Cinquantesima settimana sociale dei cattolici italiani

di Umberto Berardo
Si è tenuta a Trieste dal 3 al 7 luglio con novecento delegati provenienti dalle diocesi italiane la cinquantesima settimana sociale dei cattolici per la quale il tema scelto è stato “Al cuore della democrazia – Partecipare tra Storia e Futuro”. Per anni sono stato delegato alle settimane sociali per la mia diocesi di Trivento (CB). Quest’anno ho seguito i lavori ogni giorno anche se a distanza attraverso la piattaforma messa a disposizione di tutti dal comitato promotore. I lavori sono stati incentrati su relazioni tematiche negli incontri in plenaria, laboratori, proposte di buone pratiche di cittadinanza attiva e di partecipazione democratica nella vita sociale. Oltre cento gli stand di imprese, cooperative sociali ed enti di terzo settore, università, comunità energetiche rinnovabili, associazioni culturali e di promozione sociale. A queste iniziative si sono aggiunte tavole rotonde tematiche predisposte da associazioni ecclesiali, sindacati, reti. A distanza, come precisato già, è stato possibile partecipare agli eventi attraverso un’app scaricabile. Ci sono stati anche spazi per la musica e il teatro. La democrazia, i diritti, le esperienze di vita familiare, le pratiche di relazioni sociali ed educative sono stati tra i temi affrontati dalla settimana sociale. I circa ottanta amministratori locali presenti a Trieste hanno garantito un impegno fattivo per rendere concreti sul territorio la partecipazione e soprattutto i diritti. Non si è trattato di un convegno, ma di una vera e propria elaborazione culturale e politica per rendere reale la sovranità popolare e tutelare una qualità ottimale della vita per tutti. In tutti i momenti di riflessione si è preso atto preliminarmente delle difficoltà e dei problemi che sottendono questa involuzione di una democrazia malata che storicamente per la verità non è mai diventata veramente effettiva. Le sue ferite più profonde sono visibili, come ha sostenuto il papa nei suoi interventi, non solo nella corruzione e nell’illegalità, ma anche nella nostra ritrosia e nell’indifferenza che hanno generato gran parte dell’astensionismo e costituiscono il vero cancro di una situazione in cui non s’intravvede più la capacità della politica di superare questioni gravi e terribilmente aperte che sono la disuguaglianza, i sovranismi, l’imperialismo, la guerra, l’esclusione sociale, la xenofobia, i populismi, la tecnocrazia delle lobbies finanziarie e i possibili rischi dell’intelligenza artificiale. Anziché tutelare la difesa della vita stiamo diffondendo morte con i tanti inutili e folli conflitti armati, con l’avvelenamento alimentare e sociale ma anche con l’inquinamento ambientale. Viviamo una vera e propria crisi di sistema sul piano nazionale, ma direi purtroppo anche a livello mondiale soprattutto a causa di classi dirigenti non proprio all’altezza dei compiti che hanno da affrontare. Davanti alle attuali risposte inadeguate della politica si aprono vuoti pericolosi generati dall’astensionismo e occupati sempre più spesso dai populismi con cui rischiamo di avventurarci in scelte ancora una volta controverse e sicuramente non condivise come dimostrano le tante nubi nere che si diffondono in un’Unione Europea che stenta a definire il suo futuro. Contro questi mali la riflessione della settimana sociale ha dato delle indicazioni chiare per un rinnovato protagonismo di tutti i soggetti sociali e politici capaci di rinvigorire la partecipazione con nuove modalità di presenza e strumenti decisionali efficienti. La costruzione di un orizzonte sereno può avvenire in molti modi, ma il diritto-dovere di ciascuno di noi è quello di tornare a fare politica. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento ne ha ricercato i presupposti citando molto opportunamente un passaggio del filosofo Norberto Bobbio: “Le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze”. Dunque per il nostro Presidente la democrazia dev’essere lontana da ogni forma di autoritarismo e plebiscitarismo garantendo la libertà e la possibilità di partecipare al voto con scelte effettive, una dialettica democratica che dia sempre centralità al Parlamento e preveda tra i poteri i contrappesi e sistemi che non permettano mai alle maggioranze di diventare voce e organo decisionale unico e incontrastabile. La linea di pensiero è ineccepibile, ma al riguardo già sulla legge relativa all’autonomia differenziata molti si aspettavano un rinvio alle camere o quantomeno un messaggio alle stesse. Mi auguro che domani su quella del premierato la posizione della Presidenza della Repubblica sia diversa. Battersi contro quelli che Mattarella ha chiamato gli “analfabeti di democrazia” significa non solo avere istituzioni nazionali aperte al confronto, ma sostenere un'idea di sovranità che, come ha sottolineato il Presidente, va declinata in chiave europea e io aggiungo internazionale, perché solo tale via può difendere veramente la democrazia, la giustizia, la pace e lo sviluppo. Il cardinale Zuppi, che abbiamo tra l’altro avuto ospite a Trivento in uno degli incontri della Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico “P. Borsellino”, si è fermato su quelli che ha chiamato “i passaggi difficili e le crisi epocali” dell’Italia. “Basti pensare - ha detto il presidente della CEI - all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso. Sentiamo - ha aggiunto Zuppi - la sfida dell’accoglienza dei migranti, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, della difficoltà di spazi per i giovani, dell’aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo. Ci angoscia il fatto che oggi i poveri assoluti siano cresciuti fino a diventare più di cinque milioni e mezzo: uno su dieci, davvero tantissimi. Dovremmo interrogarci con severità: come è possibile?”