Fare cultura nei territori. Il Registro delle Eredità Immateriali del Molise

da CULT Agenzia di Stampa
Un progetto di mappatura e inventario delle eredità immateriali del Molise, finalizzato alla inventariazione del patrimonio immateriale a forte connotazione partecipativa, che si propone come strumento di restituzione interattiva per le comunità, per i ricercatori e per gli attori sociali coinvolti nei processi patrimoniali PREMESSA Nel quadro del Progetto Interreg IPA CBC ‘3C’ (Italia-Albania-Montenegro) di cui la Regione Molise è uno dei partner, e grazie proprio al fondo regionale di progetto, un gruppo di ricerca del Dipartimento SUSeF dell’Università degli Studi del Molise ha curato la progettazione con il coordinamento di chi scrive, elaborando due strumenti di networking e sistematizzazione delle informazioni inerenti al patrimonio culturale della Regione Molise in rete con le altre regioni Europee interessate dalla cornice di finanziamento. Il primo risultato di questo Progetto è costituito dalla Transnational Cross-Border Platform: uno strumento interattivo pensato per far incontrare e dialogare tra di loro esperienze e soggetti attivi del panorama culturale delle diverse aziende e soggetti associativi rappresentati e archiviati, così da aumentare gli scambi culturali e creativi internazionali e tentare di rafforzare la contaminazione interculturale nel quadro dei principi sanciti dal Consiglio d’Europa nella Convenzione cosiddetta di Faro sul valore dei patrimoni culturali e della cultura per le comunità. Il secondo risultato, argomento di questo contributo, è un progetto integrato di inventario partecipativo regionale del patrimonio immateriale, il R.E.I.M. – Registro delle Eredità Immateriali del Molise. IL PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE COME CAPITALE DI RIGENERAZIONE Si tratta di un progetto di mappatura e inventario delle eredità immateriali del Molise, finalizzato alla inventariazione del patrimonio immateriale a forte connotazione partecipativa, che si propone come strumento di restituzione interattiva per le comunità, per i ricercatori e per gli attori sociali coinvolti nei processi patrimoniali. Il REIM è un repository che riprende esplicitamente i contenuti, le definizioni e gli obiettivi della Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale – Convention for the Safeguarding of the Intangible Cultural Heritage, adottata nel 2003 dall’UNESCO (e ratificata dall’Italia nel 2007 con la legge 167), quali quello della salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, il rispetto per il patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati; l’impegno per la consapevolezza a livello locale, nazionale e internazionale dell’importanza del patrimonio culturale immateriale e ad assicurare che sia reciprocamente apprezzato; la promozione della cooperazione internazionale e il sostegno alle comunità di custodi e praticanti delle pratiche e dei saperi culturali. Nonostante l’impegno profuso negli ultimi anni dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero dei Beni Culturali (ICPI), in Italia non c’è ad oggi un inventario unico nazionale dei patrimoni immateriali. È così che alcune regioni hanno provveduto ad elaborare strumenti descrittivi che potessero restituire e rendere fruibile l’ampio repertorio degli elementi immateriali presenti nei loro rispettivi territori: la Lombardia e la Sicilia, con il REIL (Registro delle Eredità Immateriali della Lombardia) e il REIS (Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia), e più di recente la Campania, con l’IPIC (Inventario del Patrimonio Immateriale Campano) o ancora l’enorme archivio audio-visivo dei Granai della Memoria basato in Piemonte. Tutti questi strumenti rispondono ad un’esigenza di descrivere il patrimonio, poiché la conoscenza è la prima forma di salvaguardia che le istituzioni possono mettere in atto. L’idea di fondo è quella di promuovere la consapevolezza del patrimonio culturale immateriale sia entro i confini regionali (al fine di sostenere la partecipazione delle comunità in linea con i principi della Convenzione del Consiglio d’Europa sul