VITALIZI: LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO TRA PROPAGANDA E REALTA’
di Antonello Falomi
La sentenza, pronunciata dalla Dott.ssa Martina Flamini del Tribunale ordinario di Milano, relativa a un ricorso presentato da un ex-consigliere regionale lombardo contro la decurtazione del suo vitalizio, conseguente all’applicazione di un contributo di solidarietà, previsto da una legge regionale, è stata raccontata da alcuni mezzi di informazione come l’ennesima conferma della giustezza delle misure sui vitalizi parlamentari e regionali, sostenute e adottate dalla maggioranza giallo-verde che guida il Paese.
Se ci si fosse presa la briga di leggere con attenzione il testo della Sentenza n. 3863-2019 del 17.04.2019, con ogni probabilità si sarebbe giunti, invece, alla conclusione che le misure adottate dagli Uffici di Presidenza di Camera e Senato e quelle sancite nell’Intesa Stato-Regioni del marzo scorso del 3 aprile scorso, sono evidentemente incostituzionali.
Pur tra qualche contraddizione, come quella tra la natura non pensionistica del vitalizio e il volerlo mettere a confronto con le comuni pensioni, il giudice di Milano si è, in realtà, attestato alla giurisprudenza della Corte costituzionale, richiamando i principi di ragionevolezza, proporzionalità e legittimo affidamento.
In particolare, il Tribunale di Milano, nel respingere le diverse argomentazioni portate dall’ex-consigliere ricorrente, ha molto utilizzato la categoria della “temporaneità” della decurtazione del vitalizio per sostenere la correttezza costituzionale della legge regionale lombarda.
Al ricorrente che qualificava il taglio del suo vitalizio come “un prelievo a carattere tributario”, la giudice milanese ha obiettato che, per essere tale, il taglio avrebbe dovuto essere, tra le altre cose, un taglio a carattere permanente, definitivo.
Si tratta di una affermazione molto importante che mette in “fuorigioco costituzionale” le misure adottate dalla maggioranza giallo-verde che, al contrario, prevedono tagli permanenti e consistenti dei vitalizi degli ex-parlamentari e degli ex-consiglieri regionali, configurandoli, di fatto, come “prelievi tributari”.
Il prelievo tributario, per non ledere il principio di eguaglianza, deve riguardare, in sostanza, la generalità dei cittadini.
Se le casse dello Stato sono vuote, tutti i cittadini, in proporzione ai loro redditi e ai loro patrimoni, debbono contribuire a riempirle.
Le misure di taglio permanente dei vitalizi degli ex-parlamentari e quelle che si annunciano per gli ex-consiglieri regionali, costituiscono, al contrario, un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio a danno di una sola categoria di cittadini.
Non è un caso che non esista, per ora, in Italia nessun pensionato a cui sia stata tagliata in modo definitivo e pesante la pensione ricalcolandola retroattivamente con il metodo contributivo.
Non è accaduto nemmeno per i cosiddetti “pensionati d’oro”, quelli con pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui, per i quali
Gli ex-parlamentari e gli ex-consiglieri regionali, sono, invece, cittadini di serie B, per i quali le regole costituzionali sono carta straccia e questo la dice lunga sull’attacco, in corso, al Parlamento e alla funzione elettiva di rappresentanza della sovranità popolare.
Dopo la sentenza del Tribunale di Milano, sarebbe più saggio per evitare defatiganti e costosi contenziosi, che le Regioni legiferino in materia di vitalizi rispettando i principi costituzionali in essa contenuti.
Altrettanto saggio sarebbe che gli Uffici di Presidenza di Camera e Senato interrompano la marea di ricorsi in atto, modificando le misure sui vitalizi parlamentari nel senso di renderle coerenti e rispettose della Costituzione italiana.
Roma, 30 aprile 2019
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