Perchè no al fotovoltaico su terreni agricoli

--------------------------------------------------------------------------------di LOREDANA PIETRONIRO----------------------------------------------------------------------------------- Produrre energia elettrica con l’uso di pannelli fotovoltaici è una pratica che si sta sempre più diffondendo, anche grazie a sostanziosi contributi, e alla quale non si può che guardare con favore, dal momento che si utilizza una fonte energetica inesauribile, il sole, e si contribuisce in modo sostanziale alla riduzione di emissione in atmosfera di gas serra. Accanto alla creazione di piccoli impianti localizzati sui tetti degli edifici, però, stanno ora iniziando a proliferare le richieste di autorizzazione alla creazione di impianti a terra, denominati un po’ eufemisticamente “parchi fotovoltaici”: si tratta di schiere di pannelli disposti in file parallele con adeguato orientamento, sopraelevati rispetto al piano di campagna. Il Molise non è esente da questo fenomeno, infatti sono state già presentate le richieste per impianti che occuperebbero superfici di diversi ettari su terreni fertili precedentemente adibiti a colture di pregio. Come “Biodistretto dei Laghi Frentani” abbiamo discusso e ci siamo confrontati con altre realtà interessate da progetti analoghi, giungendo alla conclusione che sia fondamentale dire un tassativo NO a tali realizzazioni, per molte ragioni, la prima delle quali è: perché occupare suolo agricolo per realizzare impianti che possono trovare spazio (e quanto!) su superfici già irrimediabilmente compromesse dal punto di vista naturale, come ad esempio i tetti dei capannoni? Chiediamo a gran voce di bloccare il consumo di suolo, per cui ribadiamo un chiaro no agli impianti fotovoltaici nei campi, suggerendo invece come impianti a terra si possono fare su aree già irrimediabilmente compromesse, come le discariche o le cave esaurite. Il motivo fondamentale della nostra posizione nettamente contraria è ovviamente che la creazione dei “parchi” comporta consumo di suolo (non così semplicemente restituibile alla natura o all’agricoltura ad esaurimento dell’impianto…), consumo di suolo che in definitiva presenta una contraddizione di fondo: quella di ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile consumando però un’altra risorsa non riproducibile, il suolo, che è una risorsa finita ed è il risultato di un processo lento “pedogenesi” che dura migliaia di anni! Ci sono poi altre considerazioni da fare: • l’impatto sul paesaggio determinato da ettari di filari di pannelli è devastante, quando i pannelli sono integrati nei tetti l’impatto visivo è minimo e quello ambientale nullo; • il paesaggio agrario disegnato nei secoli dai contadini è una risorsa su cui stanno investendo le aziende agricole di giovani agricoltori che stanno creando una moderna ruralità mettendo a sistema tutto quello che il territorio può offrire in termini di cibo, paesaggio, natura e cultura del territorio creando percorsi enogastronomici, agriturismi, turismo rurale per rendere fruibile tanta bellezza e chi amministra ha il dovere di incentivare questi processi virtuosi difendendo il PAESAGGIO AGRARIO; • i contributi che vengono elargiti per promuovere giustamente la diffusione delle energie rinnovabili provengono da una quota che tutti paghiamo sulla bolletta elettrica (CIP6): sarebbe più giusto che venissero ripartiti in piccole quote per finanziare piccoli impianti familiari piuttosto che assorbiti da grandi impianti costruiti a scopo speculativo. E’ meglio dare come incentivo 1.000.000 euro/anno a beneficio di un’unica persona o 1.000 euro a mille famiglie? • la diffusione di piccoli impianti, nei quali le famiglie diventano produttrici di energia, stimola la consapevolezza dei propri consumi e l’acquisizione di stili di vita energeticamente sostenibili; • la creazione di grandi impianti su suoli agricoli, infine, non può che determinare un grave squilibrio nel mercato degli affitti agrari, dal momento che già ora l’affitto di un terreno per impianti fotovoltaici è notevolmente superiore a quello normale; • il territorio molisano è fortemente vocato a colture di qualità ed ha un forte potenziale in termini di turismo enogastronomico; • negli ultimi anni è aumentato molto l’export alimentare molisano per questo il suolo va difeso e lasciato all’agricoltura considerato pure che su molti di questi terreni ci sono stati investimenti pagati dalla comunità come gli impianti di irrigazione; • prendere coscienza che il paesaggio rurale e già di suo una risorsa e quindi la sua tutela dovrebbe diventare una strategia regionale prioritaria. Chiediamo quindi, che la Regione ed i singoli Comuni che hanno aderito al Biodistretto si esprimano con un netto no alla costruzione di qualsiasi parco fotovoltaico a terra che vada ad occupare suolo agricolo fertile e che si individuino altre forme adatte a favorire, da una parte la creazione di piccoli impianti familiari, dall’altra la realizzazione di impianti anche di grandi dimensioni su superfici già sfruttate per altri scopi, come tetti di capannoni, supermercati e centri commerciali, parcheggi e altri terreni già sottratti all’uso agricolo e impermeabilizzati. Suggeriamo infine che siano i Comuni a realizzare impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, magari con sistemi di raccolta di finanziamenti tra i cittadini: sarebbe un’interessante forma di partecipazione collettiva alla produzione di energia.

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