Storie di Carabinieri a Guardialfiera in una trasvolata nel tempo
di Vincenzo Di Sabato - Letture per l’estate - Rimembranze di scintillanti e nobili gesti
“L’Arma dei Carabinieri è quella sottile linea rossoblù che solca per intero l’Italia, rendendo visibili storie di grandi e piccoli eroismi, lontani però da ogni tentazione di clamori e di protagonismi“.
Questa proverbiale locuzione sembra meditata apposta per Guardialfiera, città lunga di storia; saldamente radicata e legata alla “Benemerita”: protettrice e promotrice di valori e di ideali perenni.
Apro a ventaglio la memoria e, fra una moltitudine di ricordi, cerco di estrapolare qualcuno particolarmente edificante, riconducibile a Guardia..............................................
1. Il 23 settembre 1963, a notte fonda, un trattore rotola giù per i costoni di Vallecupa e
torchia e stritola sotto Antonio Pepe, che aveva 51 anni. Il brigadiere Giuseppe Rossi, comandante della Stazione, si reca sul posto e - dai preliminari - intuisce l’inattendibilità della sciagura. Egli afferma risoluto: “è una congiura”! Il Sottufficiale sapeva già di una tresca esistente tra il giovane garzone e la moglie di lui; sapeva che Albina (la figliola) in passato era stata ripudiata dalla madre in America per infami profitti. Giuseppe Rossi sapeva che la bimba, non appena rimpatriata, ancora poppante, poteva nutrirsi – ahimè - solo succhiando, a presa diretta, le mammelle d’una ruvida capra. Per cui il gendarme, sconcertato, suppone qualcosa di molto più grave.
Albina si era recata giorni prima in Caserma a denunciare aggressioni brutali subìte ad opera della mamma. Disse d’essere stata picchiata soprattutto per gelosia! Narra ai militari di “passionali rapporti” tra la madre e “il bel giovanetto che da pochi giorni aveva finito le scuole elementari”.
Il brigadiere, man mano, va rendendosi conto della mostruosa realtà. Cioè di una madre – avvampata di sole e passioni – che, pur di assicurarsi continuità di presenza e prestanze da parte del giovane stalliere, impone alla figliola - tredicenne - di sposarlo, nonostante l’imbarazzo di don Natale, parroco di Guardialfiera, a forzare norme del Diritto Canonico. Il militare sa, peraltro, che la fanciulla, - in quel momento sposa, madre e schiava - era frustrata dallo spettacolo scellerato e infame dell’incesto.
Scivolano via circa due anni sonnolenti di vita satanica. E viene l’estate afosa del 1966. Albina alloggia in una casupola rurale alla sinistra del Biferno (ora sommersa dal lago), laddove giganteggiava anche l’antico “Ponte di Annibale”. Lei – sempre più depressa - azzarda più volte il suicidio, cercando invano di farsi travolgere dalle auto sulla vicina strada provinciale, in quel tempo misera di traffico. Un giorno, però, oltremodo sconsolata, impugna la risoluzione definitiva. Tra il frinire intenso di cicale, compie gli ultimi gesti materni. Inghirlandisce il suo piccino, or ora battezzato, con l’unico vestitino di festa e – dolorosamente coraggiosa - gli somministra letali sostanze pesticide. L’angioletto vola dritto in cielo e lei, più tardi, è rinvenuta morta, penzoloni appesa alle travi della masseria, con la sedia rovesciata da un lato. Aveva solo 15 anni! Le agenzie di stampa, ghiotte d’una notizia nera così tetra, la battono pruriginosa anche per le edizioni estere.
Viene decretato, finalmente, l’arresto al Carcere di Larino dei due diabolici amanti. Dietro le sbarre – ciononostante – la giunonica druna dà alla luce un figlio, del quale subito si perderanno le tracce. Il giovanotto invece, adocchia lì dentro una sdolcinata reclusa e, una volta liberi, “vissero felici e contenti”.
Le originarie ed agghiaccianti trame nefaste erano state arrotolate e dipanate lucidamente, già nel 1963, dentro il petto e nel senno di Giuseppe Rossi, il brigadiere di Guardialfiera. Ma tale allora fu la potenza disastrosa del suo cataclisma interiore, da travolgergli tutte le placche tettoniche del cuore e farlo stramazzare, senza vita, al mattino del 29 settembre (soltanto sei giorni dopo “la presunta disgrazia” del tale Antonio Pepe) - e ad essere abbracciato, col singhiozzo dei Carabinieri, riverso sulla sua scrivania, lì, dentro la Caserma di Guardialfiera, allora in Via Cuoco........................................................................................................................................................... 2.
