Congresso di Verona e dintorni
di
Umberto Berardo
Come
facciamo con tutti gli eventi che in qualche modo attirano l'attenzione,
abbiamo seguito attraverso i media e la rete i lavori del Congresso mondiale
delle famiglie di Verona tenutosi dal 29 al 31 marzo.
Spesso
abbiamo partecipato a convegni su tale argomento e tra essi non dimenticheremo
l'interessante settimana sociale dei cattolici italiani a Torino nell'autunno
del 2013 con un programma di studio accurato di ricerca, confronti e analisi
sul tema "La famiglia,
speranza e futuro per la società italiana".
Ci
piacerebbe subito precisare che, contrariamente a quanto taluni hanno scritto,
questo di Verona non è stato un simposio organizzato dalla Chiesa Cattolica, ma
una manifestazione
programmata da International organization for the family (Iof) intorno a Tony Brandi di "ProVita",
Massimo Gandolfini di "Difendiamo i nostri figli", Jacopo Coghe,
portavoce del Congresso, ma anche allo statunitense Brian Brown, amico di
Donald Trump.
Al Congresso non mancavano sicuramente alcuni esponenti del mondo
cattolico, ma la Chiesa ufficiale con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin
e con lo stesso pontefice ha precisato che, pur concordando su taluni messaggi
positivi nella sostanza, non c'è stata la possibilità di condividere il metodo
del lavoro tenutosi.
Le questioni poste al centro dell'attenzione non possono essere affrontate,
come è stato fatto a Verona, unicamente con interventi declamatori dal palco
mentre esse al contrario dovrebbero essere poste con una metodologia fondata
sullo studio, la ricerca problematica e il confronto rispettoso e non
esacerbato.
Non ci si poteva attendere questo da un'assise oltranzista che in più di
una circostanza è scaduta in affermazioni, mezzi espressivi e modi di porsi che
hanno visto momenti francamente squallidi come la distribuzione di feti di
plastica o una terminologia fatta di "soldati morali e "nemici della
famiglia" che francamente non meritano alcun commento perché carichi di
forte disumanità.
La kermesse di Verona ha provocato una spaccatura nel governo giallo-verde
con Salvini e la Lega che hanno aderito e partecipato e il M5S che con Di Maio
ha parlato di un evento che avrebbe espresso idee vicine al Medioevo.
Non sappiamo quanta ipocrisia ci sia stata negli interventi di quelli che sostengono
l'amore tra i coniugi all'interno della famiglia e non ne vivono poi
l'esperienza, ma anche in chi parla di relazioni profondamente umane e non è
capace di accoglienza in Europa per gli immigrati.
Il 30 marzo migliaia di attiviste hanno sfilato per le vie della città
organizzate dall'associazione "Non una di meno" per protestare contro
il Congresso e le tesi da esso sostenute.
Anche qui come sui Social Network i toni sono stati francamente
inaccettabili e legati a una sorta di sfida incapace di abbandonare gli
atteggiamenti dello scontro ideologistico per fare i conti con un confronto
dialogico destinato a scelte di vita condivise democraticamente e comunque
sempre rispettose del modo di pensare altrui.
Ci sono stati momenti in cui da più versanti e con epiteti o insulti
irripetibili il conflitto sembrava riportare gli accenti ad una sorta di
crociata che per fortuna è rimasta solo verbale.
Anche su queste risse gratuite e ingiustificate ci saremmo aspettati meno
silenzi.
Non bisognerebbe mai dimenticare al riguardo ciò che scrisse in merito,
interpretando il pensiero di Voltaire, la sua biografa Evelyn Beatrice Hall: "Disapprovo quello che
dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo".
Ciò
che occorre eliminare sul piano antropologico e culturale non è la diversità di
pensiero, ma le illazioni e i preconcetti per costruire al contrario
post-giudizi successivi all'ascolto e al confronto.
Il
contrasto esasperato, le posizioni stizzite e l'insulto pregiudiziale sulle
tesi altrui non costruiscono mai niente di buono.
È
bene lavorare per affermare i principi e le idee in cui si crede, ma senza
creare steccati e valutazioni diffamatorie su quanto pensano gli altri.
La
famiglia, la persona, la vita, la bioetica, la maternità surrogata, l'utero in
affitto o, come lo definiscono alcuni, "gestazione per altri", la possibile
deriva mercantile e innaturale delle nascite, i caratteri identitari del
nascituro e le adozioni sono temi troppo delicati e importanti per lasciarli a
declamazioni, slogan o dichiarazioni poco sensate.
Si
tratta di argomenti davvero molto sensibili per poterli ridurre a trattazioni
superficiali e unilaterali come spesso è avvenuto nei giorni scorsi sui
mass-media in cui abbiamo assistito a confusioni indistinte ad esempio tra il
concetto di famiglia e quello di unione sui quali ci sembra che non si abbia
alcuna contezza neppure sul piano della definizione lessicale.
Noi
diciamo con molta franchezza che sul tema della famiglia come su quelli legati
al sistema relazionale affettivo, alla promozione e alla salvaguardia della
vita occorre avere grande chiarezza sul piano della loro regolamentazione a
livello etico, giuridico, normativo ed educativo.
Spesso
ce ne siamo occupati in convegni o con relazioni abbastanza puntuali nelle
analisi sempre nella convinzione che le proprie opinioni vadano affermate senza
saccenteria e soprattutto tenute nell'alveo della voglia continua di ricerca
verso la strutturazione razionale di principi capaci di guidarci al bene degli
esseri umani.
Sostituire
la polemica alla pacata capacità di ragionamento, come è accaduto a Verona e
dintorni, è uno stile che non ci appartiene e che ci piacerebbe scomparisse dal
confronto culturale.
Ognuno
di noi ha valori che intende continuare a sostenere perché convinto della loro
bontà, ma sa anche che occorre farlo senza crociate che risultano sempre
dannose nei rapporti umani e sociali.
Lo
Stato laicamente può disporre le regole del vivere civile dalle quali tuttavia ciascuno
può continuare a dissentire ove non le condivida; nessuno inoltre può arrogarsi
il diritto di tacciare di oscurantismo chi ha opinioni diverse dalle proprie.
Condividiamo
pienamente quanto ha scritto al riguardo Marco Tarquinio su Avvenire e cioè che
lo spazio utile a Verona e dintorni è stato impraticabile per molti e occupato
da opposte fazioni di propaganda inutile e dannosa mentre la visione della
persona e della famiglia sarebbe opportuno che camminasse sotto il segno
propositivo e dialogico e in ogni caso fuori dalle polemiche recuperate o
incrementate ad arte
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