Indigestione di inglesismi
Globalizzazione, una sola lingua per un solo governo, come dire cancellazione della sovranità nazionale; del territorio e dei luoghi; dell'identità di un paese, l'Italia. Uno stivale di paesaggio, ambiente, storia, cultura, tradizioni, dialetti; un territorio di territori che lo rendono, nel loro insieme, un unico patrimonio culturale dell'umanità.
Riporto quel poco che ho letto oggi sfogliando le notizie (news) delle prime pagine di un periodico e di due giornali sul computer (on line)
Siena Awards Rock Contest
voucher ‘Il buono” lifestyle News
talk-show
la baby gang top, stop
No-Pass No-Vax
lockdown e Green Blue
Pass Show selfietest
Smart Working problem solving
problemOpen Summit Look peak Trader startup proof of concept Italian Te
Booster? Meglio chiamarlo richiamo. L’Accademia della Crusca bacchetta
la comunicazione anti Covid
di
Redazione di AgenziaImpress,it
FIRENZE – «Sul tema dei vaccini, la diffusione indiscriminata e acritica, tramite media, del termine booster da solo, senza l’equivalente italiano di richiamo, mostra che ancora una volta si è persa una buona occasione per aiutare gli italiani a capire facilmente quello che viene loro proposto, combattendo meglio, grazie a ciò che è già linguisticamente ben noto, eventuali timori o resistenze. L’abuso del termine booster rappresenta dunque prima di tutto un errore nella comunicazione sociale».
Così il
gruppo ‘Incipit’ dell’Accademia della Crusca, che si occupa di esaminare e
valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’. «C’è poi da chiedersi se si
intenda così ‘educare’ una volta di più all’abbandono della nostra lingua –
sottolinea il gruppo Incipit in una nota -, o dimostrare che l’italiano non ha
parole adatte per le esigenze attuali. Ma quest’ultimo assunto non risulta
vero, perché ‘richiamo’, per i vaccini esiste da anni».
L’Accademia
della Crusca ricorda che «booster ha in inglese, in campo medico, un
significato tecnico molto preciso e in italiano, in questi casi, la letteratura
medica usa fin dalla prima metà dello scorso secolo la parola richiamo».
Inoltre, «la parola booster è stata usata ora in una circolare del ministero
della Salute del 27 settembre 2021, nella quale il termine è posto tra
virgolette, dopo non più. Accanto alla prima occorrenza, fa capolino anche il
traducente richiamo, seppur posto in parentesi (e per fortuna ricompare nel
modello del modulo di consenso, anche in questo caso accanto al superfluo
booster)»
Carissimi,
continuo a costatare che gli articoli sul blog di Pasquale Di Lena, offrono
sempre interessanti spunti di riflessione. Questa volta vorrei contrastare la
convinzione che la “indigestione di inglesismi” sia causata
dagli effetti deleteri della globalizzazione e che l’imposizione di una sola
lingua costituisca un incontrovertibile segnale della graduale distruzione
dell'identità nazionale e della sua cultura.
Nella citazione di Pasquale, l’Accademia della Crusca, strenuo difensore della lingua italiana, riporta che Il termine inglese “Booster”, in campo medico, indica l’assunzione di una dose supplementare di vaccino (il richiamo della terza dose), ed allora ci si chiede perché non chiamarlo “richiamo”. Però rileviamo anche che questa parola inglese è abbastanza ricorrente e mutevole nel suo significato. Indica anche un apparecchio, macchina o motore ausiliario per l'avviamento di un motore Diesel, per l'aumento di tensione elettrica è anche un sovralimentatore di pressione, un amplificatore di suoni, un preamplificatore del segnale TV; in missilistica, è il razzo che fornisce la spinta necessaria a staccare il veicolo spaziale dalla rampa di lancio. E’ comunque uno dei tanti termini inglesi, introdotto nel lessico italiano giornaliero, che non trova giustizia con la citazione di un vocabolo di analogo significato nella lingua di Dante. Allora che facciamo? Protestiamo? Con chi? Quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento per la salvaguardia della lingua dei nostri padri. Come in tutte le cose occorre buonsenso. Quando è possibile e nella logica del contesto, cerchiamo di rendere il significato nell’italiano più corretto, ma non dimentichiamo che conoscere il significato di un vocabolo proveniente da un’altra cultura, e nel caso nostro per lo più generata dalla lingua dei nostri Avi, il latino, è comunque utile se non si vuol restare esclusi da un mondo che comunque procede nella consapevolezza che la lingua si aggiorna continuamente di nuovi vocaboli, che comunque sono assunti anche dal dizionario di altre lingue. Booster o chi per esso lo troviamo anche nei testi francesi, tedeschi, spagnoli ed anche i popoli che parlano in maniera diversa cercano di fare opposizione all’inquinamento della loro lingua. Occorre solo sapere ed essere coscienti che qualsiasi nuovo vocabolo di qualsiasi origine ha un uguale e corrispondente significato nella propria lingua e l’italiano è una di quelle che ha le sfumature più sofisticate per renderlo al meglio.
