Dati su cui riflettere
di
Umberto Berardo
Chi ha un po' di memoria storica sa bene che i processi migratori sono stati sempre parte dell'esistenza umana alla ricerca delle migliori condizioni di vita e si sono verificati attraverso azioni violente di conquista o con movimenti pacifici molto spesso ostacolati da Stati cui i migranti chiedevano accoglienza.
Dopo i tanti allarmi di forze xenofobe che in Italia hanno diffuso per anni una falsa percezione di invasione con pesanti discriminazioni sull'accettazione unicamente per africani dalla pelle nera l'ISTAT ci dice che nel 2018 i flussi immigratori in Italia dai Paesi esteri, pur mantenendo una certa consistenza, sono diminuiti soprattutto per il calo del 17% dall'Africa centrale.
In ogni caso il tasso d'immigrazione da noi nel 2018 è stato pari a 4,7 stranieri ogni mille abitanti con una popolazione di cittadini stranieri pari a 5,1 milioni, solo per un quinto provenienti dall'Africa, che rappresentano l'8,5% del totale dei residenti.
Per numero d'immigrati in Europa veniamo dopo la Germania che ne conta 9,2 milioni e il Regno Unito con 6,1 milioni.
A fronte di tali dati che, si comprende, non hanno nulla di così catastrofico, come taluni vorrebbero farci credere, abbiamo avuto 816.000 italiani che negli ultimi dieci anni si sono trasferiti all'estero prevalentemente in Regno Unito, Germania, Francia, Brasile, Svizzera, Irlanda,Spagna, Australia, Canada ed Emirati Arabi.
Tra essi 250.000 sono giovani dei quali il 53% di quelli partiti nel 2018 è in possesso di un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado o di una laurea.
In valore assoluto le regioni che perdono più abitanti sono Lombardia, Veneto e Sicilia mentre in termini relativi, rispetto alla popolazione residente, le regioni con il tasso di emigrazione più elevata sono Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta rispettivamente con il 4 e il 3 per mille.
Nel 2018 il fenomeno si è accentuato soprattutto nel Mezzogiorno che vede percentuali consistenti della propria popolazione muoversi verso l'estero o le regioni settentrionali.
Una piccola regione come il Molise con i suoi 308.493 abitanti nel 2018 ne ha visto andare via 762.
Perfino molti stranieri, divenuti poi italiani, stanno spostando la loro residenza all'estero.
Soprattutto i giovani, pur di avere un'accettabile qualità della vita, dimostrano di essere sempre più disposti a muoversi e cambiare anche più volte destinazione e luogo di residenza.
Le ragioni di questa nuova emigrazione sono le più disparate e possono essere ricercate nell'alto tasso di disoccupazione esistente in Italia, in una promozione di carriera o in un'opportunità lavorativa più gratificante di quella già posseduta.
Soprattutto i giovani sono delusi da un Paese la cui economia appare bloccata nella crescita in tutti i settori.
In alcuni arretriamo, in taluni sembriamo non avere più alcuna spinta sul piano dell'innovazione mentre in altri addirittura siamo ancora assenti non riuscendo neanche ad immaginare le nuove professioni che si affacciano all'orizzonte.
Oltretutto un'emigrazione di giovani generazioni invecchia il Paese con forti ripercussioni economiche negative nell'attività lavorativa, lo priva d'importanti risorse intellettuali mentre importiamo manodopera sempre meno qualificata.
In effetti prepariamo soggetti intellettualmente validi e poi finiamo per regalarne la professionalità ad altre nazioni la cui economia ne trarrà un sicuro vantaggio.
La Fondazione Leone Moressa nel suo nono rapporto annuale sottolinea che questo fenomeno crea per l'Italia un danno di circa sedici miliardi di euro pari al valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero determinare se la loro attività creativa nel lavoro fosse impiegata nel nostro Paese.
La dimostrazione di quanto stiamo sostenendo ci viene dal volume "OLTRE IL BUSINESS" di Maurizio Mastrangelo, Marco Giannantonio e Fabrizio Giorgilli edito da RUBBETTINO che sarà presentato a Campobasso alla Fondazione Molise Cultura venerdì 27 dicembre alle ore 17,00.
È l'esperienza di giovani molisani che hanno dovuto lasciare l'Italia per fare impresa in Irlanda a Dublino.
Cedendo risorse intellettuali qualificate il nostro Paese, ma soprattutto il Mezzogiorno non potranno che peggiorare il differenziale economico con gli altri Stati impoverendo sempre di più le proprie popolazioni.
L'emigrazione diventa talora una condizione di vita, ma non è difficile distinguere in casi in cui essa è una scelta da quelli in cui diventa solo una necessità subita.
Sicuramente le classi dirigenti di uno Stato devono cercare tutte le condizioni favorevoli ad uno sviluppo organico e razionale dell'economia che consenta ai cittadini di vivere nel luogo che più loro aggrada, ma devono anche maturare una mentalità di profonda condivisione dei beni di questa Terra che porti ciascuno all'accoglienza e all'integrazione nel proprio Paese di quanti sono costretti ad emigrare in una condizione di profonda necessità di tipo politico, economico o sociale.
In questa direzione le pratiche economiche e commerciali di Trump, la Brexit del Regno Unito e le posizioni parafasciste e xenofobe di alcuni Stati dell'Unione Europea creano davvero molti problemi che occorrerà sforzarsi di superare con un'attenta opera di confronto e di trattative politiche nella direzione della promozione della vita e della dignità di ogni essere umano.