Lo spettro del male, inoltre, i grovigli umani e disumani; le angosce e le profetiche intuizioni del brigadiere saranno più tardi nobilitate da una letteratura psico-storico-sociale. Dapprima, nel 1972 con la purità lirica e sacerdotale del Canonico guardiese mons. Giulio Di Rocco attraverso l’“l’Arpia” (terzo racconto de “La porta del tempo”), poi – nel 2004 – con “Lascia che spunti il mattino americano”, romanzo al femminile immerso in un regno di meschinità e di regole tiranniche e spietate, scritto a quattro mani da Simonetta Tassinari e Antonella Presutti.
Il 15 dicembre dell’anno 2012, più o meno a 50 anni dalla morte di Giuseppe Rossi, Il Centro Studi e la Città di Jovine stabiliscono di ricordarlo in un Convegno, nel profumo della sua abnegazione e con il respiro della sua umanità. E, a buon diritto quel giorno, egli viene fregiato postumo, con l’Alta Onorificenza: “in perenne memoria”
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Abnegazione e umanità – forte e rigorosa - è ancora nel sospiro e nei gesti di un altro Carabiniere a Guardialfiera, Teodoro Benengiamo (amichevolmente Teo). Disbrigando il quotidiano servizio di perlustrazione lungo il comprensorio, il 10 marzo 2008, avvista in lontananza un individuo annaspare dentro il Lago. Il poveraccio vi si era tuffato con intento suicida. Teo non esita a lanciarsi anch’egli fra le acque gelide, riuscendo, dopo estenuanti sforzi, a tirarlo in salvo.
Per questo “esempio di virtù eletta ”, il 27 giugno 2008, verrà decorato per mano di Agnese Moro (secondogenita dello Statista e martire della verità), la quale era a Guardia a proporre “Parole, opere ed omissioni”, l’ardita monografia su “Aldo Moro, fra un crocevia di misteri”, amalgamati da Annachiara Valle per la Rizzoli Editore.
E neppure indugia il Comando Generale dei CC. a riconoscere in Teo “un luminoso modello di virtù civiche”, a formulargli l’encomio solenne, ed a conferire a lui il 25 maggio 2009, la Medaglia di bronzo al Valor Civile.-------------------------------------
3. <”La perseveranza” è lo pseudonimo di Dio quando non si firma personalmente>. E a Guardialfiera, Giuseppe Ruggiero e Antonio Tarchino – già sottufficiali della “Benemerita” - smaniano nel desiderio di perseverare e attestare quanto per loro sia autentica la voglia di compiere ancora azioni di coraggio, ma lontane da tentazioni e da clamori. Scalpitano in maggior misura adesso, per il fatto che, eletti ambedue “Amministratori Comunali” già da due mandati, vivono l’euforia dell’esistere e di “militare” per amore del villaggio. Desiderano, insomma, faticare ed assaggiare il piacere del soccorrere, in tacito sodalizio.
Perseverando, dunque, nella duplice carica di Amministratori e di “fedeli nei secoli dell’Arma” – il 25 giugno 2019 – sperimentano panico e coraggio, apprensione e rilassamento nell’aver messo in salvo una vita umana. Era con loro a coadiuvare anche Emilio Riccci, luogotenente di Polizia Locale.
Un trentacinquenne di Campobasso è in bilico sul viadotto per Casacalenda. Barcolla al dl là del guard-rail e guarda l’abisso dai 54 metri del pilone n° 8, proprio quello arcinoto come il “pilastro dall’effetto immediato!”. Il terzetto s’accosta trepidante all’uomo con parole di mitezza; usano la strategia dell’amabilità. Ed egli risponde, di tanto in tanto, con unisillabi e con istanti muti, che sembrano perennità. D’improvviso l’individuo, infiacchito, sgancia la mano ancorata alla barriera e si butta nel vuoto. Il rimbalzo della giravolta, provocata dallo slancio, incredibilmente, lo ravvicina ai soccorritori, i quali l’agguantano a volo, per il rotto della cintola. E, in un baleno, egli è fatto salvo. Alleluja!
Accostato sul ciglio, piange lacrime di sollievo; e tutt’intorno c’è pieno spargimento di cuori in festa. Giungono frattanto le pattuglie del 112 di Guardialfiera e Casacalenda svincolate solo in quel momento da altra emergenza. Scoppia la felicità. Evviva! Vita umana sottratta alla morte il 25 giugno 2019 in cu ”il Datore di ogni bene” ha quel giorno messo la sua firma e ha marcato il cartellino di presenza, avvalendosi di queste tre sentinelle: di due perseveranti Carabinieri e di un Vigile Urbano, apostoli nostri, ed evasori di glorie...................................................... ***
4. Fiotti d’aria odorosi di fiume, mettono a brindello un pescheto a Guardialfiera, nell’orlo più basso di Contrada Camarda.
