San Pardo, la grande Festa
Si chiude a mezzanotte la tre giorni dei carri trainati da vacche e buoi che, con i loro proprietari diventati amici, si raccontano storie di un passato che trova la continuità nel presente delle tre sfilate programmate da secoli. Senza questo racconto la festa perderebbe di significato e finirebbe con il diventare semplicemente una ricorrenza priva dei suoi odori e suoni; dei rimproveri degli animali ad ogni sosta; dei salti e dei sorrisi dei bambini che sentono la festa più dei grandi; del canto in onore del santo patrono; della musica della banda che apre la processione; delle preghiere dei sacerdoti e della devozione; del parlare delle persone festanti, e, non ultimo ma primo, dello sguardo silente delle donne per i loro ricami e i loro fiori di carta, che sembrano appena raccolti.
La festa del santo Patrono è tornata dopo due anni di silenzio causato dal Covid ed ha riportato, con l’allegria, la speranza in un domani diverso che l’antica città merita per essere - oggi più che mai e tutto grazie al suo territorio argentato dal sacro gentile olivo - storia, cultura, paesaggio, ambiente, tradizione, luogo di incontri e di scambi, agricoltura e, con essa, cibo, convivialità, culto dell’ospitalità.
Due giorni prima alcuni segnali, tutti farciti di cultura, mi hanno riportato a vivere la speranza persa, in questi anni, per mancanza di cultura e di politica, due vuoti che stanno facendo soffrire la Larino che ci appartiene e che tanto ha dato e, ancor più, può dare al Molise perché non venga cancellato dall’ingordigia di individui non all’altezza del compito, che è quello di renderlo laboratorio, esempio per le altre Regioni, il Paese intero. Ha poco, ma tutto per farlo ed esserlo.
Dicevo dei segnali, tutti all’insegna della cultura, quali l’inaugurazione della nuova sede di quel centro di cultura che è “Afra”, voluto da Caterina Franceschini in ricordo di sua sorella Antonella, che di cultura,si è nutrita, e animato dall’entusiasmo dei Venditti, suo marito Pardino, e i tre figli, Teresa, Gianluca e Andrea, che donano sorrisi. Un centro di cultura in vico delle Fate, la stradina che mi appartiene, per essere lì la casa di mio padre, e, cosa ancora più bella, di fronte alla casa dove sono nato, in via Circonvallazione. La grande strada, nel tempo della mia infanzia, che portava al Biferno e al Liscione. Il ponte che collegava (llà ddà ‘hiume) i campanili dei paesi di origine croata che guardano da vicino il Trigno. Un centro di cultura e il luogo, Larino. La combinazione di grande attualità sapendo che questo luogo, come tutt’i luoghi belli del Molise, oggi abbandonati, possono rinascere solo con la cultura e la buona politica. Quella che serve per governare il territorio e proiettarlo nel domani, e non per distruggerlo con il cemento e l’asfalto, pannelli solari a terra e pali di pale eoliche gigantesche che servono solo a rendere ancora più onnipotente il dio denaro e, con esso, le mafie e il malaffare. Altri segnali ricevuti dall’incontro al centro “Afra”, che, alla fine, è diventato conviviale: Un giovane poeta, cantante, paroliere e musicista, Antonio Mastrogiorgio, di origine di Pietracatella (il paese di una salsiccia particolare), davvero bravo che ha presentato una raccolta, davvero interessante, di poesie “E’ finita la gioventù”e offerto emozioni, insieme a un chitarrista,con la “Suonata balorda”. Ad ascoltarlo e applaudirlo c’era un larinese illustre, Paolo Di Paolo, il grande fotografo che ha ancora molto da raccontare dei suoi 97 anni. E, infine, il dono, da parte dell’autore, di un libricino, “Strenna Pardiana”, ben stampato dalla tipografia Rossi per conto del Parroco della Cattedrale san Pardo di Larino, don Claudio Cianfaglioni, che, con una presentazione illuminata introduce alla lettura di due poesie in dialetto larinese, tradotte in Italiano, che Lorenzo Di Maia, il giovane che ha scelto di tornare nella sua città e non di scappare dopo la laurea, ha dedicato a san Pardo e alla sua festa, segnata dalla Carrese.
Scintille di un nuovo fuoco di speranza; semi che avranno il tempo per germogliare sogni, idee, progetti di cui ha bisogno Larino per tornare ad essere quel punto di riferimento che oggi non è più.
A partire dalla sua Festa, che è tale se, insieme con le rose, i papaveri, i fiori di sulla e di lupinella, i profumi di una cucina, continuano ad essere protagonisti gli animali che, oggi, dopo il rientro di san Primiano nella sua cappella, si sentono, con le loro campane al collo e le voci dei carrieri, tornare dopo la bella scampagnata con i familiari e gli amici invitati.
Quanta nostalgia! È una festa che mi è rimasta nel cuore. Spero che le risorse del territorio di Larino vengano valorizzate. I profumi sono ancora nel mio cuore ❤️
RispondiEliminaTradizione bellissima e spettacolari le foto !
RispondiEliminaL'amore per il territorio, passione ed entusiasmo per valorizzare i BENI COMUNI. Natura, Cultura e Politica, urlano impegno, chiedono un nuovo protagonismo dei giovani per la salvezza del pianeta e della civiltà umana. Valorizzare e far vivere il meglio delle conquiste e dei processi di civilizzazione. Le tradizioni, la festa di S. Pardo evoca la forza e la BELLEZZA concreta che chiede attualizzazione delle sue potenzialità. Pasquale coglie nel segno, con saggezza e intelligenza creativa, apre alla speranza di "un altro mondo è possibile".
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