Ricostruire un ideale di umanità
di
Umberto Berardo
Negli anni settanta sulla spinta del movimento politico del '68 e dell'autunno caldo, anche grazie ad un certo benessere sempre più condiviso da fasce progressivamente più ampie della popolazione, si faceva strada con sempre maggiore convinzione l'idea di poter realizzare nella società l'idea di eguaglianza e nascevano spinte forti di rivendicazione dei diritti collettivi miranti al cosiddetto "bene comune".
Negli anni settanta sulla spinta del movimento politico del '68 e dell'autunno caldo, anche grazie ad un certo benessere sempre più condiviso da fasce progressivamente più ampie della popolazione, si faceva strada con sempre maggiore convinzione l'idea di poter realizzare nella società l'idea di eguaglianza e nascevano spinte forti di rivendicazione dei diritti collettivi miranti al cosiddetto "bene comune".
Ci
sono esseri umani per i quali i sentimenti di solidarietà per il prossimo sono
profondi, unici e sempre inattaccabili; in altri invece mutano in ragione di
situazioni storiche o contingenti.
Oggi
non siamo proprio tornati ovunque all'istinto di sopraffazione degli esseri
umani sui propri simili espresso efficacemente da Plauto in
"Asinaria" con "homo
homini lupus" (l'uomo è lupo per l'altro uomo) e poi da T. Hobbes con
"bellum omnium contra omnes"(la
guerra di tutti contro tutti), ma sicuramente la globalizzazione, la
finanziarizzazione dell'economia e un neoliberismo sempre più selvaggio e
disumano stanno riducendo il valore della solidarietà e della condivisione
facendo riemergere in modo preoccupante istinti di difesa individualistica della
propria condizione economica e sociale discriminando chiunque sia di ostacolo
al suo mantenimento.
Di
fronte alla precarizzazione delle condizioni di vita sul piano della sicurezza
del lavoro e della sua retribuzione il ceto medio ma anche gran parte dei
lavoratori, non più supportati dalle forze politiche progressiste e soprattutto
della Sinistra, hanno lasciato la logica delle lotte sociali per le
rivendicazioni dei diritti comuni per scegliere la strada dei conflitti astiosi
verso i detentori di privilegi innescando anche forti ostilità nei confronti
dei poveri e degli immigrati colpevoli a loro dire di mettere a repentaglio le
sicurezze esistenti con l'abbassamento delle condizioni di lavoro e della sua
retribuzione.
È
certo che, come sostiene giustamente Ritanna Armeni, l'egoismo è figlio della
paura ingenerata dai cambiamenti di un'economia non più regolamentata e
orientata appunto verso logiche di equità e condivisione.
I
disagi e i timori per sé e per le nuove generazioni che crescevano nelle classi
disagiate e che avevano bisogno di
essere superati con politiche economiche e sociali di forte solidarietà sono
stati ignorati dalla Sinistra e, alimentati da una propaganda di destra che
affonda nella disperazione dei più, hanno creato l'astio xenofobo che oggi si
manifesta soprattutto nei confronti degli immigrati, colpevoli per forze
politiche parafasciste italiane ed europee di alimentare una concorrenza sleale
nel mercato del lavoro.
La
stessa Unione Europea con le sue politiche di austerità non è in grado di
uscire dal guado della recessione e di migliorare le condizioni di vita al suo
interno avendo accettato tutti i sistemi della globalizzazione a partire dai
più disastrosi come la delocalizzazione, la precarizzazione e l'insicurezza nel
mercato del lavoro.
Le
logiche dei muri e del filo spinato di alcuni Paesi di Visegrad sono tollerate
né si è in grado di definire una politica accettabile sul tema
dell'immigrazione.
Una
popolazione come quella italiana, sempre aperta in passato all'accoglienza e
all'integrazione, sembra incattivita nei confronti degli ultimi, dei diversi e
degli immigrati e oltretutto senza più lo spirito critico per andare alle origini vere del disagio sociale
che risiede nei paradigmi assurdi della distribuzione dei beni naturali,
sociali ed economici.