valore della cultura per le comunità, cosiddetta di Faro, 2005) sia a livello nazionale e internazionale (al fine di promuovere il territorio dal punto di vista del turismo culturale). Il Registro delle Eredità Immateriali del Molise si inserisce dunque all’interno di una più ampia operazione di descrizione dei patrimoni immateriali, ma guarda nello specifico al complesso intreccio di elementi patrimoniali che caratterizzano la pratica delle comunità molisane. Al fine, dunque, di valorizzare e promuovere i patrimoni immateriali del territorio, dopo un’approfondita analisi dei vari elementi che caratterizzano, secondo la definizione della Convenzione del 2003, lo specifico del patrimonio culturale immateriale (le tradizioni e le espressioni orali; le arti dello spettacolo; le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi; le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo; l’artigianato tradizionale), il REIM raggruppa i suoi elementi costitutivi in due grandi sezioni – i sistemi festivi e cerimoniali, i sistemi di saperi e pratiche – ma è aperta una riflessione nel team di ricercatori che stanno sviluppando questo archivio se sia il caso di aggiungere anche una sezione dell’inventario dedicata ai luoghi di cultura (musei, galleria, spazi di varia natura) in vario modo connessi a forme espressive e saperi connessi al patrimonio immateriale. Secondo alcuni i musei non sarebbero, infatti, parte del patrimonio immateriale, ma andrebbero a individuare un’area della conservazione e tutela che è maggiormente connessa al patrimonio materiale, ai manufatti, ai monumenti, ecc. Al contrario, la categoria specifica dei musei e delle collezioni del patrimonio immateriale, i musei della civiltà contadina – ampiamente rappresentati in Molise -, gli spazi espositivi dedicati alla presentazione di festività e cerimoniali urbani e rurali così come gli eco-musei sviluppatisi più o meno informalmente negli ultimi due decenni rappresentano un altro aspetto rilevante della proposta culturale e di fruizione turistica del territorio regionale che potrebbe ampiamente beneficiare della sinergia e rete con i repertori dei cerimoniali e dei saperi / pratiche previsti dal Registro che si sta sviluppando (Bindi, Ievoli, Belliggiano 2021; Bindi 2017). I sistemi cerimoniali sono stati inseriti nell’elenco attraverso un’accurata analisi delle ritualità praticate nei singoli territori, tentando di restituire già in fase preliminare l’ampia e variegata tipologia delle manifestazioni regionali; altrettanto è stato realizzato per i saperi e le pratiche, tenendo conto delle principali occorrenze presenti sul territorio, differenziate tra i vari ambiti espressivi della creatività tradizionale. Per entrambe le partizioni è stato realizzato un elenco, una sorta di censimento che tenga conto sia degli elementi più noti, che da decenni trovano spazio nella promozione turistica della Regione Molise, sia gli elementi meno noti, la cui pratica si manifesta ancora in maniera altrettanto densa e vitale in aree marginali, che potranno dunque trarre enorme beneficio dal loro inserimento all’interno del Registro. Per descrivere gli elementi del patrimonio immateriale censiti, siano essi saperi e pratiche o elementi cerimoniali, è stata dunque elaborata una scheda di inventariazione che si compone dei seguenti campi d’interesse: definizione dell’elemento e sua localizzazione, dati analitici (descrizione dell’elemento nella sua vitalità, notizia aggiuntive relative desunte dalla ricerca presso le comunità), individuazione delle comunità e dei gruppi interessati, nonché delle misure di valorizzazione e degli aspetti di rischio, documentazione audiovisiva, bibliografia. Ai fini di una fruizione semplificata e quanto più funzionale possibile del Registro da parte delle comunità e degli individui interessati, la descrizione di ogni elemento – e dunque ogni singola scheda – è accompagnata da una serie di tag volti a identificare con maggior precisione l’elemento descritto (ad esempio, per i cerimoniali: ciclo natività, sacre rappresentazioni, festa di Sant’Antonio Abate, Carnevale, Settimana Santa, Pentecoste, feste