Il coronavirus, la scuola e la ministra Azzolina
di Umberto
Berardo
Prime a chiudere in tutta Italia, le scuole saranno anche le ultime a riaprire solo a settembre.
Prime a chiudere in tutta Italia, le scuole saranno anche le ultime a riaprire solo a settembre.
Quando
l’attività didattica è stata sospesa a marzo, prima nelle regioni in cui la
pandemia era più diffusa e poi in tutto il Paese, era assolutamente necessario
che il ministro organizzasse un tavolo tecnico allargato con la presenza di
rappresentanti della dirigenza scolastica, dei docenti, degli studenti e dei
sindacati per valutare le decisioni da assumere rispetto alla grave diffusione
del Covid-19 che progressivamente, partendo dal Nord, stava interessando tutte
le regioni.
Questo non è accaduto;
dunque non si è avuta subito ovunque una didattica alternativa a quella con la
presenza degli alunni nelle aule scolastiche che oltretutto era chiaramente
comprensibile non si sarebbe potuta riattivare a breve.
I decreti di
chiusura temporanea si sono succeduti lasciando inizialmente gli studenti in
attesa.
Le scuole poi
progressivamente si sono organizzate con la didattica on line che tuttavia non
ha interessato sempre e ovunque tutte le discipline né è stata in grado di
raggiungere studenti non in possesso di un tablet, di un computer oppure non
coperti dalla rete telematica mentre sono mancati del tutto i supporti nelle
lezioni a distanza per i tanti alunni con disabilità per i quali solo di
recente la fondazione Agnelli ha proposto il progetto “Oltre le distanze”, un
corso di formazione per docenti tenuto dal 7 maggio su Youtube.
Una didattica in
video a distanza, per superare almeno inizialmente in parte tali difficoltà,
avrebbe potuto ad esempio sfruttare, contestualmente alle piattaforme digitali,
anche le emittenti televisive locali o nazionali, sebbene queste ultime non
possano consentire come le prime l’interattività tra docenti ed allievi.
La Rai ha
cercato di organizzare qualcosa in merito, ma certo non nella direzione di un
insegnamento in qualche maniera personalizzato o almeno rivolto ad alunni di classi
parallele dello stesso indirizzo scolastico.
È arduo
conoscere quale tipo di programmazione si stia conducendo in questi mesi nelle
diverse scuole di ogni ordine e grado, ma di sicuro è immaginabile che
difficoltà imponderabili impediscano di assicurare agli allievi una formazione
adeguata in tutte le discipline e in ogni caso tale da garantire loro
competenze per una frequenza serena dell’anno scolastico successivo.
Dobbiamo intanto
essere grati ai dirigenti, ai docenti e a tutto il personale scolastico per
essersi impegnati in questo lavoro didattico on line con tutte le
problematicità che impone il momento che viviamo.
Sulla base di
tali considerazioni sarebbe auspicabile un prolungamento eccezionale di quest’anno
scolastico con una riduzione delle vacanze estive per recuperare, ovviamente purtroppo
solo con la didattica on line, parte delle ore di lezione che si stanno
perdendo.
Fare tale
recupero ora con un’attività didattica il più possibile differenziata e
personalizzata è a nostro avviso più accettabile dai ragazzi che non a
settembre quando, situazione pandemica permettendo, si dovrà pensare a far
partire in maniera serena il nuovo anno scolastico.
Poiché in ogni
caso è nostra convinzione che una tecnologia digitale può solo integrare, ma
mai sostituire il lavoro didattico a scuola con le indispensabili relazioni
fisiche e umane tra docenti ed alunni, è del tutto evidente che, ove si
attenuassero talune difficoltà generate dal coronavirus, si dovrebbe
assolutamente pensare in settembre ad un ritorno dei ragazzi in aula per
riprendere il lavoro di ricerca culturale con la presenza in classe che è la
base indispensabile per garantire agli allievi una formazione ottimale basata
sulla guida personalizzata e diretta da parte dei docenti, sul confronto
dialettico e sull’esame critico di contenuti culturali e problemi umani.
Dovendo allora,
pur con tutte le precauzioni del caso atte a tutelare la salute dei ragazzi e
degli operatori scolastici, tornare necessariamente alle normali attività
didattiche, occorre studiare e trovare i sistemi migliori per arrivarci.
