Nasce il distretto dell'olio extra vergine bio del Molise
Metà Regione è collinare, coperta da poco più di 2 milioni di olivi, nella gran parte a rappresentare il patrimonio regionale di biodiversità olivicola composto da 19 varietà autoctone----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
di Pasquale Di Lena -Teatro Naturale - TracceItalia 04/03/2022
Mercoledì 2 marzo., mentre a Roma il Senato approvava - dopo 13 anni di attesa e 4 di un lungo iter parlamentare - la legge sull’agricoltura biologica, a Campobasso, nel Molise, l’Assessore regionale all’agricoltura, Nicola Cavaliere, nel corso di una conferenza stampa, appositamente indetta, dava la bella notizia della nascita del primo Distretto del cibo nel Molise, tutto dedicato all’Olio Evo Bio, grazie all’iniziativa di Luigi Di Majo, nella veste di Presidente del Consorzio Tump, che, nel tempo sospeso del Covid, è riuscito a coinvolgere enti ed istituzioni, come l’Università del Molise; a ottenere l’unità delle organizzazioni professionali agricole e la partecipazione e l’impegno di importanti aziende e cooperative e di singoli produttori, per un totale di 81 soci, ad oggi, aderenti.
Nel suo intervento, Manlio Cassandro, illustrando i punti più significativi delle finalità del Consorzio “Distretto del cibo olio evo bio Molise”, ha ricordato all’Assessore la necessità della sua approvazione da parte del consiglio regionale perché, sin da quest’anno, possa essere inserito nell’elenco del Registro nazionale dei Distretti del Cibo e, così, diventare operativo, pronto a organizzare la propria attività e a realizzare i tanti progetti, sui quali si è soffermato il curatore, prof. Antonio De Cristofaro, per conto dell’Università del Molise.
Il Registro dei distretti del Cibo, una novità a livello nazionale, che a metà Febbraio, presentava un elenco di 140 riconoscimenti in 15 Regioni e ben 20 programmi in atto, con un coinvolgimento di migliaia di imprese agricole e di trasformazione di prodotti bio e/o a indicazione geografica Dop e Igp, oltre a quelle impegnate nel campo dell’enolioturismo. Un respiro importante per i territori e l’agroalimentare italiano, ancor più per il suo olio, da tempo abbandonato, che, per vivere sulla tavola del consumatore, e, nelle cucine e nei piatti ha bisogno di olive e, come tale, di altre centinaia di migliaia di ettari di oliveti e milioni di olivi, per poter rispondere alla domanda di qualità, soprattutto bio, che arriva dal mercato interno e, ancor più, dal mondo.
Un respiro importante, soprattutto per il Molise, con la metà del suo territorio considerato collinare, attualmente coperto da poco più di 2 milioni di olivi, nella gran parte tutti a rappresentare il patrimonio regionale di biodiversità olivicola composto da 19 varietà autoctone. Non a caso l’obiettivo primo del Consorzio è quello di aumentare di altri 10mila ettari gli attuali 14mila, con l’impegno a recuperare i 4 mila ettari di oliveti abbandonati. “Realizzare un’estesa olivicoltura - come ha sottolineato Luigi D Majo - per avere la possibilità di programmare e impostare strategie di mercato, e, così, essere in grado di coinvolgere e rendere protagonisti i giovani. Un progetto, con impianti intensivi e non superintensivi , tutto all’insegna della biodiversità olivicola regionale, che, nel tempo, ha mostrato di esprimere qualità nella diversità dei caratteri e che, con la ricerca, le innovazioni e la formazione (la parte sottolineata illustrata dal prof. De Cristofaro) ha tutto per garantire oli nutraceutici, con la suddivisione in tre grandi aree”. Di Majo, il promotore e sostenitore del Consorzio alla bella età di 90 anni, già ideatore e promotore, negli anni ’70, dell’immagine moderna dei vini molisani con la realizzazione dell’Azienda Di Majo Norante in Campomarino, la città, insieme con il comune di Toro, del vino del Molise, ha poi continuato dicendo “all’insegna, soprattutto, del biologico – per dare continuità a un territorio segnato, più che altrove, dalla ruralità. La presenza, cioè, di un mondo che va sempre più scomparendo e che il Molise, grazie ai suoi vecchi (non pochi quelli ultrasecolari, con alcuni millenari) e nuovi oliveti, può rafforzare e ampliare. Ruralità quale custode di paesaggi e di ambienti, di aria e acque potabili, di una cucina fortemente legata alle tradizioni, e, come tale, rappresentativa della Dieta Mediterranea, con l’olio filo conduttore, qui più che altrove.
A dimostrarlo c’è anche l’antica tradizione della cucina marinara, che ha in Termoli una sua capitale, grazie al suo Brodetto di pesce di Tornola. All’insegna del clima, il malato grave, che ha nell’olivo un alleato, nel momento in cui è capace di captare il veleno, l’anidride carbonica, dando in cambio ossigeno. Senza dimenticare – concludendo il suo intervento - quello che possono dare insieme, olivo e olio, ai possibili turismi che il Molise è in grado di promuovere con la collaborazione dell’Associazione nazionale delle Città dell’Olio che, con il suo vicepresidente nazionale, Nicola Malorni, è parte del Consorzio”.
Ed ecco che anche il Molise avrà il suo primo distretto del Cibo, tutto dedicato all’olio evo bio, come a voler rimarcare il rapporto antico di questa terra con l’olivo e il suo olio, testimoniato dalla fama, nell’epoca dell’antica Roma, dell’olio di Venafro e, nell’era moderna, quale culla (Larino 17 dicembre 1994) dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio. Il Molise, il luogo del primo e unico parco al mondo dedicato all’olivo, quello regionale di Venafro; del primo progetto , grazie all’olivo “Fausto” e alla cooperativa Oinos, di agricoltura sociale dedicato alle donne oggetto di violenza; del secondo panel test, dopo quello di Siena, operativo in Italia e di un Concorso, fra i più selettivi, “Goccia d’Oro”, che vede la patria della varietà autoctona “Gentile di Larino”, la più diffusa delle 19 che compongono il patrimonio molisano di biodiversità olivicola. A tale proposito c’è da dire anche che l’antica capitale dei frentani è la sola in Italia ad abbinare il proprio nome a tre varietà, oltre alla “Gentile”,la “Salegna o Saligna” e la “San Pardo”. Un primato, insieme a quelli sopra citati, che fanno ben dire che il Molise è terra dell’olio.
di Pasquale Di Lena
E ben venga tutto questo a patto che i nuovi 10 Milà ettari non vengano utilizzati in maniera tanto intensiva, che si spieghi ai giovani che non sarà come coltivare fiori in Liguria e quindi anche il recupero di quei 4 Milà ettari non potrà comprendere le zone dove il gelo e il vento sconsigliano il ritorno a tata mobile coltura. Infine che il consorzio aiuti i più deboli a realizzare quello che Di Mano Morante ha potuto realizzare con la sua forza.
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