del maggio, fuochi rituali, ecc.; per le pratiche: lavorazione dell’acciaio traforato, fonderia, lavorazione del merletto a tombolo, produzioni lattiero-casearie, saperi e pratiche dell’allevamento, saperi e pratiche dell’agricoltura, pratiche musicali, etc). La scheda del REIM è stata pensata in maniera partecipata: la raccolta dei dati viene realizzata con la collaborazione delle comunità di pratica e la redazione delle schede è affidata a un’équipe di ricercatori, coordinati da chi scrive. Le comunità e i singoli, inoltre, possono contribuire al REIM sia segnalando nuovi elementi sia contribuendo e aggiornando le schede già inserite. Gli elementi di archivio si intrecciano in questo progetto e in questo specifico inventario fornendo una gamma molto ampia e variegata di rappresentazioni e forme di espressioni culturali fortemente radicati e potenzialmente anche molto fecondi sul piano creativo. L’archivio in tal senso entra in rete con i percorsi turistici e culturali già attivi nei territori, con la rete dei piccoli e medi musei locali e provinciali come spazi di interpretazione territoriale e negoziazione identitaria, ma anche come luoghi, proprio per quest’ultima ragione, di trasmissione e custodia dei contenuti culturali condivisi. Il patrimonio culturale immateriale in aree svantaggiate e periferiche viene raccontato attraverso l’uso di una scheda che accentua il protagonismo degli attori locali, fa emergere le loro voci e testimonianze, punta sulla costante possibilità di collaborare alla implementazione della piattaforma attraverso un form digitale che permette di conferire testi, fotografie, video direttamente dal website di progetto. La fitta pagina di ringraziamenti e credits presente nel website fornisce un’immagine già piuttosto chiara, seppur ancora sicuramente parziale, del livello esteso di coinvolgimento della società civile, dei rappresentanti delle istituzioni, specie quelle locali, degli attori formali e informali impegnati nella salvaguardia delle pratiche e dei saperi, dei cerimoniali e rituali previsti dal Registro. Questo è pensato come occasione e opportunità di valorizzazione del patrimonio culturale e delle industrie creative da esso potenzialmente derivate e incaricate di produrre e riprodurre contenuti culturali ed espressivi innovativi e di valorizzarli in rete e negli spazi/habitat di riferimento. LE CATENE DEL VALORE DELLA CULTURA E LE AREE ANTIFRAGILI Abbiamo sviluppato questo progetto e le sue diverse azioni e sezioni all’incrocio di diverse spinte ed esigenze, dunque in un contesto di mediazione costante tra missions istituzionali diverse, istanze degli attori del territorio distinte e molteplici. Questa negoziazione costante è un tratto molto rilevante della ricerca applicata e pone con forza la necessità di considerare opportunità e limiti di questo lavoro al contempo culturale e politico. In questo caso l’obiettivo progettuale era la creazione di reti di scambio e cooperazione culturale tra aree fragili situate in diversi Paesi europei e non. Abbiamo interpretato l’obiettivo a partire dalla caratterizzazione disciplinare che caratterizza il team di lavoro, ma anche da considerazioni specifiche inerenti il territorio regionale interessato dall’azione, quello della regione Molise. Questo progetto si sviluppa in un contesto storicamente segnato da spopolamento, da abbandono delle attività agricole e pastorali, dell’artigianato locale, in quello che oggi viene sinteticamente definito come area interna. Le linee di sviluppo che individua come risultato dell’investimento sulle imprese culturali e la salvaguardia e valorizzazione dei patrimoni bio-culturali della regione sono coerenti con la recente Strategia Nazionale per le Aree Interne e con i cospicui finanziamenti per la rigenerazione culturale dei cosiddetti ‘borghi’ previsti da diversi bandi PNRR. Insistono su una nozione di ‘internità’ e marginalità che tuttavia rischia di essere fuorviante e per certi versi confermare un pre-giudizio su questi territori e queste comunità: un presupposto in certo modo antico di arretratezza, di distanza dalla modernità e dall’innovazione, di