Illusione e delusione



 Scopriamo di esserci illusi. Una categoria come le altre, senza selezione severa, con carriere spianate dalle alleanze, capace di compromessi, con alti e bassi.
La nostra delusione è frutto di leggerezza. In un corpo malato è quasi impossibile avere un organo del tutto sano. Come sempre, come per altre categorie, si parlerà di poche mele marce, di gruppi deviati. La nostra malattia è ereditaria, difficile da combattere e non interessa solo qualche organo ma tutto l’organismo sociale. Lo ripeto ancora: è nata dalla miseria e dalla sottomissione secolare: agli stranieri, ai marchesi, ai granduchi, ai vescovi, ai latifondisti. Sopravvivere con la furbizia e riunendosi in piccole tribù che poi sono diventate clan, associazioni, categorie, caste. Lo Stato è nato per motivi storici, senza entusiasmo, spesso malvisto. Un parto difficile, sofferto, cresciuto debole, tramortito da due guerre micidiali con un re incapace di opporsi a una dittatura che è stata una rana gonfiatasi come un bue (ripetendo la favola) e scoppiata, una repubblica nata con buone intenzioni ma poi sopraffatta dalle cosche di ogni tipo. Ha prevalso la cultura della cosca - politica, culturale, religiosa- e della furbizia. Se vuoi sopravvivere, se vuoi lavorare, se vuoi fare carriera ti devi aggregare a una cosca. Lo Stato come palcoscenico, come greppia, come vacca da mungere.
La sopravvivenza è miope, pensa all’oggi. Chi promette di combattere l’evasione fiscale riducendo le tasse ignora che l’evasione è non solo non dare quattrini ma soprattutto fregare lo Stato visto (spesso a ragione) come un padrone da imbrogliare dal quale prendere (ospedali, strade, scuole e magari sussidi per vincere la povertà) a spese degli altri: i fessi che non vogliono o non possono evadere. E’ la tribù, il clan che ti dà la raccomandazione, il posto. Lo Stato mugugna, minaccia. Impotente. La Costituzione: una bandiera da sventolare non un comandamento da eseguire, un dio laico da venerare ma da aggirare. Da trattare allo stesso modo del Dio dei cieli, con deferenza ma fregandosene.
Non c’è futuro, non ci sono santi. Abbiamo insegnato ai giovani che i furbi lavorano poco e guadagnano bene. Fatti furbo. Li abbiamo segregati nelle discoteche, condannati ai telefonini, alla droga, a non avere speranze; abbiamo privato il lavoro di dignità; abbiamo ridotto l’amore ad accoppiamenti fugaci. Abbiamo distrutto Dio sostituendolo col danaro. Ci illudiamo di sottomettere la natura. Povera patria mia schiacciata dall’abuso del potere, canta Battiato.
Perché avremmo dovuto avere giudici diversi?
Lo so, questo quadro a tinte fosche non è tutta la realtà. Ci sono persone oneste che non accettano compromessi che non appartengono a clan, che non fanno complotti. Che lavorano seriamente, che hanno inventiva, capaci di eccellere malgrado le difficoltà. Ci sono giovani pieni di volontà e capacità. La gente anonima che manda avanti la baracca. Sino a che punto

Ci restavano almeno loro. In un Paese moralmente in disfacimento, economicamente a rotoli, politicamente litigioso, complottista, ci consolavamo con i giudici. Certo, soggetti a sbagliare, alcuni impulsivi, alcuni finanche incapaci, alcuni altilenanti tra politica e tribunali ma complessivamente custodi delle regole, capaci di colpire anche i potenti, alcuni eroicamente resistenti alle minacce mafiose.

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