Francesco Jovine e Giose Rimanelli nel loro Molise

di Vincenzo Di Sabato
Al pregevole servizio sulla Valorizzazione dei “Cammini Molisani“ apparso lo scorso martedì 8 luglio, amo riportare alcuni sguardi sbirciati su “questa nostra piccola cara patria comune” da Francesco Jovine e Giose Rimanelli durante il secolo scorso. La nostra terra, grande come un fazzoletto, nasce da una tasca dell’Appennino che si chiama Molise. Sul fazzoletto vi sono minuscoli ricami fatti a tombolo, che i geografi chiamano paesi” (G. Rimanelli). “Racchiuso fra il Trigno e il Fortore e con il Matese, che la domina e genera il suo fiume più grande, c’è Il Molise, terra senza riposo. E’ tutta una tortura geologica, raggelata in tempo immemorabile. Il paesaggio emerge dalla roccia ed è fatto di pietre. Dal lembo del mare pulito di Montenero, Petacciato, Termoli e Campomarino; dalle verdi pinete punteggiate da rosmarini, mirti e ginepri e popolate di campeggi, fino alla riposata gaiezza di Venafro, il panorama è aspro, con cime brulle, e burroni coperti da rovi, ciuffi di ginestre e macchie di quercioli. E, proprio qui, declinando da Roma, ”.
Francesco Jovine, introducendo il vol. n° 14 del Touring Club, manifesta ancora così, nel 1948, l’amore per la sua terra: “Da noi, il contadino è quasi sempre piccolo proprietario. La coltivazione è opera delle braccia. Questa ruralità, pressoché totale della gente, è l’origine dei suoi difetti e delle sue virtù. Anche le poche industrie (fornàci, molini e pastifici) hanno una produzione adeguata alle esigenze locali. Prodotti eccellenti offre l’artigianato: sarti, falegnami, fabbri – migrati anche nelle grandi città d’Italia o d’America - hanno dato prova mirabile della loro bravura. I fonditori di campane e i ramai di Agnone sono osannati nel mondo, come i coltellai di Frosolone e di Campobasso. Nell’antichità era diversa la distribuzione e l’importanza dei nuclei di vita associata. Lungo il fluire dei secoli e della storia, si ebbero trasposizioni e decadimenti, tanto più notevoli quanto più la regione fu teatro di lotte e invasioni rovinose. Dai margini più remoti del tempo s’affacciano monumenti sparsi sulla terra molisana: le mura ciclopiche, o megalitiche, pelasgiche ancora visibili a Castel Romano, a Venafro, Isernia; nei dintorni di Carovilli, Sepino, Campochiaro; oppure testimonianze di civiltà frentane, sannitiche, raccolte nei musei di Campobasso, Venafro, di Isernia e di Baranello; mentre al British Museum di Londra è lì, svenduto, il preziosissimo “bronzo agnonese”, quella lastra con iscrizione osca che servì di chiave per la decifrazione delle scritte dall’italico popolo antico”. Il Prof. Francesco D’Episcopo, nel 2001, sintetizzando il pensiero vibrante di Jovine, scrive che la geografia è la struttura portante della storia molisana che si rivela nelle caratteristiche economiche, psicologiche e sociali .”Fermissimi rimangono i vincoli familiari, le usanze, i rituali bucolici negli atti supremi della vita. Anche l’arte, qui, si offre all’ammirazione del turista: la pittura della scuola benedettina e l’architettura nell’Abbazia di S. Vincenzo al Volturno; la Badia di S. Maria della Strada; quella di Canneto sul greto silente del Trigno; la Cattedrale di Termoli, splendido esempio del romanico-pugliese del XII secolo; la chiesa di S. Nicola a Guglionesi. E Altilia, e il Teatro Sannita a Pietrabondante; e i ruderi di Gerione. E la cripta di Trivento. Il Duomo superbo di Larino, il portale, il rosone inimitabile e la facciata romanica-ogivale. La Cattedrale pre-cristiana di Guardialfiera; il Castel Monforte e i molti Castelli signoreggianti sui botri e lo strapiombo di tanti luoghi del Molise. E la Fontana Fraterna trecentesca di Isernia”. Giose Rimanelli dice inoltre così del Molise: “E’ una molecola incandescente nell’universo che creò, noi uomini, forti e pensosi, indipendenti, buoni di cuore e saldi nella dignità”. E, a chi gli chiede della sua Casacalenda, spiega: “E’ un villaggio rurale, permanentemente arrotolato in una coperta di accidia. E’ un paese sarcastico, indocile disteso a croce a 600 metri sulla collina, laddove ritorno per rimescolarmi alla terra”. E, dal canto suo, F. Jovine svela che “quella di Guardialfiera e la gente, forse, più arguta e sottile del Contado. Ha un estro bizzarro, un senso del comico, raro tra tutta la gente di campagna”. A cura di vincenzo di sabato

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