La tavola di San Giuseppe

Un giorno speciale, il 19 Marzo, preceduto dalla visita alle tante cappelle che animavano Larino, ora centro storico, da "capammonde é capabballe", con i camini accesi e le pignate in evidenza e la tavola piena di bontà, soprattutto primizie, come gli asparagi. L'offerta di un piatto di bucatini con la mollica mista di uva passita, pinoli e olio "Gentile" che sapeva anche di quello "Salegno o Saligno", mentre l'oliva della varietà "San Pardo" faceva bella mostra sulla tavola imbandita. La devozione che si esprimeva in donazione e incontro, convivialità. Quella stessa che il giorno dopo raccoglieva la presenza di figuranti Giuseppe e Maria con il bambino e dieci ospiti per il pranzo delle 13 portate. Il "Convito" e la "Deozione di Sn Giuseppe nella Tradizione molisana, come scriveva l'indimenticabile Enzo Nocera. l'editore che ha dato tutta la sua passione al Molise, in un libricino pubblicato nel 1998 con l'Associazione delle Città dell'Olio, nata a Larino quattro anni prima e che quest'anno festeggia con oltre cinquecento comuni associati il suo trentesimo compleanno. Riporto le 13 portate nella tradizione larinese per dire che in ogni paese c'era la variante: 1. Fave; 2. ceci lessati conditi con olio crudo e pepe: 3. fagioli lessati conditi con cipolla rosolata; rape lessate e condite con olio crudo; 5. asparagi lessati e conditi con olio crudo; 6. funghi trifolati con olio, sale, pepe, olio, aglio, prezzemolo e on aggiunta di pomodoro; 7. lumache trifolate come da sopra; 8. merluzzi lessati e preparati con olio, aglio, prezzemolo e pomodoro (vengono presentati con un pomodorino e un ciuffo di prezzemoli in bocca); 9 baccalà fritto con la pastella ed in umido con aglio, olio, prezzemolo e pomodoro; 10. riso lessato condito con sugo di bacalà o sugo d ipescce; 11. composta di sottoaceti; 12. Fellata di arance spolverate di zucchero; 13. maaccheroni con la mollica. Senza carne con le proteine donate dai legumi. Non nascondo che da bambino ho fatto l'impossibile a rendermi "Bambino" per stare anch'io a tavola e godere di queste portate nel tempo in cui "la fame - come soleva ripetere un mio maestro di politica agraria -si tagliava con il coltello". La Festa da me più amata, la tradizione più vissuta con i suoi profumi e i suoi sapori che il passato trasmette con il presente per dare al domani la possibilità di negare il cibo artificiale e, con esso, un mondo che azzera la natura e, con essa, anche gli umani sostituiti da i robot. La Festa di San Giuseppe un simobolo dei primati del Molise, la ruralità e la biodiversità, e, anche, il segno della continuità del passato di diecimila anni di agricoltura con il presente e il domanive. Un giorno speciale anche per il cambio dei pantaloni lunghi o alla "zuave" e il primo gelato, che uno dei miei amati zii mi comprava da Serafino o da Teodore. W San Giuseppe e che viva sempre la sua Festacon la tavola, il convito e la devozione.

Commenti

  1. Viva la tradizione e la storia del nostro meraviglioso territorio

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  2. W San Giuseppe e la vostra bella tradizione!
    Le tradizioni sono sicuramente l'unica arma contro il sopravvento totale dei "Robot", è difficile però farle sposare ai giovani, le tradizioni, è difficile perchè noi anziani siamo già contaminati, non tutti, dalla modernità. Modernità si fa per dire, infatti siamo contaminati dalla comodità e menefrechismo.
    Al mio paese ma anche in molti altri, forse perchè più avari, facevano solo le "scurpell" ovvero le zeppole fritte. Difficilmente si possono fare oggi perchè il fritto fa male e poi, guai anche a dirlo, perchè la casa poi puzza di fritto!
    Auguri !

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    1. il sopravvento dei robot per un mondo senza natura. Solo rottami. D'sccotrdo con tr Carmine

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  3. So che i cittadini di Larino non dimenticheranno questa tradizione. I ricordi di bambina ritornano nella mente con un pizzico di malinconia

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  4. Quanti ricordi

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  5. Grazie Pasquale felice di aver letto il tuo scritto.

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  6. Grazie, Pasquale, per questo bellissimo ricordo.

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  7. San Giuseppe
    Ho un debole per S. Giuseppe, mi ritrovo in lui e immagino la sua bottega come quella di mio padre.
    Sappiamo poco di lui, non è uno dei santi molto popolari antichi e moderni, non un dotto non un santo dei
    miracoli nemmeno un santo che emana profumi. Un falegname chiuso nella sua piccola bottega, di poche
    parole, paziente e tollerante che accetta la gravidanza anomala della sposa. Avrebbe sorriso del goffo
    tentativo di Luca e Matteo di attribuirli una ascendenza nobile (addirittura da Giacobbe e Davide). I Vangeli
    parlano poco di lui. Dobbiamo immaginare che Giuseppe allevò il figlio facendosi aiutare in bottega ed
    educandolo. Non lo rimproverò nemmeno quando ragazzo scomparve per tre giorni senza dire dove
    andasse. Mi piace immaginare che di fronte alla dottrina del figlio rispondesse come rispondeva mio padre
    quando discutevamo (cercavo ragioni sottili per dargli torto ma ora ammetto che aveva sempre ragione
    lui): “Sono solo un povero piantachiodi”. A differenza della madre e dei fratelli (o cugini) che andarono a
    cercarlo quando Gesù predicava per riportarlo a casa, S. Giuseppe non appare: aveva capito che doveva
    lasciare in pace quello strano figlio non suo ma che aveva allevato e che si era assunto il difficile compito di
    insegnare al popolo come vivere.
    Ho conosciuto tanti parolai capaci di vendere molto più di quello che avevano ma ho sempre apprezzato le
    persone di poche parole, incapaci di urlare, di vantare i propri meriti, non a caccia di riconoscimenti.
    Nemmeno i pittori si sono molto interessati a S. Giuseppe ma mi piace pensare che non se la prenda.
    Lo ricorda però la gente del popolo che ha ripreso spesso il suo nome per i figli; lo ricordano gli umili che in
    qualche paese (a Larino, a Bonefro e forse in altri) preparano in suo onore una cena di 13 pietanze per la
    gente e la sera della sua festa accendono un gran fuoco.
    E – certamente sembrerà strano- non so perché la sua figura silenziosa ma carica di valore mi ricorda il
    Molise, la regione meno conosciuta che non urla le sue qualità e non sa mettersi in mostra ma è pronta ad
    accogliere con le sue bellezze silenziose e dolci che richiedono occhi attenti, con il suo silenzio, la grande
    ospitalità e la qualità dei suoi prodotti.
    In questa epoca dominata dalla pubblicità, dagli influenzer, dagli urlatori della tv, dalla ossessione della
    messinscena, personaggi come S. Giuseppe e territori come il Molise sono un richiamo alla misura.

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  8. Grazie, come spesso mi accade leggendo i suoi bellissimi post, scopro sempre tante meraviglie

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