La memoria e la passione di Domenico (Mencucce) Lanese. Uno scrittore geniale
Un Dizionario diviso
in due tomi che, con 10.989 lemmi, riporta la parlata della sua San Martino in
Pensilis, la patria di quel boccone unico, delizioso, che è la Pampanella.
Due tomi per
complessive 1095 pagine (7,5 Kg. il peso) di cui un centinaio dedicate a
“memorie fotografiche”, quasi tutte prese dall’archivio di un noto fotografo
locale, Domenico (Demenecucce) D’Adderio. Pubblicato con il titolo “IL DIALETTO SAMMARTINESE DEL XX SECOLO”,
con un contributo del locale Oleificio
cooperativo e grazie all’impegno dell’Associazione culturale locale, la GRANDEONDA, che vede presidente un’appassionata e attenta Giovanna Di Bello, e
segretario, Il dr. Giuseppe Zio, scrittore che ha pubblicato libri interessanti
su San Martino in Pensilis, la sua carrese e altro.
Domenico ha voluto dedicare questa sua opera a sua moglie,
alle sue tre figlie e a tutti i sammartinesi.
Un lavoro non facile, intenso, che l’ha impegnato per 15 anni, fino alla
presentazione nella sua San Martino, l’11 Agosco u.s., dove io sono mancato per
altri impegni.
Il Dialetto, uno straordinario patrimonio umano, è
l’espressione di una comunità che trova la sua identità nel territorio, quale
contenitore di storia, cultura, tradizioni, oltre che rappresentativo di
paesaggi e ambienti. Nel caso dell’Italia esso è la somma di mille e mille
territori, e, pensando al Molise, di 136, la gran parte piccoli, ognuno a
circondare un paese, una comunità. Tradizione, quale trasmissione nel tempo, da
una generazione a quella successiva, di memorie, notizie, testimonianze,
l’intento che ha spinto Domenico a tentare la grande avventura, durata –come sopra
dicevo - tre lustri e felicemente portata a termine con un lavoro importante, che,
grazie alle parole, consegna, tramanda, affida a noi, ma soprattutto alle nuove
generazioni, il passato, quale vissuto di valori e ricchezza d’insegnamenti.
Solo un amore
profondo, costante, sincero per il proprio paese può spingere una persona a
scrivere il dialetto e rimanere ad esso legato per tutta la vita, sapendo
cogliere e raccogliere le novità proprie della lingua più viva, così legata
alle parole della memoria. Parole che ti portano a vivere il passato, soprattutto
in questa fase della storia dell’uomo, quando l’omologazione è andata avanti,
prima lentamente poi in maniera sempre più spinta, ed ha toccato ogni campo
della vita sociale, politica, economica. Non solo il vestire, il mangiare, il
ballare, ma anche il parlare, con le parole in inglese che ti raggiungono da
ogni parte, come a testimoniare una soggezione culturale, per molti un vero e
proprio servilismo, quasi sempre penoso, di chi crede di essere, ogni volta che
dice yes al posto di sì, persona colta.
Non so se la mia sensazione è pena o fastidio, so che mi
rifiuto di ascoltarli.
Diversamente l’altro giorno quando sono andato a San Martino
in Pensilis a prendere il Dizionario dalle
mani della presidente dell’Associazione la Grandeonda. C’era anche l’autore che
vedevo per la seconda volta. Un signore di 88 anni, che, con il suo sguardo
dolce dietro i grandi occhiali da vista, non riusciva a nascondere la curiosità
e il piacere di incontrarti e di conoscerti. Ha cominciato a parlare ed a
raccontare di quando, agli inizi dell’ultima grande guerra ha conseguito la
licenza elementare e non ha potuto continuare negli studi; Il lavoro di
impiegato al Comune di San Martino e la necessità di conseguire, da privatista,
la licenza media per poter continuare a svolgere il suo lavoro e vivere la
tranquillità di un posto sicuro. Un uomo che un giorno stanco di passare tutti i
pomeriggi a giocare a carte e a bere nel bar dove mi ha invitato a prendere un
caffè, decide di utilizzare la sua fresca memoria e la passione per il suo luogo di nascita, una terrazza che
domina le Piane di Larino e le colline che si allontano dal corso del Biferno e
portano verso le terre dei croati, per scrivere e non dimenticare.
Un dono al suo Paese, e, visti i risultati, alla cultura e
alla storia che questo suo territorio, come altri, continuerà ad esprimere dopo
questa parentesi di cinquant’anni, davvero triste di un sistema che ha prodotto e, purtroppo, continuerà a
produrre. con più determinazione, il taglio del discorso con i padri. Togliere
al territorio, questo nostro unico e solo bene comune, così prezioso, i suoi
valori e le sue risorse, e a noi l’identità.
Domenico con i coniugi Di Bello
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Anch’io, per dirlo con la stessa parola ritrovata da
Domenico, mi sento “cuerrive”, dispiaciuto,
offeso da questo mondo affamato solo di denaro, che, non c’è dubbio, è
importante e utile, necessario, se resta un mezzo e non diventa il solo fine di
una vita. Quando è così è la fine, perché fonte di dissidi, scontri, guerre,
distruzione di quei valori e di quelle risorse proprie di un territorio.
Le parole, quelle che Domenico ha raccolto e riportato nel
suo Dizionario sono importanti perché permettono di riprendere il discorso con
gli insegnamenti dei padri e del tempo che non va bruciato, ma vissuto. Senza
soluzioni di continuità, soprattutto se Domenico Lanese da San Masrtino in
Pensilis, un vero personaggio, viene chiamato, soprattutto nelle scuole di ogni
ordine e grado, anche l’Università, per raccontare i fatti con la parlata del
suo dialetto. Nel suo dizionario, se lo sfogli, trovi più di una parola, che da
sola è un discorso, un racconto.Un invito, il mio, agli insegnati, ai dirigenti scolastici,
non solo di San Martino in Pensilis, ma del Molise, di chiamare Domenico - un
poeta, e, come tale, dotato di veggenza legata al passato – a raccontare il
sogno del domani.
pasqualedilena@gmail.com
Complimenti
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