In attesa del 1° Maggio
di
Umberto Berardo
Il
secolo scorso nella prima metà è stato attraversato da odiose dittature e
spaventosi conflitti di livello mondiale che hanno significato per l'umanità un
arretramento pesante nella condivisione dei valori di libertà e di uguaglianza
tra gli esseri umani.
Pur
permanendo vincente un'ideologia neoliberista legata all'imperialismo, al
neocolonialismo e alla soggezione dell'altro per motivi economici legati al
proprio incondizionato arricchimento, nel secondo dopoguerra al contrario,
almeno nel mondo occidentale, abbiamo assistito indubbiamente a un
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro per la popolazione, anche se
questo è avvenuto a danno dei poveri e degli abitanti di altri continenti
sfruttati in maniera indegna per il benessere di una minoranza.
La
Terra si è come divisa tra Paesi votati almeno in parte al progresso, alla
democrazia e alla giustizia sociale e altri condannati dall'egoismo umano e dal
tradimento delle classi dirigenti locali alla miseria e alla fame.
Con
il processo della globalizzazione, che molte sirene davano come un sistema
certo di miglioramento del benessere generalizzato, in realtà abbiamo assistito a un'involuzione
della tradizione democratica, alla precarizzazione del diritto al lavoro, a una
delocalizzazione selvaggia del processo produttivo, alla distruzione
dell'agricoltura biologica per
incentivare quella industriale delle multinazionali, al deterioramento di
un'etica condivisa, all'aumento della violenza, del terrorismo e del crimine
fino al processo incontrollato di fenomeni migratori che altro non sono se non
la fuga da condizioni di vita intollerabili verso la speranza di un'esistenza
accettabile per sé e per la propria famiglia.
Le
categorie con cui la politica sta affrontando tali questioni sono desuete e
talora pericolose per la convivenza.
La
destra parla alla pancia di un elettorato spesso fuori da ogni cognizione di
causa e propone soluzioni che appaiono apparentemente vincenti come le chiusure
dei confini, la repressione violenta dei reati e una fondamentale xenofobia nei
rapporti interetnici.
Ecco
allora i decreti sicurezza e quelli sulla legittima difesa che rafforzano e
incentivano pulsioni razziste i cui esempi si stanno moltiplicando come appare
chiaramente dalle cronache quotidiane.
Abbiamo
assistito in questi giorni perfino al tentativo di banalizzare o mistificare in
forma negazionista e demagogica il valore della giornata del 25 aprile come
festa di liberazione dalla dittatura e dal totalitarismo nazifascisti.
La
sinistra o quello che di essa è rimasto si muove a livello empirico e istintivo
spesso scimmiottando criteri di analisi e di soluzione ai problemi che nulla
hanno a che vedere con il rispetto della dignità delle persone e con la ricostruzione
di un tessuto sociale in grado di assicurare un'esistenza decorosa a ogni
essere umano.
I
partiti che incarnano tale componente politica hanno finito per condividere le
logiche della finanziarizzazione dell'economia allontanandosi sempre più da
quella parte della popolazione esclusa dal godimento dei diritti civili,
sociali e politici.
Un
pezzo consistente di quella che molti definiscono come l'elite del mondo
intellettuale appare chiaramente orientato dal vento neoliberista che sembra
ormai spingere in modo impressionante le politiche di destra nella stragrande
maggioranza dei Paesi del mondo.
Sono
i soggetti che ispirano provvedimenti legati all'egoismo del "prima..." con il ritorno al
sovranismo degli Stati nazionalistici e alle chiusure incondizionate dei
confini come se non fossimo tutti abitanti dello stesso pianeta ma di una parte
di esso dove chiudersi al proprio benessere egoistico escludendone chiunque
altro.
C'è
ancora chi si rifugia nel mondo dei confronti spesso polemici e perciò stesso
sterili dei social network o ancora in quelli più riservati dei contatti via
mail.
La
convinzione è quella d'incidere in tal modo nel cambiamento del costume e dei
comportamenti mentre spesso si finisce solo nel pettegolezzo e nella
dietrologia fine a se stessa.
L'atteggiamento
più negativo è infine quello di chi si chiude in angoli di egocentrismo quali
possono essere l'interesse personale, familiare, imprenditoriale e di gruppo.
Creandosi
alibi di ogni sorta, in questo caso ci si accomoda nel caldo rassicurante del
proprio salotto uscendone magari con dichiarazioni di principio, esaltate dai
mezzi di comunicazione di massa, cui tuttavia non fa seguito uno stile di vita
conseguente ma solo un'ipocrisia declamata per nascondere poi comportamenti
esistenziali e politici inaccettabili.
Dominano
allora anche gli escamotage dei sistemi di distrazione di massa occupandosi di
temi d'importanza marginale per sfuggire ad altri o nascondere questioni di
rilievo fondamentale.
Rispetto
al benessere di pochi plutocrati e di una borghesia sempre più in difficoltà
c'è il ceto dei salariati e soprattutto del precariato, angustiato dalla
disoccupazione, dall'inoccupazione e dalla povertà, cui, se vogliono ancora
avere un ruolo, sindacati e forze politiche devono rivolgere lo sguardo in una
politica d'inclusione cui si è rinunciato da anni.
Mobilitare
nelle rivendicazioni tale popolo molto eterogeneo e anche disperso sul piano
elettorale non è cosa facile, ma questo fondamentalmente è il compito di una
sinistra che non può e non deve rinunciare a gestirne i problemi.
Per
questo è davvero importante che finisca la rinuncia all'impegno diretto nella
politica come servizio lasciando erroneamente che in essa si esprimano solo
professionisti interessati, portaborse e clienti sempre più impegnati a
costruire feudi elettorali.
Rispetto
al pensiero unico del "politicamente corretto" occorre che ciascuno
di noi esca dalla ricerca delle sicurezze personali per trovare nel pensiero
divergente, fuori da algoritmi pericolosi e imposti dalle plutocrazie
finanziarie, soluzioni adeguate ai problemi
degli esclusi dai diritti e coerenti con il principio della giustizia
sociale.
Nella
giornata del primo maggio sono questi a nostro avviso i temi che il mondo del lavoro deve porre con forza a chi
coordina il movimento sindacale e le forze di quella sinistra che per troppo
tempo li ha dimenticati.
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