Semplificare per non programmare
Sto pensando a questo Maggio di intense piogge, freddo e nebbioso, che racconta l’autunno e non la primavera; all’agricoltura industrializzata e al suolo rubato e depredato; alla guerra non lontana che si combatte anche con le nostre armi, dove, però – a sentire le televisioni e a leggere i giornali – sono sempre e solo i russi a sparare; alle centinaia di guerre sparse nei cinque continenti che ingrassano solo i produttori e i venditori di armi, anche quando sono capi di Stato o ministri di un governo; all’acqua violenta e limacciosa che ha colpito il cuore dell’Italia, l’Emilia Romagna. Un disastro che mi ha riportato indietro nel tempo, al 4 Novembre 1966, quando quella del fiume Arno scorreva, con una violenza inaudita, per le strade di Firenze e lungo la valle che la portava al mare, non lontano da Pisa.
In questi giorni in cui una ricercatrice dell’Università di Padova si è fatta pubblicità con il solito attacco al vino, questa volta incolpandolo di essere cancerogeno. Prima di considerarla una furba interessata alla notorietà data dal dio denaro, mi sono documentato e, così, ho letto che la diffusione di questa subdola malattia riguarda gli ultimi decenni, quelli dello “sviluppo” e del “progresso”, le due parole vanto di questo sistema imperante, il neoliberismo. Infatti, la causa della diffusione del cancro, nelle sue varie forme, è soprattutto l’inquinamento ambientale, che interessa fortemente il nord e meno il sud dell’Italia. Un dato sconosciuto a quelli che pensano che il futuro del Molise sia nell’eolico offshore di fronte a Termoli, nella realizzazione di un’autostrada o nella riapertura degli ospedali chiusi in questi ultimi venti anni, grazie al gioco dell’alternanza al governo regionale, caratterizzata dal vuoto della politica e, come tale, dalla mancanza di un’opposizione. Non solo nel Molise, visto che, ai vari livelli istituzionali, sia la maggioranza che l’opposizione hanno dimostrato di essere entrambi oggetto del sistema. In pratica, un vuoto preoccupante di democrazia, ragione prima della sfiducia del cittadino testimoniata dalla non partecipazione alle scelte. Della proposta eolico offshore ho parlato nel mio articolo di due giorni fa, pubblicato su questo blog. Questa volta una mia riflessione sulla proposta di realizzazione di un’autostrada, dopo un’attenta considerazione delle conseguenze di un tipo di sviluppo del Paese e i dati riportati da istituti ufficiali predisposti. che raccontano che, proprio laddove sono più diffuse queste infrastrutture e la cementificazione, sono maggiori i danni ambientali e più pesanti le conseguenze per la salute dei cittadini. L’idea autostrada è una soluzione perdente per il Molise, visto che chiude e non apre al suo domani. Per la ragione che porta il territorio regionale a perdere il primato della biodiversità, del verde diffuso, dell’aria pulita, nel momento in cui le valli del Biferno e del Volturno diventano una colata di cemento e di asfalto, una fonte di inquinamento del territorio e, come tale, delle persone che lo abitano, peggiorando la loro salute e quella dell’ambiente. Un invito a scappare prima e prima svuotare le aree interne. A pensare che il Molise ha proprio nei valori e nelle risorse di questi luoghi di storia e di cultura, di paesaggi stupendi, ambienti sani e significative tradizioni, la sola possibilità per rinascere e, così – quale straordinario laboratorio - dimostrare di essere utile al resto del Paese. È proprio vero che Il vuoto di un piano di sviluppo, cioè la programmazione, porta alla semplificazione delle proposte. Una mancanza di analisi, scarsa attenzione alle risorse e ai valori del territorio, poca dimestichezza con i sogni. Come dire – sono questi ultimi vent’anni di alternanza di governo a dimostrarlo – non solo chiusura degli ospedali, con la sanità pubblica azzerata, ma anche di attività importanti, come lo zuccherificio; un nuovo regalo di acqua (questa volta del Liscione) alla Puglia; una vera e propria invasione di pali eolici e pannelli solari a spese dell’agricoltura e del cibo, e altro ancora. E - ciò che è grave - nessuna voglia di progettare il domani di una terra che ha sì bisogno di energia pulita, di un rilancio della sanità pubblica, come pure di viabilità, ma di quella che permette di vivere e visitare le aree interne, oggi ridotta a un cumulo di frane. Uno stato pietoso che ha costretto e continua a costringere gli abitanti a scappare, per paura di non essere più nella possibilità di uscire o rientrare nelle proprie case. A proposito di sogni mi torna spesso in mente quello di trent’anni fa: recintare il Molise per salvaguardarlo da invasioni barbariche e, alle porte d’entrata, allestire le biglietterie per rendere il visitatore consapevole delle bellezze che avrà modo di vedere e delle bontà che avrà modo di gustare.
Sono pienamente d'accordo con le tue riflessioni
RispondiEliminaCredo che un giorno (ma non domani) il Molise potrà diventare un Territorio "di lusso" se riuscirà a conservare le sue caratteristiche oggi poco di moda:una ospitalità che quasi conserva l'antica sacralità e la natura ancora lontana da una industrializzazione tanto desiderata quanto selvaggia e carica di disastrosi effetti collaterali.E' necessario rivedere del tutto il modello di vita occidentale (che ormai ha infettato molta parte del mondo). Bisognerà avere il coraggio di molte rinuncie e non sarà facile: dovrà diventare necessità. La civiltà tecnologica oggi vincente dovrà cedere ai valori della civiltà umanitaria ma la tecnocrazia ha ancora strumenti formidabili di fascinazione. Il cammino umano, tuttavia, non segue tragitti uniformi e prevedibili; a volte avviene l'imprevisto, una accelerazione. Le voci dissidenti si moltiplicano e diventano sempre forti. Anche i danni di questo modello tecnocratico (col conseguente consumismo e capitalismo esasperato sino al liberismo selvaggio) sono sempre più evidenti e aprono la mente. Nicola Picchione
EliminaBellissimo pezzo, Pasquale. Complimenti!
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