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Il mondo del vino italiano ha bisogno di una scossa per poter galoppare

di Pasquale Di Lena
Mondo Enoico 17/01/2020
Il mondo del vino italiano ha bisogno di una scossa per poter galoppare
Un mondo sempre più instabile anche per le notizie sul clima davvero preoccupanti, sia per la coltivazione della vite che per il mercato del vino

Sfoglio, dopo averla scaricata, la decima edizione dell’annuario statistico de Il Corriere Vinicolo, “Il Vino in cifre”, prodotto con la collaborazione dell’Associazione Italiana dei Sommelier e in partenership con l’Osservatorio del Vino. Un documento, come i precedenti, interessante.
Un insieme di numeri a rappresentare il quadro della vitivinicoltura mondiale e nazionale, che danno la possibilità di leggere i risultati delle scelte politiche ed economiche fatte negli anni passati, e. insieme, la possibilità di capire la situazione presente. Una situazione complessa, non facile, comunque importante per definire, a livello aziendale e istituzionale, le scelte da fare per il futuro della vitivinicoltura italiana. Un comparto, non da oggi, fondamentale per la nostra agricoltura e i tanti territori che, nella quasi totalità, hanno nei vini i loro principali testimoni.
La prima parte dell’annuario – quella che provo qui a sintetizzare - riporta il quadro della situazione della vite e del vino a livello mondiale, e, il dato che colpisce è il calo delle superfici (- 150 mila ettari) destinate alla coltivazione della vite nel periodo 2004-2018. Un periodo caratterizzato da una situazione di alti e bassi in quanto a livelli di produzione con una media di poco superiore ai 270 milioni di ettolitri, passando dai 285 milioni del 2004 ai 281 del 2018.
Un calo di superfici e di produzione, soprattutto nei paesi tradizionali produttori, proprio nel momento in cui crescono i consumi di alcolici, soprattutto nel primo decennio del nuovo secolo, in particolare quelli della birra (+2,9% nel periodo 2003- 2010 e + 0,4% nel periodo 2011-2018), sulla spinta di quella a basso contenuto alcolico, e, quello del sidro (rispettivamente del 6,1 e del 3,2%). Anche i consumi del vino crescono dell’1,4 e dello 0,6% per i periodi prima considerati, soprattutto sulla spinta degli spumanti..
Nella ripartizione dei consumi di prodotti alcolici, il vino la fa da padrone con il 77%, un dato stabile dal 2013 al 2018. E per quanto riguarda il colore sono i vini rossi quelli più consumati (54%, per un totale di 120 milioni di ettolitri), seguiti dai bianchi (37%, per un totale di 84 milioni di ettolitri) e dai rosati (9%, per un totale di 21 milioni di ettolitri), per complessivi 225 milioni di ettolitri consumati nel 2018, ai quali bisogna aggiungere i 21 milioni di ettolitri di spumanti.
Fino al 2013 l’Italia ha comandato la classifica dei paesi più consumatori di vino, per poi cedere il primato agli Usa, e, ultimamente, anche il secondo posto alla Francia. Mentre, per gli spumanti, sono i cittadini della Germania i più grandi bevitori, con la Francia e L’Italia che seguono a distanza.
Sempre più sono i vini confezionati quelli che animano il mercato mondiale, visto che dai 15 milioni di ettolitri del 2004 si è passati ai 27 mln di hl. del 2018. Seguono gli spumanti che hanno più che raddoppiato i quantitativi nello stesso periodo prima considerato, da 3 a 7 milioni di ettolitri.
Il valore dei vini commercializzati nel mondo passa dai 18 miliardi di dollari nel 2009 ai 25,9 miliardi di dollari nel 2018, con la Francia che incassa, in quest’ultimo anno considerato, quasi 7 miliardi di dollari. Due in più dell’Italia che pur esporta maggiori quantitativi di vino.
Basta questo dato per spiegare, più di ogni altro, il valore e il significato della strategia di marketing che la Francia si è sempre data, a differenza dell’Italia. Una strategia che, con la cura dell’immagine e del racconto, ha portato e porta il consumatore a pagare i vini francesi un prezzo più alto di quello italiano.
La Sopexa, l’istituzione francese che si occupa del mercato, non ha mai smesso di lavorare, anzi ha rafforzato la sua azione di fronte a un mercato globale animato da nuovi consumatori (potenzialmente alcuni miliardi!), sempre più concorrenziale e complicato, a differenza del nostro Paese che, in mancanza di strutture, strumenti, politiche di comunicazione, naviga a vista e si affida all’arte dell’improvvisazione.
In questo senso meravigliano ancor di più i risultati positivi e le buone notizie che arrivano da un mercato sempre più globale per i nostri vini e il nostro cibo.
Leggendo i dati dell’importazione di vino in Canada, in continua crescita, e il successo che ill vino italiano in questo grande paese, ripenso al ruolo svolto, a cavallo degli anni ‘80/’90, dall’Ente Mostra Vini – Enoteca Italiana di Siena, con azioni promozionali costanti che hanno contribuito a far crescere i quantitativi del vino italiano, soprattutto Doc e docg, dal 7% nel 1986 a oltre il 30% nella metà degli anni ’90.
La mancanza di una programmazione e di una strategia di marketing è la dimostrazione della scarsa attenzione del nostro paese, a tutti i livelli, per la promozione e valorizzazione dei nostri vini e dell’agroalimentare in generale. In questo modo si spreca denaro e, in più, non si sfruttano le enormi potenzialità che il nostro paese ha con i suoi tanti tesori, l’enogastronomia in particolare.
Tornando alla situazione del commercio mondiale vediamo che gli Usa sono il paese che, dal 2010, importa vino più di ogni altro per un valore pari a 4,5 miliardi di dollari nel 2018. Segue la Cina con 2,5 miliardi di dollari, con un balzo del 38% nel periodo 2009-2013 e del 17% in quello de 2014-2018, superiore a quello della Russia (+21%) e di Hong Kong (+18%) nel periodo 2009-2013 e dello stesso Canada (+8%) che sta per raggiungere la Germania al 4° posto dei paesi importatori subito dopo la UK.
Chiudo questa parte del mercato con i dati riferiti alla percentuale del valore del nostro vino per i principali paesi che lo importano: Usa 26%; Germania 18%, UK 9%; Canada 7%, Svizzera 6%, il resto del mondo 34%.
Tanti dati che, vista la situazione politico-economica del momento, possono cambiarie, e in profondità, con i venti di guerra che soffiano da ogni parte, nel Mediterraneo in particolare; la decisione dei dazi di Trump negli Usa e l’uscita dall’Europa dell’Inghilterra dopo la Brexit. Un mondo sempre più instabile anche per le notizie sul clima davvero preoccupanti, sia per la coltivazione della vite che per il mercato del vino.
Serve, con i dati alla mano messi a disposizione dal Corriere vinicolo con il suo “Vino in cifre”, ragionare e non distrarsi per non perdere nemmeno una delle opportunità che il mercato mette a disposizione dei produttori e delle istituzioni.


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