L'Andalusia deve optare per uliveti intensivi, irrigati e sostenibili
L’apertura dell’articolo, quisubito dopo riportato, spiega che la quantità esasperata in agricoltura è vincente solo per poco tempo e nega il domani. Una scelta, l’oliveto intensivo, che vuol dire abbandono del super intensivo da parte di un territorio della Spagna che l’ha voluto e sfruttato fino ad ora con le sue tre varietà, e, imposto ad altri Paesi . Sempre più l’Italia, che della diffusione del superintensivo in Spagna ha pagato il prezzo più alto: da primo paese produttore è passato, lo scorso anno, ad essere terzo dopo Spagna e la Grecia, con il rischio che l’imminente raccolta lo porta a diventare quarto dopo la Tunisia, che prevede il raddoppio delle quantità di olive raccolte. Tutto grazie a chi ha avuto, ed ha, nelle mani questo straordinario comparto della nostra agricoltura (organizzazioni professionali e cooperative, Associazioni di produttori e degli industriali dell’olio), che hanno rinunciato a imporre, nel corso dei decenni, un piano olivicolo, dando spazio, soprattutto alla Spagna, che in pochi anni ci ha raggiunto, superato e distaccato. Un comparto, la nostra olivicoltura, fondamentale per i valori dei territori, la loro salvaguardia e tutela, e, per di più, unico al mondo per la ricchezza della biodiversità. Un patrimonio di 563 varietà, il doppio del resto del mondo, più – lo diciamo ai sostenitori nostrani (nella gran parte tecnici limitati di identità o condizionati), delle due o tre varietà spagnole di proprietà di multinazionali. L’Andalusia vuole, con la scelta dell’intensivo, “mantenere una visione strategica…con l’obiettivo di preservare la propria competenza a livello nazionale e internazionale”. In pratica non vuole rimanere, nel corso di qualche decennio, senza olivicoltura e suolo fertile, dopo aver sprecato ingenti quantità di acqua. Quell’acqua che, pensando al Molise, ha ancor più bisogno la confinante Puglia, dopo gli impianti di qualche migliaia di ettari di oliveti super intensivi, per mancanza di un Piano e di adeguate strategie.
Olimerca.- L'Andalusia deve mantenere una visione strategica e investire nell'ottimizzazione dell'olivicoltura con l'obiettivo di preservare la propria competenza a livello nazionale e internazionale. Lo rivela uno studio condotto da Juan Vilar Strategic Consultants, su iniziativa di Suez Agriculture, sull'olivicoltura in Andalusia, in cui ha analizzato la necessità di un modello irrigato, efficiente e sostenibile.
Secondo questo rapporto, la regione andalusa deve optare per una trasformazione dell'oliveto verso colture intensive, irrigate, sostenibili e più efficienti rispetto alle colture tradizionali. L'oliveto deve progredire, migliorando e modernizzando il lavoro agricolo al fine di ottenere la massima redditività dalle sue colture.
Egli sottolinea che si deve tener conto del fatto che le risorse idriche sono molto limitate in Andalusia, quindi devono essere gestite nel modo più efficiente possibile se si vuole aumentare la percentuale di olivicoltura irrigata.
La trasformazione dell'oliveto deve basarsi sull'equilibrio tra sostenibilità e beneficio economico degli agricoltori
Allo stesso modo, al fine di migliorare la sostenibilità e l'efficienza del settore olivicolo andaluso, il rapporto evidenzia che è necessario agire in modo pianificato e strategico, cercando di migliorare la produzione dell'oliveto applicando metodi più sostenibili e rispettosi dell'ambiente.
Per fare questo, devono essere valutate le condizioni e le caratteristiche dell'oliveto e devono essere applicati i metodi e le strategie più appropriate al terreno, poiché la sostenibilità nell'oliveto è essenziale se si deve garantire la sopravvivenza della coltura e del suo ambiente.
Un'altra conclusione di questo studio è che la trasformazione dell'uliveto deve essere basata sull'equilibrio tra sostenibilità e beneficio economico degli agricoltori, quindi la formazione degli agricoltori andalusi in pratiche più efficienti e rispettose dell'ambiente è di grande importanza per guidare correttamente la conversione delle loro aziende olivicole.
Infine, sottolinea che le istituzioni pubbliche dovrebbero sostenere e incoraggiare la trasformazione dell'oliveto per garantire che gli agricoltori effettuino la conversione. Inoltre, devono garantire che gli agricoltori guidino la trasformazione dell'oliveto verso aziende agricole rispettose dell'ambiente, sostenibili ed efficienti.
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