Cercare con forza la pace

di Umberto Berardo
Ne abbiamo davvero tante di guerre sparse in tutto il mondo. In secoli di quella che chiamiamo civiltà non siamo stati capaci di costruire strutture territoriali nelle quali gli esseri umani potessero vivere insieme pacificamente a prescindere dall’etnia, dal colore della pelle, dalle espressioni di pensiero, dallo stesso modo di interpretare l’esistenza. Abbiamo creato egoismi, nazionalismi, totalitarismi, imperialismi generati dalla volontà di potenza, di superiorità, di sopraffazione che hanno portato a fanatismo, contrapposizioni, discriminazioni e violenze inaudite che ci hanno allontanato da ogni logica di condivisione e di coesistenza creando il concetto del nemico e rendendoci estranei all’idea della fratellanza e della pace che non siamo stati capaci di far crescere sul piano educativo e culturale in tutti gli organismi della società quali la famiglia, la scuola, le organizzazioni sociali e gli Stati. Tornata la guerra in Europa, molti si accorgono vivaddio della sua brutalità non solo perché la televisione ci trasmette le immagini disumane di una violenza sconcertante, ma soprattutto in quanto le modalità con cui le forze contrapposte si scontrano ci fanno temere che essa possa coinvolgere le nostre sicurezze ed il quieto vivere. Questa guerra definita ibrida perché combattuta con armi convenzionali, con misure economiche e finanziarie, con tecniche di sabotaggio informatico, con una forte informazione propagandistica e con un linguaggio tagliente finalizzato alla distruzione dell’avversario sta creando steccati assai pericolosi e distruggendo come sempre benessere, serenità ed ogni forma di cooperazione tra gli Stati. Se non saremo capaci di fermare la violenza in atto sul territorio dell’Ucraina, è del tutto evidente che i risultati saranno non solo una pericolosa recessione economica, ma un ampliamento del fenomeno della fame e in particolar modo una crisi di sistema che seguiranno al problema dei profughi e dei morti di cui stiamo disseminando un orizzonte cupo. Abbiamo già scritto con chiarezza che le cause che hanno generato tensioni e conflitti locali e mondiali sono diverse ed articolate e su di esse occorre sempre mantenere l’apertura ad una riflessione plurale e non omologata non dimenticando tuttavia che le questioni aperte potevano e dovevano essere risolte diplomaticamente dai vari attori che le hanno generate mentre un autocrate come Vladimir Putin ne ha fatto il motivo revanscista per invadere ancora una volta un Paese e perseguire un espansionismo imperialista che sta generando un disastro umanitario. Una consapevolezza che dovremmo credo tutti avere è che non ci troviamo davanti ad un fatto storico definito su cui è possibile fare analisi abbastanza vicine all’oggettività, ma siamo piuttosto di fronte ad un evento in divenire di cronaca militare più che politica perché quest’ultima è palesemente fallita. Sui suoi aspetti pertanto occorre superare le tante presunzioni di verità ed accedere a fonti oneste, libere e plurali d’informazione generando un confronto culturale e politico piuttosto che partire da posizioni ideologizzate. Chiunque per motivi di potere semina stragi, brutalità ed orrori, al di là delle responsabilità altrui che pure possono esserci, va condannato eticamente e politicamente perché praticando una violenza terribile è un pericolo per l'umanità. Abbiamo il dovere di aiutare un popolo schiacciato dall’invasione di Putin la cui superiorità militare è innegabile e di riaffermare con forza il diritto all’autodeterminazione di un popolo nell’ambito di quello stato di diritto al quale l’umanità non può rinunciare in alcun modo. Subito in ogni caso occorre pensare a quali azioni porre in essere per mettere fine alla guerra in Ucraina come a tutte le altre purtroppo dimenticate da un’informazione miope e strabica. Abbiamo sperato in iniziative dell’ONU che oggi sembra entrato in un cono d’ombra, ci siamo illusi della crescita di un ruolo autonomo dell’Unione Europea sul piano economico e politico, abbiamo auspicato una forte presa di coscienza del popolo russo sulle gravi involuzioni democratiche e sul sistema dittatoriale costruito da Putin senza che nulla ancora si muova per quello che comunque è possibile anche in un’autocrazia, abbiamo preso atto di una chiara mancanza di volontà di giungere ad una soluzione diplomatica da parte di Paesi come la Cina, gli Stati Uniti d’America, l’India. Queste speranze sembrano davvero naufragate e continuiamo ad assistere impotenti alle azioni militari di Putin la cui protervia rischia di diventare ogni giorno una sfida assai pericolosa. La mia fiducia resiste unicamente in un movimento di massa a livello mondiale da parte non più dei governanti che hanno inutilmente illuso il mondo con quei tentativi estemporanei di incontri bilaterali, ma da manifestazioni continue ed estremamente allargate che siano capaci di fare l’unica cosa urgente e cioè richiedere a gran voce che l’ONU esca da un silenzio inconcepibile ed imbarazzante. Sanzionare i Paesi guerrafondai è una necessità urgente! Sostenere la richiesta di un’immediata cessazione dei combattimenti attraverso una rapida convocazione permanente dell’Assemblea delle Nazioni Unite dev’essere allora in questo momento l’impegno di responsabilità per smascherare ogni progetto contradditorio e dannoso per la coesistenza internazionale mettendo nell’angolo Paesi che nascondono i loro interessi egoistici con il diritto di veto o l’astensione e sono ancora complici di chi scatena guerre la cui disumanità va cancellata per sempre dal futuro dell’umanità. È ciò che ho scritto più volte nel corso di questi lunghissimi giorni di guerra e che spero si avveri per iniziativa di quel popolo della non violenza attiva che non può rimanere bloccato, ma deve operare con determinazione per costruire pace e giustizia sociale lavorando contestualmente per sottrarre ai plutocrati la definizione assurda cui stanno pensando per l’ordine mondiale e fondarla invece sui principi della libertà, dell’autodeterminazione, della cooperazione e di un internazionalismo che nasca dalla riaffermazione di una democrazia fortemente partecipata. La marcia straordinaria Perugia-Assisi del 24 aprile è un’occasione da non perdere possibilmente evitando distinguo che abbiamo letto perfino sul testo del manifesto di indizione della stessa. Guardiamo in faccia l’onestà intellettuale delle persone piuttosto che qualche errore di forma espressiva e mettiamo in atto tutti sistemi di una difesa popolare dei valori della libertà, dell’eguaglianza e della democrazia che sono oggi attaccati dal potere plutocratico di tutti i regimi nazionalistici ed imperialisti. Non possiamo permettere ad alcuno di destrutturare neppure le poche, labili forme di partecipazione democratica che ancora abbiamo né di seminare violenza e morte intorno a noi.

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