MOLISE, SAPORE DI BIODIVERSITA E R°URALITA''

Eco della “Festa dei sapori Molise”, la due giorni organizzata da Maria Vasco di MoliseInvita presso l’Albergo Ristorante Smeraldo di Roccavivara ’. Nel programma un incontro, moderato dall’organizzatrice dell’evento, animato da un mio intervento sulla biodiversità e ruralità, i due primati del Molise; Bruno Paura, professore Unimol di botanica, che ha sviluppato il tema delle erbe spontanee e coltivate; Maurizio Santilli, direttore Istituto alberghiero di Termoli che, dopo essersi soffermato sui temi della formazione, ha parlato di Pampanella e Tartufo bianco; Lazaro Fania, apicoltore ch e ha descritto un mondo, quello delle api, gli insetti che impollinano e producono, con il miele, pappa reale e propoli, elementi che donano salute. Una “Festa” per “un’unica missione: 1. valorizzare il territorio esaltando la diffusione dei prodotti locali e della loro salubrità; 2. nutrire la conoscenza del cibo e l’educazione al mangiare bene e sano; 3. far vivere alle persone esperienze di gusto, dare soddisfazione agli ospiti, creare opportunità di incontro e di ritorno: un modo per ritrovarsi e per stare insieme grazie all’entusiasmo dei produttori locali che saranno i veri, autentici protagonisti dell’iniziativa”. La tavola rettangolare dei relatori si trasforma, con gli interventi dei presenti, in tavola rotonda animata dalle tre parole “Molise, sapore di biodiversità”, che raccontano: un Molise meraviglioso, oggi più che mai fragile di fronte agli attacchi che vengono da lontano e il silenzio di chi la governa ai vari livelli, salvo qualche rara eccezione; il valore e il significato della tavola e della cucina con i piatti a raccontare il sapore della Dieta Mediterranea, da sei anni sul piedistallo più alto del mondo in rappresentanza di sessanta modi di cucinare nei cinque angoli del pianeta terra. Il pianeta sempre più martoriato da un tipo di sviluppo nelle mani di un sistema predatorio di valori e distruttivo di territori; la diversità biologica, che la tavola esprime con dovizia di particolari nella terra dei tratturi tra montagne e mare e lungo colline dolci come il sorriso dell’accoglienza della “Farfalla Molise”. Una riflessione collettiva dentro il salone di una splendida struttura ricettiva, poco sopra, di qualche decina di metri, il fiume che separa il Molise dall’Abruzzo, il Trigno, al centro di alte colline verdi di boschi ben curati e non lontana da quel sacro luogo della madonna del sorriso, Canneto di Roccavivara, contornata da storia millenaria. L’Albergo Smeraldo, il luogo dove si respira il silenzio e si pensa alla pace, realizzato da Enio Antenucci, con 18 stanze, un salone per i ricevimenti curati dal figlio Mario, mano delicata in cucina. A raccontare il sapore della biodiversità i dieci produttori presenti con pasta, biscotti, salumi, latticini, olio, vino, e, anche, liquori speciali. Biodiversità, con la ruralità, un primato nazionale del Molise di grande attualità. Soprattutto in cucina con i 155 prodotti tradizionali (tipici) riconosciuti tali da oltre 25 anni, che posizionano il Molise, la regione più piccola dopo la Valle d’Aosta, al 13 posto tra le regioni italiane, a significare le potenzialità che esso ha di esprimere proprie indicazioni geografiche, dop e/o Igp, le eccellenze agroalimentari italiane, testimoni di mille e mille territori di bellezza e di bontà che raccontano l’Italia. Eccellenze Dop da aggiungere alla Dop, tutta molisana, dedicata all’Olio extravergine di oliva “Molise”, con le altre quattro Dop “Caciocavallo silano”, “Salamini italiani alla cacciatora”, “Mozzarella di bufala” e “Ricotta di bufala”, con la sola Igp “Vitellone bianco dell’Appennino centrale”, che il Molise divide con altre regioni del centro e del sud Italia. La regione del “Tartufo bianco”, 40% della raccolta nazionale; di una pietanza unica la “Ventricina di San Martino in Pensilis”; della “Zuppa ddi pesce alla termolese” e/o anche “U scecille termolese o di Temoli”; della varietà di oliva “Aurina di Venafro”, che racconta la storia dell’olio di qualità italiano, e, dell’altra “Gentile di Larino”, un terzo dei due milioni e più di olivi molisani, con il suo olio adatto a una vasta gamma di abbinamenti in cucina e a tavola; l’”Ostia di Agnone”, un dolce e schiacciato, rotondo, che potrebbe animare i forni, non solo di Agnone, ma dell’intero Molise; la “Ventricina del Trigno” o di “Montenero di Bisaccia"; la “Signora di Conca casale”; il “Pane” di Fornelli o di Macchiagodena. Questo ed altro ancora a dimostrare, con la biodiversità, la ricca natura del Molise e, insieme, la distrazione delle istituzioni preposte e delle organizzazioni dei produttori e trasformatori a dare voce a questi riconoscimenti che farebbero volare quella farfalla colorata di arcobaleno, che la miseria di uno sviluppo predatorio e distruttivo con la notizia di un’invasione del territorio molisano di pannelli solari (ladri di cibo se a terra) e pali eolici (ladri di paesaggio e di terreno), rischia di toccare le sue ali e farla morire. Tutto per far dire che il detto tanto diffuso “Molise che non esiste” rischia di dientare una verità. C’è un libro di cucina, il più bello - con tutto il rispetto per Artusi - che io abbia letto, “LA CUCINA MOLISANA” di Anna Maria Lombardi e di Rita Mastropaolo, che con ben 701 ricette descritte nei particolari, racconta la bontà del “sapore della biodiversità” di una regione piccola, espressione del “poco ma buono”, che ha nella sua “arretratezza”, cioè nel suo passato il presente e, soprattutto il futuro. La memoria, quale eredità preziosa da lasciare alle nuove generazioni per alimentare l’intelligenza naturale dell’essere molisano e battere quella artificiale

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