Per ora le
ipotesi per il rientro a scuola a settembre sono poche e del tutto aleatorie.
Quella dei doppi
turni ci pare senz’altro da escludere perché sarebbe impraticabile per diversi
ordini di motivazioni riguardanti il difficile utilizzo dei docenti e la
problematicità delle relazioni dei genitori con la tutela dei figli che
rimarrebbero a casa da soli mentre loro sono impegnati nell’attività
lavorativa.
Per la stessa
ragione a nostro avviso è da rifiutare l’utilizzo alternato su due turni,
mattutino e pomeridiano, di stessi edifici da parte di due istituti diversi perché
tale idea sarebbe ancora più difficile da realizzare.
In un’intervista
recente rilasciata ad un’emittente televisiva la ministra Azzolina ha avanzato
l’ipotesi che a settembre si possa attivare una didattica mista, con metà alunni
in classe e metà a casa collegati on line.
Tali gruppi
dovrebbero alternarsi settimanalmente per consentire la socializzazione e un
certo rapporto diretto con i docenti.
Una supposizione
come questa, che ancora rimanda ad una didattica on line troppo limitata sul
piano di un metodo pienamente ed efficacemente educativo, va sicuramente
accantonata per spostare l’attenzione verso soluzioni alternative.
Certo esse non
sono facili da cercare, ma tutti, senza alcuna presunzione di dare i rimedi
definitivi, abbiamo il dovere di suggerire quanto pensiamo possa aiutare chi
deve assumere le decisioni migliori per il bene della scuola quantomeno per muovere
il dibattito in merito.
Le
organizzazioni sindacali e l’Associazione Nazionale Presidi sono per un ritorno
in classe solo in assenza di rischi di contagio che non esistono solo a livello
logistico ma anche in quello dell’utilizzo dei mezzi di trasporto.
Indubbiamente
bisogna cercare l’assenza dei rischi e pericoli, ma ci chiediamo anche se si
può avere un altro anno sulla stessa falsariga di quello attuale che
significherebbe davvero creare un disastro culturale per i tanti studenti che
hanno la sorte di vivere in questo grave momento di pandemia.
Intanto a nostro
avviso occorre pensare e mettere in atto una ricognizione tecnica degli edifici
scolastici esistenti per verificare se, in base al numero degli alunni, vi
siano almeno in alcuni tra essi aule capaci di assicurare gli spazi adeguati a
dare la sicurezza delle distanze previste per tutelare la salute di tutti dai
pericoli del contagio da Covid-19.
Dove tali
garanzie non ci fossero, non rimane altra soluzione che trovare fondi economici
per utilizzare in maniera funzionale e più articolata i locali disponibili, ma
anche per cercare altre strutture edilizie esistenti o eventualmente costruirne
alcune agili in grado di gestire il normale funzionamento dell’anno scolastico,
destinandole poi eventualmente anche ad altri usi ove non servissero più per
quello iniziale.
Tra l’altro su
tutto il territorio nazionale esistono edifici già realizzati, ma rimasti
incompleti ed abbandonati perché non ritenuti più utili per l’uso previsto.
Anche a questi
si può pensare per risolvere almeno in parte il problema che abbiamo di fronte.
Siamo coscienti che si tratta di ipotesi difficili, ma non inattuabili
se solo pensiamo ai tempi celeri tenuti in diverse parti del mondo nella
realizzazione di strutture per contrastare l’avanzare della pandemia in atto.
Indiscutibilmente
hanno dei costi non indifferenti e certo sostenibili solo con eventuali fondi
europei, ma dobbiamo decidere quale relazione dev’esserci tra essi e la
finalità da raggiungere.
Ci auguriamo che
altre idee, magari meno costose e più attuabili, possano essere avanzate per
definire un percorso possibile, ma un dibattito in merito va promosso senza
ulteriori attese.
Il presupposto
per una soluzione adeguata è quello che la classe dirigente in Italia abbia
consapevolezza dell’importanza della tutela della salute e della necessità di
garantire alla cittadinanza una delle attività più importanti per la qualità
della vita che è quella dell’educazione e della ricerca culturale.
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