Tartufo bianco, l'ambasciatore speciale del Molise
La regione, nonostante le dimensioni ridotte, può contare su più di 5mila cavatori (3° posto assoluto in Italia) e, secondo le stime, offre circa il 40% del tartufo bianco italiano..........................................................................................................
di Pasquale Di Lena su ITALIA a TAVOLA - Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
Venerdì 10 Giugno 2022 | aggiornato alle 13:19 | 85326 articoli in archivio
10 giugno 2022 | 11:41
Èil Molise - grazie alla sua “inesistenza”; ai suoi tratturi, ai suoi piccoli paesi, tutti con il campanile in alto su una collina; ai suoi minuti orti e piccoli boschi, la Regione italiana più ricca (in percentuale) di ruralità e di biodiversità. Due primati a significare un’”arretratezza” di grande attualità, e, con il filo che ancora lega l’oggi al passato, è ricchezza di domani, visto il fallimento di un “progresso”, tutto basato sul consumismo, anche del tempo, e la depredazione e distruzione della natura e della nostra Madre Terra. È il Molise - nonostante la sua poca superficie (4.440 Km² (53% montagna e 47% collina) la “terra del tartufo bianco”, il più pregiato.Il cibo dei poeti e dei sognatori, quello dal profumo più accattivante e inebriante che ha mille storie da raccontare.
Tartufo bianco, l'ambasciatore speciale del Molise
Il Molise è il re del tartufo bianco
Uno dei territori, quello molisano, tra i più vocati a questa specie, tant’è - è corsa voce - che è quello che offre il 40% del tartufo “bianco” italiano e la conferma di questo dato - vista l’inesistenza dei dati e, quei pochi che ci sono creano solo confusione - potrebbe essere il numero alto di cavatori tesserati in Molise, oltre 5 mila, dei quasi 70 mila censiti in Italia (3° posto dopo Emilia Romagna e Abruzzo), che danno alle casse regionali, con l’aggiunta dei soldi delle multe, un introito di oltre 1 milione di euro.
Una risorsa non sfruttata
Un bel gruzzolo di denaro che non torna, neanche in minima parte, alla filiera molisana del tartufo. Un limite grave, visto che qui, più che altrove, avrebbe bisogno di essere organizzata per non regalare importante valore aggiunto a chi lo commercia e lo distribuisce altrove. Infatti, più dell’80% del tartufo bianco raccolto nel Molise supera i confini regionali e va altrove, in Italia e all’estero. Una scelta perdente per il Molise, i suoi cercatori, confezionatori, rivenditori e ristoratori, sapendo che, con un programma di sviluppo e un’attenta strategia di marketing, risparmierebbe tutte le somme spese, senza i risultati sperati, per la promozione del turismo.
Siad
Emozioni e tradizione
Si è prima detto “potrebbe essere” il 40% del tartufo bianco raccolto in Italia, ma, non è dato saperlo con certezza, visto che i numeri certi riferiti alla filiera tartufo non sono credibili, tutti o quasi tutti, aleatori. La sola certezza che resta è quella delle emozioni che i profumi del misterioso tubero trasmettono e che, oggi, ancor più che nel passato suscitano, fino a renderlo tra i più ricercati prodotti della nostra gastronomia, e, come tale, il più prezioso. Non a caso, dallo scorso anno, la “Cerca e la cavatura del tartufo” è patrimonio immateriale dell’Umanità. Un mondo, quello del tartufo, prezioso e fantastico insieme, soprattutto il “bianco”, per quello che è e dove si trova; per chi lo trova e lo propone, soprattutto nei ristoranti; chi lo promuove e chi lo vende, e, soprattutto, chi lo compra, lo odora e lo adora. Una fortuna che il Molise ha iniziato ad assaporare alla fine del secolo scorso. Già nell’Ottobre del 1982 l’approvazione di una Legge regionale, la n°22, che anticipa quella nazionale, la 752 del Dicembre 1985 e, poi, alt42re successive, che recepiscono la “Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio di tartufi”.