L'ultimo
rapporto ISTAT sui fenomeni migratori in Italia presenta numeri su cui è
necessaria una grande riflessione soprattutto per quanti intendono operare
attivamente nel trovare soluzioni ad un'equa integrazione e distribuzione della
popolazione nei Paesi più interessati a tali eventi.
Chi ha un po' di memoria storica sa bene che i processi migratori sono stati sempre parte dell'esistenza umana alla ricerca delle migliori condizioni di vita e si sono verificati attraverso azioni violente di conquista o con movimenti pacifici molto spesso ostacolati da Stati cui i migranti chiedevano accoglienza.
Dopo i tanti allarmi di forze xenofobe che in Italia hanno diffuso per anni una falsa percezione di invasione con pesanti discriminazioni sull'accettazione unicamente per africani dalla pelle nera l'ISTAT ci dice che nel 2018 i flussi immigratori in Italia dai Paesi esteri, pur mantenendo una certa consistenza, sono diminuiti soprattutto per il calo del 17% dall'Africa centrale.
In ogni caso il tasso d'immigrazione da noi nel 2018 è stato pari a 4,7 stranieri ogni mille abitanti con una popolazione di cittadini stranieri pari a 5,1 milioni, solo per un quinto provenienti dall'Africa, che rappresentano l'8,5% del totale dei residenti.
Per numero d'immigrati in Europa veniamo dopo la Germania che ne conta 9,2 milioni e il Regno Unito con 6,1 milioni.
A fronte di tali dati che, si comprende, non hanno nulla di così catastrofico, come taluni vorrebbero farci credere, abbiamo avuto 816.000 italiani che negli ultimi dieci anni si sono trasferiti all'estero prevalentemente in Regno Unito, Germania, Francia, Brasile, Svizzera, Irlanda,Spagna, Australia, Canada ed Emirati Arabi.
Tra essi 250.000 sono giovani dei quali il 53% di quelli partiti nel 2018 è in possesso di un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado o di una laurea.
In valore assoluto le regioni che perdono più abitanti sono Lombardia, Veneto e Sicilia mentre in termini relativi, rispetto alla popolazione residente, le regioni con il tasso di emigrazione più elevata sono Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta rispettivamente con il 4 e il 3 per mille.
Nel 2018 il fenomeno si è accentuato soprattutto nel Mezzogiorno che vede percentuali consistenti della propria popolazione muoversi verso l'estero o le regioni settentrionali.
Una piccola regione come il Molise con i suoi 308.493 abitanti nel 2018 ne ha visto andare via 762.
Perfino molti stranieri, divenuti poi italiani, stanno spostando la loro residenza all'estero.
Soprattutto i giovani, pur di avere un'accettabile qualità della vita, dimostrano di essere sempre più disposti a muoversi e cambiare anche più volte destinazione e luogo di residenza.
Le ragioni di questa nuova emigrazione sono le più disparate e possono essere ricercate nell'alto tasso di disoccupazione esistente in Italia, in una promozione di carriera o in un'opportunità lavorativa più gratificante di quella già posseduta.
Soprattutto i giovani sono delusi da un Paese la cui economia appare bloccata nella crescita in tutti i settori.
In alcuni arretriamo, in taluni sembriamo non avere più alcuna spinta sul piano dell'innovazione mentre in altri addirittura siamo ancora assenti non riuscendo neanche ad immaginare le nuove professioni che si affacciano all'orizzonte.
Oltretutto un'emigrazione di giovani generazioni invecchia il Paese con forti ripercussioni economiche negative nell'attività lavorativa, lo priva d'importanti risorse intellettuali mentre importiamo manodopera sempre meno qualificata.
In effetti prepariamo soggetti intellettualmente validi e poi finiamo per regalarne la professionalità ad altre nazioni la cui economia ne trarrà un sicuro vantaggio.
La Fondazione Leone Moressa nel suo nono rapporto annuale sottolinea che questo fenomeno crea per l'Italia un danno di circa sedici miliardi di euro pari al valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero determinare se la loro attività creativa nel lavoro fosse impiegata nel nostro Paese.
La dimostrazione di quanto stiamo sostenendo ci viene dal volume "OLTRE IL BUSINESS" di Maurizio Mastrangelo, Marco Giannantonio e Fabrizio Giorgilli edito da RUBBETTINO che sarà presentato a Campobasso alla Fondazione Molise Cultura venerdì 27 dicembre alle ore 17,00.
È l'esperienza di giovani molisani che hanno dovuto lasciare l'Italia per fare impresa in Irlanda a Dublino.
Cedendo risorse intellettuali qualificate il nostro Paese, ma soprattutto il Mezzogiorno non potranno che peggiorare il differenziale economico con gli altri Stati impoverendo sempre di più le proprie popolazioni.
L'emigrazione diventa talora una condizione di vita, ma non è difficile distinguere in casi in cui essa è una scelta da quelli in cui diventa solo una necessità subita.
Sicuramente le classi dirigenti di uno Stato devono cercare tutte le condizioni favorevoli ad uno sviluppo organico e razionale dell'economia che consenta ai cittadini di vivere nel luogo che più loro aggrada, ma devono anche maturare una mentalità di profonda condivisione dei beni di questa Terra che porti ciascuno all'accoglienza e all'integrazione nel proprio Paese di quanti sono costretti ad emigrare in una condizione di profonda necessità di tipo politico, economico o sociale.
In questa direzione le pratiche economiche e commerciali di Trump, la Brexit del Regno Unito e le posizioni parafasciste e xenofobe di alcuni Stati dell'Unione Europea creano davvero molti problemi che occorrerà sforzarsi di superare con un'attenta opera di confronto e di trattative politiche nella direzione della promozione della vita e della dignità di ogni essere umano.
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