. Il prelato ha poi indicato la via per uscirne. Occorre a suo avviso costruire una democrazia inclusiva, aliena da ogni forma d’individualismo e di populismo e capace di garantire i diritti a tutti orientandosi al principio di solidarietà. A tale proposito durante i lavori della Settimana sociale è stato bello sentire riaffermare il grande valore della condivisione che credo sia il principio di vita più grande trasmesso dal messaggio di Gesù e testimoniato negli Atti degli Apostoli presso le prime comunità cristiane per sostenere l’idea della fratellanza. Metterlo in atto politicamente oggi spetta a noi cittadini mentre attuarlo socialmente dev’essere proprio della famiglia aperta agli altri e capace di testimoniare un altruismo in grado di dare senso a una società ripiegata nell’individualismo e nel consumismo recuperando in tal modo la costitutiva dimensione relazionale della vita sociale. Per sollevare la sofferenza e la disperazione dei detenuti che stanno portando a tanti suicidi nelle carceri la settimana sociale ha rilanciato l’allarme sulle loro condizioni sostenendo la necessità urgente d’interventi indilazionabili per la ricerca di pene alternative e di nuovi criteri di rieducazione. Se, come ha detto papa Francesco, la democrazia è seriamente minacciata dalla corruzione, dall’illegalità e dall’esclusione sociale, l’impegno è quello di creare una partecipazione sostanziale di prossimità a qualsiasi livello eliminando tutte le decisioni che in questi anni al contrario l’hanno ridotta come ad esempio negli organismi provinciali. Per questo occorre prevedere nuove forme e luoghi innovativi di confronto e cittadinanza attiva, ma anche pensare a ruoli decisivi dei soggetti sociali. Partecipare in ogni caso non può significare subire le decisioni altrui, ma avere la titolarità di pensiero, di scelta e soprattutto di diritti. Per questo credo che il nostro impegno di cittadini dev’essere orientato ad alcuni obiettivi indifferibili: riscrivere le pessime leggi elettorali esistenti dando effettiva capacità di scelta ai cittadini, opporsi a qualunque disposizione che comprometta il principio di uguaglianza ed eliminare tutte le situazioni salariali di privilegio che creano disparità e impediscono di raggiungere la piena occupazione. Il papa ha sottolineato che l’obbligo di tutti è quello di “non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale". Nel compito di orientare la società verso la giustizia sociale e la democrazia sostanziale secondo lui può fare davvero la differenza una fede la cui definizione cito testualmente perché è la sola nella quale mi sono sempre riconosciuto pienamente. Nell’omelia alla Messa di domenica 7 luglio in piazza Unità a Trieste Francesco ha sostenuto che abbiamo bisogno dello scandalo di “una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe della società, che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, che ci aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo. É soprattutto una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli”. Viviamo giorni difficili non solo per la garanzia dei diritti civili e sociali, ma in particolare per il rispetto della vita e della dignità delle persone messe in pericolo dalla follia di dittatori guerrafondai che stanno compiendo massacri di intere popolazioni in diverse aree geografiche. La cinquantesima settimana sociale credo abbia pienamente dimostrato che c’è nel mondo cattolico una vitalità che riesce a vivere nell’associazionismo una fede aperta ai problemi comuni e non ripiegata nel privato. È quanto richiede la testimonianza di quel messaggio evangelico che ha a fondamento l’amore per gli altri e per questo splendido creato che abbiamo in dono. L’impegno cui siamo chiamati dalle elaborazioni culturali e politiche che ci sono giunte da Trieste è quello di una partecipazione attiva alla realizzazione degli ideali di libertà, eguaglianza e pace da incarnare nella democrazia e nella giustizia sociale. Mi auguro vivamente che i delegati delle varie diocesi, ove sono stati inviati, contribuiscano con impegno a far rifluire nelle realtà locali le proposte venute in questi giorni d’intenso lavoro culturale e politico a Trieste. In ogni caso per documentarsi in merito rinvio al seguente sito: https://www.settimanesociali.it/ .

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