Ridurre il consumismo, non i consumi
Teatro naturale - Editoriale del 12.01-24
La differenza tra consumo e spreco diventa fondamentale per ridurre il consumo di risorse fondamentali come il territorio, per ridurre il bisogno di energia e avere, con le nuove opportunità, speranze per un domani che rimette in gioco i valori, a partire dal rispetto
Siamo tutti nelle mani del denaro e lo siamo perché vittime e protagonisti di un consumismo esasperato, oltre ogni limite, che ci rende complici di chi decide, arricchendosi oltre ogni decenza. le sorti dell’umanità.
Un consumismo alimentato da fonti energetiche: quelle provenienti dai fossili (petrolio, gas, carbone), che hanno ammalato il clima e portato la situazione a una fase di non ritorno, con la terra sempre più sofferente; quelle cosiddette pulite, rinnovabili, che hanno, come i fossili, lo stesso obiettivo, assecondare il consumismo sempre più esasperato.
A testimoniarlo è la crescente pubblicità che, in modo esasperato negli ultimi anni, anima i canali televisivi, sia pubblici che privati. Oltre ogni limite di sopportazione che, però, incide fortemente sulle nostre scelte di consumo quando ci portiamo in questo o quel supermercato o centro commerciale a fare la spesa o gli acquisti che, il più delle volte, servono per il nostro vivere quotidiano tanto da diventare spreco e da essere buttato. I dati parlano del 40% e più del cibo acquistato. A testimoniarlo è anche il moltiplicarsi dei conflitti in ogni angolo dl mondo e, sempre più, delle guerre che distruggono territori immensi, strutture e infrastrutture, oltre ad ammazzare migliaia e migliaia di persone, nella gran parte civili e di questi soprattutto bambini, com’è successo e continua a succedere in Ucraina e a Gaza. Crimini commessi da una massa di criminali che nessuno considera tali. In questi ed altri casi chi gioca il ruolo principale è l’informazione, non sempre puntuale e raramente obiettiva. Capita di essere informati del numero dei morti, ma nessuno racconta di quanti strumenti di guerra nelle mani dei veri padroni del mondo vengono consumati a spese delle fonti energetiche, siano esse sporche o pulite. Non ricordo di avere seguito nel corso di tanti anni una trasmissione televisiva che ha sviluppato un’analisi dell’industria bellica in Italia o in qualsiasi altro Paese del mondo. La dimostrazione – se non c’è mai stata – dello strapotere di un comparto produttivo e commerciale intoccabile, che decide la vita e la morte di milioni di uomini; la distruzione di beni in centinaia di paesi; la fine della pace e di una possibile prosperità in questa o quella parte del mondo.
Ridurre il consumismo, non i consumi
La dimostrazione di un potere, o meglio, di uno strapotere che sta portando il mondo a decretare la sua fine, e la perdita - accelerata dall’attuale sistema, il neoliberismo delle banche e delle multinazionali, che predica, promuove, vive del consumismo – di biodiversità e di altre risorse fondamentali che sono legate alla vita di ogni essere vivente, quali l’aria, l’acqua potabile, la fertilità del suolo. Il consumismo del denaro, il solo valore che il neoliberismo riconosce tanto da eleggerlo suo dio onnipotente e onnipresente.
Ridurre il consumo di risorse fondamentali come il territorio, per ridurre il bisogno di energia e avere, con le nuove opportunità, speranze per un domani che rimette in gioco i valori, a partire dal rispetto, fondamentale per rapporti sani con i nostri simili e la natura. In pratica il valore che apre alla pace e ne diventa la forza perché duri nel tempo per una duratura prosperità. Si diceva del territorio e il pensiero andava non solo a quello distrutto dalle guerre, ma, anche, a quello definitivamente perso perché coperto da cemento e asfalto, pali eolici e pannelli solari a terra. Senza dimenticare quella superficie enorme di suolo fertile, tutto da rigenerare se si vuole che continui a dare cibo, un atto agricolo, la sola fonte di energia rinnovabile, per di più vitale, ridotta a poca cosa dall’agricoltura industriale della chimica e, prossimamente, dall’intelligenza artificiale della carne coltivata in laboratorio. In pratica il non bisogno più di terra fertile, come pure di agricoltura e zootecnia, che porterà a dividere ciò che è sempre stato un unicum, la natura. Anche qui tutto per alimentare il consumismo e lo spreco, non gli esseri viventi, ovvero rappresentanti della natura e, come tali, i protagonisti veri del cibo e dell’alimentazione.
Uno stravolgimento prodotto dall’intelligenza artificiale che, non collegata, a principi e valori, diventerà la ragione dell’implosione di un sistema che ha mostrato un limite, quello di avere come unico solo punto di riferimento, il denaro, tanto da eleggerlo a suo dio onnipotente. C’è un solo antidoto certo al consumismo e al suo dio denaro, la sobrietà. Non ponendo limiti alla ricchezza non si ha la possibilità di porre limiti alla povertà. Una riflessione che serve per organizzare diversamente e meglio le proprie azioni e, nel tempo, per tornare a dialogare con gli altri e, insieme, essere forza di una rivoluzione che porta il sistema a vivere da solo la sua implosione. È quello che faranno le nuove generazioni spinte dalla disperazione.
di Pasquale Di Lena
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