rottura dell’unità della Repubblica, per un solo referendum totalmente abrogativo. I/le cittadini/e devono potersi esprimere, devono poter decidere, e siamo certi che il Sì prevarrà e che la legge Calderoli sarà abrogata! La consapevolezza dei pericoli che l’autonomia differenziata pone per l’unità della Repubblica è ormai ampiamente diffusa a livello popolare. La raccolta delle firme l’ha fatta uscire dai ristretti quanto qualificati circuiti, come quello dei costituzionalisti (a cui pur siamo grati/e per aver mantenuto viva l’attenzione su di essa), ed è divenuta uno dei punti dello scontro politico e sociale con il Governo e con le destre. Per raggiungere il nostro scopo dobbiamo render chiaro che abrogare la legge Calderoli non è mettere il Sud contro il Nord; al contrario è difendere al Nord e al Sud i diritti sociali e di cittadinanza. Per questo occorre attrezzarci per una ‘campagna permanente’ sull’AD, articolandola in modo che il piano istituzionale si intrecci sia con la lotta contro lo Stato sociale minimo, come vorrebbe il ministro Calderoli con i ‘suoi LEP’, sia con la lotta per superare i divari territoriali tra Nord e Sud e tra aree urbane e aree interne, affinché i diritti sociali siano garantiti in tutto il Paese, al Nord come al Sud, secondo quanto prescrivono gli articoli 2, 3 e 5 della Costituzione. Tavolo Nazionale NO AD Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’uguaglianza dei diritti e l’unità della Repubblica

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