LA TINTILIA, IL VINO TESTIMONE DEL MOLISE

La Tintilia, 
questo vino molisano al femminile, come la Barbera del Piemonte, ha dimostrato, da quando è stato chiamato a svolgere il ruolo di testimone di un territorio vocato
alla vitivinicoltura, di saper interpretare magnificamente il ruolo che gli è stato affidato

OINOS 

SPAzIO lIBERO

di pasquale di lena

Prima   con   l’inserimento,   nel   1988, nella Doc “Molise o del Molise”, come no  dei  19  tipi  di  vino  inseriti  in  quel disciplinare   e,   in   modo   più   deciso e  autorevole,  quando,  nel  2011,  ha avuto  la  piena  fiducia  dei  produttori e  delle  istituzioni  col  riconoscimento, tutto suo, Doc “Tintilia del Molise”.
 Un testmone attento, vero, che riesce col uo  minuto  grappolo  di  pochi  acini,per  di  più  piccoli,  a  esprimere  tutti 
i caratteri propri di una terra generosa, ospitale,   riservata,   ricca   di   storia   e cultura,  paesaggi  e  antiche  tradizioni, qual  è  quella  molisana.  
Un  recupero non  facile  il  suo,  visto  che  la  coltivazione era stata abbandonata, ridotta a pochi tralci di qualche vigna sparsa sul suo  territorio  elettivo,  quello  intorno  a Campobasso,  tra  Ferrazzano  e  Colle d’Anchise,   Cercemaggiore   e   Ripalimosani.  
Un  abbandono  lento  ma  deciso, che è partito subito dopo gli anni sessanta  con  l’avvio  della  viticoltura, voluta  e  promossa  dall’Ente  riforma, pensata  e  realizzata  sulle  dolci  colline che  guardano  l’Adriatico,  come  prolungamento  del  vigneto  dell’Abruzzo, in  quel  tempo  quasi  tutto  a  tendone.
È  la  quantità  di  quella  viticoltura  -  si parlava  anche  di  400  quintali  a  ettaro  d’uva  -  che  riduce  a  poca  cosa  la Tintilia e la realtà vitivinicola del Molise interno e alto. Una concorrenza, quella del “Montepulciano” e del “Trebbiano”,
impossibile  da  sostenere  per  le  vigne di  “Moscato”  e  di  “Tintilia”,  anche  in mancanza   di   un’immagine,   se   non quella   che   solo   il   territorio   d’origine conosceva.  
Dal  rischio  di  scomparire ai  successi  che  vive  oggi  con  riconoscimenti  e  medaglie  conquistate  nei più importanti concorsi, e, soprattutto, con la crescita d’attenzione e fidelizzazione da parte del consumatore italiano e del mondo. La “Tintilia del Molise”
si trova sempre più a fianco di altri vini doc e docg che il mondo conosce e,in attesa di salire sul gradino più alto,
quello  della  docg,  ha  tutto  per  diventare, con gli altri 75 eletti, ancor più un protagonista dell’immagine della qua-
lità  e  diversità  dei  nostri  vini.  

Non  è  il frutto di una moda, ma il risultato di un impegno  che,  nella  fase  del  racconto e  del  recupero,  vede  insieme  enti  e istituzioni, quali l’Università del Molise, l’Ente  Regionale  di  Sviluppo  Agricolo, le Camere di Commercio, le due Pro-
vincie di Campobasso e Isernia e, non per  caso,  l’Enoteca  Italiana  di  Siena, col suo presidente e segretario gene-
rale, accompagnati da un gran comunicatore che sposerà il Molise e la sua Tintilia, Ro Marcenaro. Quale testimone  
dell’incontro  dei  rappresentanti  di  questi enti nell’allora noto ristorante di Ferrazzano, ”Da Emilio”, ricordo l’entu-
siasmo e la gioia dei commensali dopo l’assaggio di una Tintilia che da tempo dormiva  nella  sottostante  cantina.  Un entusiasmo  che  si  diffuse  all’esterno e che, nel ricordo del grande vino del
luogo, coinvolse, insieme ai pochi produttori rimasti, altri personaggi.

 Non so se  è  stato  quello  l’inizio  del  recupero.
So per certo che si è ricominciato, allora,  agli  inizi  anni  Novanta,  a  parlare della Tintilia e, poco tempo dopo, si è
venuto  a  sapere  delle  prove  di  microvinificazione  conservo ben 2 bottiglie della prima Tintilia vinificata, realizzate dall’Ente  di  Sviluppo  con  la  collaborazione dell’Università, - e dell’impegno dell’agronomo  Michele  Tanno  nella  ricerca delle vigne rimaste.
 Un recupero reso  possibile  dalla  scelta,  suggerita da   Gaspero   Di   Lisa,   ex   sindaco   di Roccavivara,  in  occasione  della  pubblica  audizione  indetta  dal  Comitato Nazionale Vini,  allora   presieduto   dal   Senatore Riccardo  Margheriti,  per  il  riconoscimento della Doc “Molise o del Molise”.

