TACCIANO LE ARMI, ANCHE QUELLE FINANZIARIE
di Antonio De Lellis [1] - Il Manifesto Nuova finanza pubblica . La rubrica su finanza e politica. A cura di autori vari.................................
Le sanzioni non sono un’arma di ritorsione efficace e soprattutto sono
dannose anche per i paesi che le
impongono, specialmente se non hanno le finanze al riparo. Di fatto, le armi
finanziarie coinvolgono
tutte le popolazioni tanto da poter affermare che anche noi siamo in guerra,
pagandola a caro prezzo. A
cosa giova aver calcolato questa orrenda guerra che poteva essere evitata?
È arrivato il momento di non dividersi e di considerare che il riarmo
globale, il ritorno delle fonti
fossili e la perdita di un orizzonte vitale, anche per il pianeta, hanno
sconvolto le famiglie non solo
ucraine, creando le basi forse anche per un coinvolgimento e allargamento
globale del conflitto militare
oltreché finanziario.
Dire che “Non è il momento del dialogo” significa non poter svolgere nessun
ruolo di mediazione e
nessuna azione nonviolenta. Rispondiamo a Draghi: “Tacciano le armi, anche
quelle finanziarie” e si
mettano al centro politiche nonviolente basate su un disarmo integrale anche
per il nostro paese,
disseminato di basi Nato, in due delle quali –Aviano e Ghedi- sono
addirittura depositate 90 testate
nucleari. L’aggressione orribile di Putin all’Ucraina ha fatto scattare
sanzioni finanziarie contro
Mosca e gli oligarchi russi. Tra le sanzioni vi è anche quella che colpisce
il debito sovrano di Mosca.
«Il governo russo non potrà più raccogliere fondi in Occidente né trattare il
nuovo debito sui nostri
mercati». Ma perché nel mirino anche il debito russo?
Partendo dal presupposto che il Pil della Russia è più basso di quello
dell’Itali nel 2020 il debito
pubblico della Federazione Russa è aumentato del 39,9%, pari al 17,8% del
PIL. La maggior parte del
debito estero russo totale, nello specifico il 67,4%, è ricaduto su titoli di
Stato denominati in valuta
estera, del valore di quasi 39 miliardi di dollari.
Confrontato con il nostro debito pari, nel dicembre scorso, a 2.678,4
miliardi, sembra pochissima cosa.
Ma quel che conta è il nostro rapporto del debito con il Pil, che nel 2021 si
è attestato attorno al
150%, Cosa ci dicono queste cifre? Nel confronto europeo, quello italiano è
il secondo più alto debito
dopo la Grecia (197,9%) ed è uno dei più alti al mondo. Nell’ottica di una
eventuale guerra del
debito occorre tener presente che la quota di titoli italiani detenuta
dall’Eurosistema nel suo
complesso è pari al 28,1% del totale, cui va ad aggiungersi il 4,7% in mano
alla Banca d’Italia.
Le banche e le altre istituzioni finanziarie nazionali detengono il 34%,
mentre le famiglie posseggono
solo il 6,5% del debito. Quanto agli investitori esteri, siamo attorno al
27,7 per cento. Possiamo
ritenere tale considerevole quota al riparo da rischi? Sì, se le condizioni
di mercato continueranno a
essere favorevoli. Sì, se l’aumento dei tassi avrà effetti limitati sul
fronte della spesa per
interessi e se lo spread non tornerà a impennarsi. Sì, se il patto di
stabilità verrà ancora sospeso.
Ma quest’anno, il gravissimo conflitto in Ucraina e le conseguenti tensioni
geopolitiche, l’aumento
del costo dell’energia e dell’inflazione non consentono di stare tranquilli.
Se vi fosse una
escalation della guerra sul debito, la Cina potrebbe agevolmente intervenire
a favore della Russia, visto
il piccolo debito, ma a noi chi ci aiuterebbe? Quello che intendo dire è che
da queste sanzioni sul
debito, la Russia potrà facilmente difendersi mentre se fossero, per
converso, estese come ritorsione
sui debiti maggiori al mondo e sul nostro in particolare, bisognerebbe
attendersi il peggio.
La Russia, con altri alleati ed in particolare con la Cina potrebbe sferrare
un duro colpo ai paesi con
un debito elevato e tra questi ci sono gli Stati Uniti (133%, in gran parte
in mano proprio alla Cina), e
il nostro Paese, con troppe basi Nato e pochissima autonomia finanziaria ed
energetica.
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