recessività sociale che oggi probabilmente è erroneo e spuntato, rischia di perdere tasselli e aspetti del tutto nuovi di queste realtà rurali e montane anche del centro-meridione italiano. Per molto tempo in alternativa alla nozione di ‘aree interne’ che mi pareva troppo centrata su una caratterizzazione geografica spesso opaca – ci sono aree interne sulla costa e città ‘interne’ tutt’altro che periferiche e marginali -, ho preferito quella di ‘aree fragili’, condizionata forse dai miei campi specifici di ricerca alcuni dei quali segnati da uno spopolamento drammatico e altri dal vero e proprio disastro ambientale (il terremoto, essenzialmente, come nell’area dei Monti del Gran Sasso e della Laga dove ho lavorato su Amatrice e Accumoli). Oggi, forse, sono propensa a utilizzare una nozione che ancora una volta ci proviene dalle scienze della vita e dall’osservazione dei fenomeni naturali – come già quella spesso abusata negli ultimi anni di ‘resilienza’ -, una nozione presa dalla fisica della materia come quella di ‘antifragile’ e plasmata nella visionaria rilettura sociale di Taleb (2013) nella nozione dinamica di sistemi adattativi che permettono alle comunità, agli individui, ai gruppi e ai territori di superare le criticità non contrapponendosi, ma adattandosi plasticamente, in maniera innovativa e creativa alle difficoltà del presente, generando con ciò stesso prospettive di futuro. È così che lavorare alla costruzione e implementazione di una piattaforma finalizzata allo scambio di esperienze e informazioni tra imprese culturali e creative di territori distanti e segnati da forme diverse di fragilità come quelle interessate dal Progetto Interreg 3C diviene un modo per contribuire a un processo di innovazione e trasformazione dei territori e alla loro risposta antifragile alle difficoltà del restare. Allo stesso modo l’impegno per la realizzazione di un inventario partecipativo dei patrimoni immateriali di una regione piccola e complessa come quella del Molise, segnata così profondamente dalla presenza di tracce, saperi, pratiche e forme di espressione culturale della tradizione fornisce una infrastruttura e un contenitore per l’articolata catena del valore rappresentata da questi patrimoni locali: reti di senso, semi di coesione e di tenuta sociale, senso di appartenenza eppure forza di cambiamento e di trasformazione, montagne e campagne in movimento grazie al saldo ancoraggio a un territorio del quale aver cura. Il Registro delle Eredità Immateriali diviene così un punto di partenza per un lavoro più ampio e reticolare sul capitale simbolico dei diversi territori regionali, capace di sfidare le vulnerabilità, di fare i conti con gli aspetti di perdita e dismissione e di pensare a reti di cooperazione e scambio sempre più ampie e innovative, a luoghi non periferici, non marginali, non interni, non minori, ma speciali, capaci di dialogare gli uni con gli altri attraverso le diverse esperienze di creatività e innovazione culturale maturate negli anni (Bindi 2022, 2019). Nei prossimi mesi, a Castel del Giudice, minuscola e competente comunità locale dell’Appennino al confine tra Abruzzo e Molise, torneremo a discutere in rete con le altre esperienze regionali e nazionali del Registro delle Eredità Immateriali e della piattaforma delle imprese culturali e creative: lo faremo con un Workshop dal titolo #coltivacultura / #riabitaredigitale mettendo in rete esperienze nazionali di creatività, arte, innovazione digitale sparse in giro per le montagne e campagne tra le più diverse del Paese, a dare un segno che si può coltivare creatività, idee, innovazione e molto si può raccogliere. Si ringrazia tutto il team di Progetto, composto da: Omerita Ranalli, Jacopo Trivisonno, Antonella Golino, Marcella Tamburello, Barbara Mercurio, Esterina Maria Incollingo, Regina Cosco. BIBLIOGRAFIA Bindi L. (2022) (Ed.), Biocultural Heritage and Communities of Practice. Participatory Processes in Territorial Development as a Multidisciplinary Fieldwork. Lecce: Università del Salento Press. Bindi L., Ievoli C., Belliggiano A. (2021), Walking Along the Sheeptrack…Rural tourism, ecomuseums, and