Non è bastata la fama del tartufo bianco molisano, conquistata con l’offerta dei tartufi più grandi battuti all’asta, con i cinesi di Macao vincitori, a renderlo importante testimone della piccola Regione (seconda solo alla Valle d’Aosta), che ha, con le montagne e le colline, anche il mare. E, neanche il primato, all’inizio del terzo millennio, del “tartufo bianco” più grande in assoluto al mondo (1530 grammi), un record che, insieme agli altri, a dare fama di “Terra del tartufo bianco” al Molise. C’è da dire che non è solo bianco, visto che sono tutti gli altri riportati nell’elenco delle 13 specie ad oggi classificate.
Passato e futuro
Il Molise, con San Pietro Avellana, partecipa alla nascita ad Alba (1990) dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, voluta da Antonella Brancadoro, che prende spunto dalla prima della Associazioni d’identità territoriale (Siena 1987), quella del Città del Vino, che, grazie all’Enoteca Italiana, mi ha visto, con l’ideatore Elio Archimede di Asti, promotore. Oggi la città del tartufo, San Pietro Avellana, da 27 anni sede della più importante mostra- mercato regionale, è, con la Regione Molise, una componente del Direttivo dell’Associazione, con Macchiagodena città aderente. Serve un aggiornamento della legge regionale, ma non basta, c’è bisogno di organizzare bene la filiera e affermare, con iniziative di promozione e valorizzazione, la denominazione “Tartufo bianco del Molise”, visto che è difficile per il tartufo un riconoscimento Dop o Igp.
Non solo tartufo
È l’ambasciatore perfetto della “Farfalla Molise”, immagine attraente per chi vuole vivere l’emozione di una raccolta, conoscere le bellezze di una terra antica, le sue antiche tradizioni - soprattutto quelle legate al cibo e alle feste - segnate dai tratturi e dalla pratica della transumanza, con l’arte casearia e la produzione di salumi e insaccati, tra i quali la “Ventricina”, così particolari. E, non solo, gli oli extravergini che hanno iniziato e costruito la “storia dell’olio”, nel caso dell’olio “liciniano” di Venafro e quello “Gentile di Larino”, la varietà più diffusa e più rinomata. E, poi, i vini sempre più importanti, a partire da un rosso di forte struttura prodotto da uve di un vitigno autoctono, la “Tintilia”, che va acquistando nuova fama con le cantine in mano a giovani imprenditori.
Un incontro - si diceva - con le tradizioni, tra le quali spicca il “Brodetto di pesce alla termolese di Tornola” , una vera delicatezza della cucina marinara, e la “Pampanella di S. Martino in Pensilis”, un boccone di maiale al forno che, se ti appaga, non puoi dimenticare. Una opportunità per chi vuole vivere la natura e con essa, la squisitezza dell’ospitalità e delle bontà che si possono gustare, insieme al prodotto principe che, sempre più, è il “tartufo bianco del Molise”, una preziosità, dicevamo, che oggi, insieme con gli altri 159 prodotti tradizionali, bisogna difendere e tutelare, per poterla spendere e valorizzare.
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"L'inesistenza " del Molise dipende - tra i vari fattori- dalla mancanza di un management efficace. Non basta produrre bene, occorre far conoscere. Tartufo bianco: si pensa subito ad Alba non al Molise. Bisogna chiedersi perché e rimediare. Sapersi "mettere in mostra" è importante per la singola persona e per enti, territori ecc.. Non credo sia possibile improvvisare: il popolo molisano (parlo in generale) è fatto per lavorare ma è poco adatto al commercio. Non sa "mettersi in mostra". E' anche un difetto di tutta l'Italia, soprattutto il Sud.
RispondiEliminaConcordo. Non è un problema per i produttori che, salvopochi, non sanno che il reddito lo decide il mercato. Non è un problema, ma solo una grande occasione di spreco, per gli enti e le istituzioni che non un piano di sviluppo e, meno che che mai, una strategia per promuovere e valorizzare i testimoni del proprio territorio.
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