In
Italia una certa politica fa immissioni di paura e poi prospetta pseudo
antidoti alla stessa con una disumanità fatta legge con il decreto sicurezza
bis.
Dopo
la sua approvazione torna alla mente ciò che scriveva Soren Kierkegaard :
"la nave è ormai in mano al cuoco di
bordo e ciò che trasmette il microfono del comandante non è più la rotta, ma
ciò che mangeremo domani".
Dopo
un anno politico burrascoso del governo giallo-verde forse i passeggeri confusi
hanno l'urgente necessità di liberare quella nave da avventurieri pericolosi
per una convivenza democratica e rispettosa dei diritti di tutti.
Sui
pregiudizi etnico-razziali, usati cinicamente dalla Destra per cercare consenso
elettorale e potere, si è occupato nel 2018 con grande acume politico il
sociologo Stefano Allievi nel volume "Immigrazione: cambiare tutto"
edito da Laterza condensato poi nel pamphlet "5 cose che tutti dovremmo
sapere sull'immigrazione (e una da fare)" sempre per Laterza.
Il
dato da cui parte l'autore è quello relativo all'Italia nel 2017 con 119.000
immigrati e 200.000 emigrati.
È
un elemento che dovrebbe farci capire come i movimenti migratori sono multi
direzionali e circolari, come sempre è avvenuto nella storia, e prendono la via
che conduce dai territori del disagio e della povertà verso quelli dello
sviluppo economico e della salvezza per l'esistenza di chi vive situazioni di
vita inaccettabili.
È
chiaro nel saggio l'invito per i Paesi europei ad occuparsi delle cause del
fenomeno piuttosto che delle sole conseguenze che muovono masse di diseredati
da un continente come l'Africa dove nel 2050 gli abitanti arriveranno a un
miliardo e settecento milioni.
Molti
anni fa già padre Ernesto Balducci avvertiva che l'esodo dei poveri dalla fame,
dalle guerre, dalle ingiustizie, dalle persecuzioni e dalle emarginazioni è
assolutamente inarrestabile.
Stefano
Allievi fa ancora riflettere sulla profonda diseguaglianza nella libertà di
movimento e circolazione che esiste tra gli esseri umani a seconda dello Stato
in cui si è nati; fa rilevare allora a mo' di esempio come un italiano ha la
libertà di andare in 162 Paesi, mentre un afgano in appena 30 Paesi.
Chiudere
gli accessi regolari, come ormai dagli anni '70 del secolo scorso stanno
facendo tutti gli Stati europei regalando così agli affaristi e alle mafie
l'immigrazione irregolare, è stato sicuramente un errore politico macroscopico
che oltretutto ha determinato quasi 35.000 morti in vent'anni nel Mediterraneo.
La
svolta sta nell'uscire dalla percezione distorta sul fenomeno che è stata
creata ad arte da taluni e, come sostiene Allevi, "riaprire i canali di immigrazione regolari"; infatti aggiunge
"I flussi migratori sono, come tali,
regolabili e canalizzabili, almeno in buona misura proprio come accade per il
flusso dei fiumi. Sta a noi decidere se lasciarli alla mercé dei nuovi
schiavisti o assumerci la responsabilità di affrontare i problemi per provare,
finalmente, a risolverli. Nell'interesse nostro e di tutti".
È
l'unico modo per togliere agli avventurieri i canali irregolari e modulare i
movimenti in ragione dei bisogni dei migranti e delle necessità dei Paesi
ospitanti.
Solo
così si può ricostruire un ideale di umanità che non viva di esclusioni, ma d'integrazione
e convivenza pacifica e regolamentata tra diverse etnie.
La
politica fin qui è stata assente o ha cercato soluzioni impraticabili e
disumane.
È
giunto il momento di elaborare forme nuove e razionali di gestione del
fenomeno.
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