E’ il 15 agosto 1970, Solennità di Maria Assunta. Il sole ride in Cielo, mentre quaggiù è Ferragosto, scadenza per le follie terrene. Andrea, Gino, Nicolino e Sandro: gruppo d’amici ad alto contenuto di affinità, vanno a trastullarsi sul Biferno; ad inondarsi di luminosità, molte delle quali – però - effuse da belle e sane fanciulle in fiore. Al tramonto decidono di tornare in paese. Sandro ha l’animo in burrasca. Irrompe sul primo tratto della preistorica Bifernina. Schiaccia a tavoletta l’acceleratore. La sua Fiat 500 rossa – la superutilitaria d’allora – è aggredita da lui, martoriata; non resiste! In una mezza curva sbanda in picchiata, si ribalta e volteggia a ruote in alto mentre la cappotta per lunghi metri raspa l’asfalto. Fuoriescono illesi Andrea e Gino; Nicolino prova qualche dolore alla scapola. Giungono in un lampo i Carabinieri di Guardialfiera. Estraggono Sandro sanguinante, sfigurato. E la corsa a perdifiato al ”Cardarelli”.
Sandro è in coma; è in rovina ma respira. C’è somma urgenza di plasma. Vincenzo Prencipe, Comandante della Stazione, e Angelo Pastore, carabiniere scelto, mobilitano tutti i donatori di sangue del paese che, in un rimbalzo di echi, volano nella notte a Campobasso. Noi inquieti lì, abusivamente vivi, c’incrociamo con loro salendo e scendendo la tromba delle scale, nel velluto del silenzio. L’agonia di Sandro è patita ferocemente dalla totalità di Guardia, dove egli è il leader trascinante di qualunque gioia operosa.
Lunedì 17 riparto da Campobasso; in paese vengo contornato da amorevole folla e da un loro fragoroso silenzio. Il maresciallo Prencipe, sconcertato, tenta di assolvere monosillabando all’incompensa impietosa: Dirmi che mezz’ora prima, alle 11,30, Sandro, è entrato nella eredità preparata dal Padre! Quel giovane aveva 23 anni. Era mio fratello.
Il quello stesso giorno e in quello stesso minuto in cui a Campobasso si spegne Sandro, a Guardia viene alla luce una bimba. E’ la primogenita di Angelo Pastore, del carabiniere pugliese il quale, per il ridente sogno di tramandare la vita Sandro, ancora idealmente in mezzo a noi, raccomanderà all’Ufficiale dello Stato Civile di imporre alla piccina – sua figlia - il nome di Sandra. “questo ardore del Carabiniere – mi rilevò il Vescovo Giovanni Proni - si va ad accostare involontariamente e mirabilmente a quell’“attesa in cui si compia la beata speranza”, l’invocazione pronunciata ogni giorno durante il il Canone, cioè nella più grande preghiera liturgica di ogni Messa”. Oggi Sandra è la limpida signora 53.enne, mamma felice, è Infermiera Professionale all’Ospedale Civile di Pescara.
Che esemplare lezione di vita! Un Carabiniere, con il suo stile alto e puro, raggiunge le vette dello spirito e la concretezza dell’umanità. Con i fatti e in silenzio! Egli fa capire al mondo il valore autentico della civiltà, della convivenza, della fratellanza umana. Ed io capisco da lui,
che soltanto così, nella vita, tutti noi potremmo diventare tasselli d’un unico mosaico di tenerezze e comporre un volto più bello di solidarietà fraterna.--...............................................
5. Amico di lunga intesa, Vincenzo Prencipe, dopo aver reso per anni a Guardialfiera il suo ufficio, si evolve, più tardi, a Presidente dell’Associazione Regionale Carabinieri. In questa veste decide di celebrare fastosamente il 90° anniversario dell’istituzione a Guardia della nostra Caserma.
Il mio sguardo in quel mattino dell’11 dicembre 2016 non riesce ad accogliere e raccogliere la distesa di Carabinieri, di persone e di uomini d’azione, che ondeggiano in giro come smeraldi. C’è il Colonnello Mario Bianchi, il Tenente Vincenzo Evangelista, il Maresciallo concittadino Costantino D’Angelo. C’è la Banda! Tutti a solennizzare l’evento. In Cattedrale, per la insolita Celebrazione Eucaristica, don Antonio Antenucci evoca la voce possente e convincente di San Giovanni Paolo II, il quale – riferendosi ai Carabinieri – così esclama: “essi sono i custodi della libertà. Quella libertà che non consiste nel far ciò che piace, ma nell’aver diritto a far ciò che dobbiamo”.
