La Società della cura in piazza a Campobasso e in altre 30 città italiane

di redazione ILBENECOMUNE
Per chi vuole cambiare il mondo, il divieto di assembramenti, il fatto di non poter condividere in presenza riflessioni, analisi e pratiche, in definitiva la gran parte delle misure sanitarie adottate dai governi per contrastare la diffusione del virus, costituiscono un problema di non poco conto che aggrava il ritardo storico di chi subisce le ingiustizie di un sistema iniquo nei confronti di chi è privilegiato. Ieri pomeriggio, in più di 30 città italiane, La Società della cura, piattaforma di associazioni, collettivi e singoli, ha promosso una serie di mobilitazioni nelle piazze per rimettere al centro del dibattito pubblico la necessità di un cambio di paradigma nella gestione dei finanziamenti europei destinati alla ripresa. L’idea è quella di sostituire il piano redatto dal governo che favorisce ancora una volta i settori degli armamenti e dell’energia fossile, con un percorso partecipato e dal basso che ponga al centro del proprio agire il concetto di cura. Il documento alternativo ha preso il nome di Recovery Planet. Ieri, in piazza Prefettura a Campobasso, nel pomeriggio, diverse soggettività, tra cui l’Unione degli studenti, la “Casa del popolo” di Campobasso, la “Città invisibile” di Termoli, la “Città nuova” di Venafro, si sono radunate per dare vita ad un’assemblea pubblica sui temi della sanità, del lavoro e dei beni comuni. L’ha introdotta Antonio De Lellis coordinatore regionale di Attac Italia sottolineando che la vera causa della situazione drammatica che si è venuta a creare con l’inizio della pandemia è stata il de-finanziamento della sanità pubblica portato avanti negli ultimi 20 anni tanto dai governi di centro destra, tanto da quelli di segno opposto. È necessario – questo è il succo del suo intervento – sottrarre la sanità e gli altri beni comuni alla logica del profitto, primo passo verso una società della cura. Concetto ribadito anche da Italo Di Sabato, tra i fondatori della Casa del Popolo di Campobasso, che è andato ancora più a ritroso nella ricerca del punto di rottura, fino a individuare nella legge di riordino del Sistema sanitario approvata nel lontano ’92, che introduceva la trasformazione delle USL in aziende, il grimaldello utilizzato per scassare il Sistema sanitario pubblico. Questa deve essere l’occasione – ha detto Di Sabato – per mettere in discussione l’intero impianto delle politiche neoliberiste sulle quali, fino ad ora, in tutta Europa si sono basate le scelte dei governi nazionali. Biase D’Andrea, portavoce del comitato “Qui si muore SOS Molise”, tra gli organizzatori dell’iniziativa, ha presentato i punti salienti del Recovery planet. Il punto fondamentale – ha spiegato – è che lo Stato ritorni a svolgere la propria funzione programmatrice nell’ambito della vita pubblica. L’ideologia dello Stato minimo, dell’autoregolamentazione dei mercati e del primato dell’impresa privata ci ha sottratto gli strumenti necessari per affrontare un evento straordinario come questa pandemia, così come ha creato disoccupazione e nuove povertà, aggravando quelle già esistenti, senza contare i costi ambientali di una crescita economica fine a se stessa, slegata dai bisogni materiali delle persone. Il Recovery planet contiene alcune proposte come il piano straordinario di assunzioni nella pubblica amministrazione, come il Reddito universale garantito, che vanno nella direzione di un mondo più equo ma – ha concluso Biase – affinché queste richieste non rimangano delle semplici aspirazioni ideali c’è bisogno che vivano nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi della vita sociale reale, e quindi sappiano suscitare quella partecipazione dal basso indispensabile per cambiare le regole del gioco. Particolarmente significativo anche l’intervento di Italo Testa, rappresentante del Forum per la difesa della sanità pubblica di qualità del Molise. L’ex chirurgo del Cardelli, figura storica nell’ambito della sanità e della politica regionale, ha richiamato l’attenzione dei tanti presenti sul curioso dato che lega la regione più piccola d’Italia, il Molise, a quella più grande, la Lombardia, che è il tasso di mortalità, i più alti a livello nazionale. Ebbene – ha sottolineato Testa – stiamo parlando delle regioni che hanno subito di più in termini di privatizzazione del sistema sanitario. Togliere risorse alla sanità universale per arricchire gli imprenditori della sanità privata ha lasciato i cittadini molisani, così come quelli lombardi e di tante altre regioni, inermi e soli contro il nemico che imperversava.

Commenti

  1. Perfettamente d
    'accordo,non si è posta attenzione e finanziamenti né nella sanità né alla scuola.
    Senza contare gli scarsi finanziamenti per la ricerca.
    Tanti giovani se ne sono dovuti andare per trovare lavoro qualificato all'estero. Chi è rimasto è alle prese con stipendi ridicoli e contratti insoddosfacenti

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