Dove vuole parere il
mio intervento, da studioso e cultore di idiomi e linguaggi diversi, ho sempre
cercato di difendere la lingua che più mi appartiene, ma per essere al passo con
i tempi e difenderci da un mondo che procede e non consente ignoranze, bisogna
solo aumentare il numero delle nostre conoscenze. Si può anche negare
l’esistenza della globalizzazione, ma rimanerne esclusi non giova a nessuno.
Aumentare le conoscenze non è negare la nostra identità nazionale, l’importante
è non perdere quella, ma arricchirci di altre conoscenze.
Ma perché il
mio pensiero non rimanga sterile nel suo enunciato, vorrei mettere a
disposizione di chi vuole servirsene, alcune risorse disponibiò sul portale
“Molise città ideale” https://molisecittaideale.org , da me raccolte negli anni, per
accedere consapevolmente a mondi diversi e paralleli, spesso negati perché non
conosciuti.
Quando un fiume (neoliberismo) scorre e, nel suo andare a trovare il mare, porta con sé tutto quello che trova lungo il suo corso, soprattutto se in piena. Questa metafora, carissimo Antonio, mi serve, intanto per ringraziarti per l’attenzione che hai voluto dare alla nota da me pubblicata sul mio “blog”, e, per dire anche, che è la violenza della piena che mi fa paura e non accetto, visto che è solo distruzione. So che, dopo la piena, il fiume tornerà a scorrere normale. So, anche, che c’è da spalare perché, con il tempo dovuto, tutto torni come prima. Ecco come la bellezza di un fiume si trasforma in violenza e diventa paura! Posso assicurare, per un’esperienza da me vissuta 55 anni fa a Firenze, che è una paura che non passa mai, torna. Non è, per la verità, lo scambio delle parole che mi fa paura, ma l’esagerazione, l’abuso, il fine con il suo tentativo di voler cancellare la mia lingua, il luogo/i luoghi, la mia identità, come a non volermi far rendere conto della realtà e, ciò che è peggio, annullare la diversità.Un numero di tanti numeri utilizzati da quel micidiale calcolatore che è il denaro. Forse è per questo che, da un po’ di tempo, ho preso di nuovo a interessarmi del dialetto, il mio. Un filo possente che lega il presente al passato e, così, ho la possibilità di sognare il domani e sperare che sia migliore per le nuove generazioni.Grazie ancora e buona serata a te e agli amici tutti di Molise, città ideale.Pasquale
Il domenica 14 novembre 2021, 09:55:22 CET, Fioravante Vignone <fioravante.vignone@gmail.com> ha scritto: Antonio è nel vero ma Pasquale è nel giusto, almeno per chi osserva gli eventi e i cambiamenti con gli occhi di chi ha visto la piena dell'Arno e ne ha memoria.
Con un profondo senso di tristezza e rassegnazione, devo confessarti dall’intimo del mio animo che probabilmente hai ragione, forse non ci sono soluzioni a termine che impediscano queste minacciose e inarrestabili dinamiche. Con un flebile e visionario ottimismo sento però che bisogna contrastarle, sia pure senza speranza. Grazie comunque Pasquale per la sollecitazione… facciamo qualcosa di buono per noi e per il nostro amatissimo Molise!
Antonio Giannandrea
A riguardo desidero riportare il pensiero di Francesco Sabatini
RispondiEliminaNon usate anglicismi o americanismi.
Non “lockdown” ma “chiusura”, non “triage” ma “smistamento”
non “smart working” ma “telelavoro”.
Amate la lingua italiana!
Francesco Sabatini, linguista e presidente onorario
dell’Accademia della Crusca
Nicola D’Ambrosio