Pomeriggio, Sala “Gerardi Conedera”: Prencipe marca un messaggio di luce; una lezione di umanità, di umiltà dolente e pratica. Parla della universalità - quiete e feconda - della concordia che può fiorire anche sui terreni più aridi del nostro deserto contemporaneo. Il Centro Studi lo fregia dell’Alfierino d’oro”, simbolo di dei valori umani, culturali, ètici, creativi; una sfida di vita nuova per chi vive e consente di vivere e rispettare le leggi, l’incolumità e le realtà mirabili della nostra terra e del nostro popolo..............................................
6. L’estate del 2018 era ancora nel suo splendore. Massimo Tolfa - il maresciallo espugnatore a Guardia d’ogni primato - un mattino mi si accosta con l’auto di pattuglia per il consueto rapido saluto quotidiano. Intuisce domande dal mio volto incuriosito, e mi previene: “non sbalordirti, questo giovanotto, al mio fianco, è arrivato ieri; è Alfonso Cinque, una recluta; è di Manfredonia”.
Verso mezzogiorno del 14 agosto, in contemporanea al crollo del Ponte Morandi, si registra una forte scossa di terremoto press’a poco di magnitudo cinque, localizzato a Guardialfiera, nel cuore del Molise. Lo conferma l’Istituto Nazionale di Geofisica. Gente in strada, in preghiera e malori. Alfonso Cinque – questa recluta - è già un fuoriclasse. Assieme ai commilitoni, devolve stimoli e fiducia. Gestisce la psicosi del Ponte Morandi agli automobilisti atterriti lungo il mega Viadotto del Liscione. C’è stillicidio logorante di repliche secondarie.
Il 16 agosto alle 20,19, altro sisma ancor più violento. Dieci repliche nella notte. Volteggia la mia palazzina condominiale, due pilastri cardini sembrano intaccati. C’è aria di evacuazione. Sgomento e fuggifuggi dal ristorante a piano terra della mia casa. Caduta di comignoli in paese, crollo di soffitti e pareti, tonfo di tegole e calcinacci. Il “giovanotto” non ha paura della paura! E nessun’altro Carabiniere della Stazione mai ha ceduto al panico.
Era di “Venerdì 17” e la Protezione Civile sancisce la chiusura al traffico dell’imponente Viadotto sul Lago e, inevitabilmente, d’una gran parte della “Bifernina”: principale arteria di comunicazione della Regione. Tutto il Molise è in ginocchio. Domina il Caos; grande attenzione mediatica nazionale. Una cordata di Forza Pubblica, però a Guardia, tranquillizza la gente e organizza verifiche tecniche domiciliari. Ed è in mezzo a tutto questo pandemonio, che si staglia l’immagine del Carabiniere e, furtivamente, della compostezza “adulta” di quel “giovanotto”, di Alfonso Cinque, per il cui stile ebbi ad identificarlo come il giovanotto già adulto e coraggioso senza penombre. Fedele nel dovere e con la speranza nel buio, prende le mosse verso un’aspirazione in salita. Abbandona Guardialfiera alla volta di Velletri per frequentare lì un Coso formativo “per Maresciallo”, su impostazione universitaria. Ci riesce e, sostenendo, simultaneamente, anche il Concorso per l’assegnazione del Comando a Guardia, non va a capitare di superarlo e di tornarci in breve tempo, davvero come vagheggiava - a 29 anni - nelle vesti di Maresciallo? Manca a metterci piede, che viene promosso per un Comando più rilevante, ed in una località turistica suggestiva d’Abruzzo: a Costa del Trabocchi.
Riprende qui il Comando, il Brigadiere Nicola Rateni, uomo mite e di salda professionalità che, avendo per lungo tempo sostituito Tolfa, assieme ad Alfonso Cinque, è valutato meritevole di inclusione nell’Albo d’Oro dei “Profeti di Fraternità”, Comandanti di Stazione a Guardiacome gli indimenticabuili: Luigi Candigliota, Biagio Rapinese, Giuseppe Ialacci, Alfredo Di Gioia, Vincenzo Prencipe, Antonio Quarta, Massimo Tolfa.........................................
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7. Nel Centenario della nascita di Francesco Jovine ed a conclusione del Premio Letterario “Il Molise nel mondo ed il Mondo nel Molise”, il 13 ottobre 2002 la poetessa e intellettuale di Mantova, Bruna Lonardo De Biasi, viene premiata a Guardialfiera per la seguente ode:.....................................
“O arma benemerita e leale/
presente ovunque s’invochi protezione,/
rispetto delle leggi e per calamità della nazione!/
“Nei secoli fedele” è il vostro motto,/
dedizione alla Patria e all’onestà,/
e, sulla storia, brilla luminosa,/
tutta la vostra fulgida lealtà./
A voi, Carabinieri coraggiosi,/
dedico oggi, quest’arcano sogno,/
che, in me, persite dall’antico amore,/
tutto per voi, alfieri dell’onore.
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