Una  scelta  decisiva,  quella  di  vigne coltivate  al  di  sopra  dei  200  m.s.l.m.,
inserita  nel  disciplinare  di  produzione, che ha dato al vitigno Tintilia la possibilità di tornare a vivere e, senza più la
concorrenza, a espandersi  dove era arrivato 2 secoli prima e si era ambientata. Vino “tinto” per il suo color rosso
acceso  o  per  la  sua  facilità  di  tingere (“tegne” in dialetto molisano), sporcare la  tavola.  
Vino  noto  in  Francia  come “Tenturier d’Espagne”, tanto da essere inserito nel gruppo delle tintorie, ed è,
non a caso, merito dei francesi, nel periodo  del  dominio  napoleonico,  dopo la  cacciata  dei  Borboni,  la  sua  intro-
duzione,  agli  inizi  dell’Ottocento,  nel Regno  di  Napoli  e  nella  Provincia  del Molise, allora la più vitata. 

Se è questa la storia del recupero di un grande vino ricavato da uve di un vitigno di chiara
origine spagnola, quella del successo che la Tintilia vive oggi, nel suo territorio d’elezione e sui mercati del mondo,
è  merito  della  fiducia  e  capacità  dei vitivinicoltori  molisani  che  hanno  dato l’anima  a  questo  loro  vino.  È  grazie
all’impegno  dei  produttori,  sostenuto dalla Regione, che oggi i pochi tralci rimasti agli inizi degli anni Novanta si so-
no, nel tempo di quasi 5 lustri, trasformati in una vigna grande 100 ettari, col vino  Tintilia  che,  insieme  con  la  Dop
“Molise” olio extravergine, è diventato il  testimone  principe  di  una  Regione, tutt’ora  e  per  fortuna,  agricola  e  dalla
diffusa ruralità, famosa nel mondo  per la qualità della sua pasta. 

Un testimone che ha splendidi compagni di viaggio nelle altre 3 Doc (Biferno, Pentro o Pentro d’Isernia e Molise o del Molise) e 2 Igt riferite al vino (Osco o degli Osci e Rotae), nelle altre 4 Dop (caciocavallo silano, mozzarella e ricotta di bufala, salamino all’italiana), nella Igp vitellone

bianco  dell’Appennino  centrale.  

Grazie al patrimonio di biodiversità, ci sono, coi 159 prodotti tradizionali inseriti nell’elenco  del  Mipaaf,  altri  potenziali testimoni  del  territorio,  una  volta  riconosciuti a indicazione geografica, dop o  igp.  Penso  subito  al Tartufo e a  quel  boccone di  carne  e  grasso  di  maiale,  tinto  di rosso   da   peperone   e   peperoncino, dolce o piccante, e che sa di aglio, la "Pampanella di San Martino in Pensilis"; all’insaccato  che  non  si  taglia  ma  si scava,  la  "Ventricina  di  Montenero  di Bisaccia"; al delicato sospiro che dona una  "Stracciata di Agnone o di Capracotta";  alla  delicata  dolcezza  dell’"Ostia di  Agnone";  alla  bontà  del  “pane”  impastato  con  farina  di  grani  antichi;  ai "Fagioli  di  Acquaviva  d’Isernia";  al  mais "Agostinello”, fonte di polenta speciale e  di  una  pizza  cotta  sotto  la  coppa che  vita a un piatto povero pizz’e foje”, ma ricco di sapori. 

A parte l’ostia e  la  stracciata,  tutti  prodotti  che  ben si adattano a un vino rosso rubino dai riflessi violacei, dai bei sentori di frutta rossa, ricco di tannini, con note di spezie, dal gusto pieno e persistente, qual è appunto la Tintilia





Commenti

  1. Grazie sig. Di Lena per spiegare le qualità che produce il Nostro Molise, a tutti quelli che come me vivono lontano da questa magnifica terra, ricca di storia, e prodotti che fanno invidia ai grandi produttori del centro Nord! Grazie per mettere in evidenza il Buono, il Bello, e il Gustoso prodotto Molisano, vi leggo assiduamente, anche per sentirmi Più Molisano! Terre di grandi valori e tante Virtù ! Non come quel Molise che molti dicono che non esiste!! Peccato che per tanti Anni sia stata amministrata da gente sbagliata!!

    Gianfrancesco Bambino @

    (majestic.inc@live.ca)





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    1. grazie di questo suo commento, che, purtroppo, ho letto solo ora. Buona fortuna!

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