bio-cultural heritage, Sustainability, 2021/13 Bindi L. (2019). Paesaggi digitali e rappresentazioni di culture. Patrimoni, tecnologie dell’informazione e processi partecipativi. VOCI, vol. XVI, p. 142-160, ISSN: 1827-5095 Bindi L. (2017). Leggi, mappe, comunità. L’ecomuseo: un campo per l’etnografia delle istituzioni. ARCHIVIO DI ETNOGRAFIA, p. 35-57, ISSN: 1826-9125 Cerisola, S. (2019). Cultural heritage, creativity and economic development. London: Edward Elgar Taleb N. N. (2013), Antifragile. Prosperare nel disordine, Milano, Il Saggiatore. UK Government, Creative Industries Mapping Document, DCMS, 2001, Fonte Internet: https://www.gov.uk/government/publications/creative-industries-mapping-documents-2001 UNESCO (2021a). Cultural and Creative Industries in the Face of COVID-19: An Economic Impact Outlook. Retrieved 20 September 2021, from https://en.unesco.org/ creativity/publications/cultural-creative-industries-face-covid-19 UNESCO (2021b). The Creative Economy: Moving In from the Sidelines. Retrieved 17 September 2021, from: https://en.unesco.org/news/cutting-edge-creative-economy- moving-sidelines UNESCO Operational Directives for the Implementation of the Convention for UNESCO. 2005. Understanding creative industries: cultural statistics for public policy making, Available from: http://portal.unesco.org/culture/en/files/30297/11942616973cultural_stat_EN.pdf/cultural_stat_EN.pdf ABSTRACT The article reflects on the value of bio-cultural activities and heritage in sustainable development and regeneration processes of fragile, remote and internal areas. Starting from the action of a team of the Dept. of Human, Social and Education Sciences (SUSeF) of the University of Molise in the framework of an Interreg ‘3C’ project in agreement with the Molise Region, coordinated by Letizia Bindi, an action for development and cultural promotion of the territories was developed through the creation of a Cross-border Platform of cultural and creative enterprises. Nonetheless, it is above all the design and creation of an “Inventory of the intangible heritage of Molise” that represents the real novelty and added value of this project: not only for the relevant quality and quantity of the listed and inventoried cultural goods – ceremonials and knowledge/practices – next to other relevant regional experiences coordinated, as this one will also be, with the Central Institute for Intangible Heritage -, but also for the concrete ability to use this campaign of documentation as a great process of participation and inclusion of the local populations in the process of raising awareness and enhancing the value of cultural expressions for local communities, consistent with the principles of the 2005 Faro Convention issued by the Council of Europe. Clicca qui e leggi gli altri articoli della sezione “COLTIVARE COMUNITA’” di LETTURE LENTE Letizia Bindiletture lente Letizia Bindi Letizia Bindi Letizia Bindi ha studiato all'Università di Roma "La Sapienza" (Laurea e Ph.D), all'EHESS di Parigi (DEA) e alla Johns Hopkins University di Baltimora (US, Maryland). È docente di Antropologia Culturale e Sociale all’Università degli Studi del Molise, dove dirige anche il Centro di Ricerca "BIOCULT" sul patrimonio bio-culturale e lo sviluppo locale. È regolarmente Invited Professor presso varie Università europee ed extra-europee: Spagna, Francia, Polonia, Argentina, Emirati Arabi. Nel 2021 è stata nominata componente del Consiglio Scientifico dell’Accademia delle Scienze della Finlandia per la sezione “Humanities and Social Sciences”. È membro delle maggiori società di studi antropologici italiane, europee e americane e partecipa ai Comitati Editoriali di numerose riviste scientifiche e collane di studi demo-etno-antropologici. Oltre a lavorare su numerosi progetti di ricerca di rigenerazione e valorizzazione patrimoniale dei territori rurali e montani italiani, svolge da anni una ricerca sulle comunità pastorali Mapuche della Patagonia argentina. È membro di “Riabitare l’Italia”, di Rete APPIA per la Pastorizia e di SNAP (Scuola Nazionale di Pastorizia).

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