Quale referendum propositivo?
di
Umberto Berardo
Il
referendum, essendo l'espressione della volontà popolare, appartiene
sicuramente a quella che abitualmente si definisce democrazia diretta.
Quello
propositivo è oggi previsto solo in Svizzera ed in California, anche se non
mancano forme limitate e variamente modulate di partecipazione della base in
Germania, Francia e Spagna.
La
Costituzione Italiana nell'art. 75 prevede il referendum abrogativo parziale o
totale su una legge o un atto avente valore di legge con l'esclusione di talune
deliberazioni previste nel secondo comma.
Nell'art.
132 si autorizza quello territoriale con diverse condizioni per la fusione tra
le regioni o la creazione di nuove, ma anche per il passaggio di comuni e
province da una regione all'altra.
L'art.
138 infine consente l'altro di tipo confermativo per rivedere la Costituzione
stessa o una legge costituzionale su richiesta di un quinto dei membri di una
Camera, di cinquecentomila elettori o di cinque Consigli regionali.
Esistono
poi forme di consultazione diretta abbastanza diffuse a diversi livelli
istituzionali, che non vincolano in nessun modo governanti ed amministratori al
parere espresso dai cittadini.
Nell'agosto
del 2000 è stata introdotta una forma di referendum propositivo negli Statuti
della Regione Valle d'Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano.
In
Italia finora si sono tenuti settanta referendum a partire da quello del 2
giugno 1946 sulla forma istituzionale dello Stato.
Dei
sessantasei di tipo abrogativo quasi il 41% non ha raggiunto il quorum, mentre
la partecipazione maggiore con il 78% si è avuta con quello sulla legge
Baslini-Fortuna tenutosi il 12 e 13 maggio del 1974.
Un
tentativo di introduzione del referendum propositivo con la riduzione del
quorum richiesto per la validità c'era stato con la riforma costituzionale del
governo Renzi bocciata il 4 dicembre 2016 dal 59% delle preferenze di un corpo
elettorale che vide una partecipazione del 65,47% .
Ora
c'è una proposta analoga con un disegno di legge di riforma costituzionale,
presentata dal M5S ed attualmente in discussione alla prima Commissione della
Camera, che dovrebbe approdare nell'aula di Montecitorio il 16 gennaio.
Intanto
chiariamo che il referendum propositivo riguarda l'eventuale espressione della
volontà popolare richiesta su un progetto di legge di iniziativa popolare non
approvato entro diciotto mesi o modificato dal Parlamento.
Tra
le ipotesi di eliminazione del quorum di validità da parte dei Pentastellati e
la proposta del suo mantenimento al 33% da parte della Lega sembra si stia per
raggiungere un accordo sull'idea avanzata dal Partito Democratico.
In
pratica non ci sarà un quorum strutturale, ovvero non è prevista alcuna soglia
minima di partecipazione al referendum perché esso sia valido, mentre la
proposta più votata dovrà avere almeno il 25% dei consensi tra i voti espressi.
Quella
di voler abolire in tale iniziativa il quorum del 50% più uno degli aventi
diritto al voto, oggi previsto dalla Costituzione per il referendum abrogativo,
è un'idea avanzata, si dice, per evitare i condizionamenti dei partiti politici
che a volte cercano di boicottare l'espressione della volontà popolare
invitando a disertare le urne.
A
tale inconveniente c'è il solo rimedio di un'informazione plurale, ma continua
e l'invito al voto ripetuto sistematicamente con tutti i mezzi possibili
maturando in tal modo nei cittadini l'idea che la partecipazione in ogni caso
arricchisce la democrazia.
Occorre
tuttavia riflettere sul fatto che le forme di democrazia diretta non possono
essere la rappresentazione del pensiero di un gruppo minoritario di appena il
25% dei soli votanti i quali già potrebbero essere una qualsiasi minoranza del
Paese.
Il
rischio sarebbe chiaramente che un insieme di cittadini in inferiorità numerica
possa essere appunto espressione di una dittatura della minoranza piuttosto che
manifestazione della volontà della maggioranza della popolazione.
È
difficile immaginare che un tale modo di esercitare la sovranità popolare possa
definirsi una forma di democrazia diretta.
Abbiamo
francamente la sensazione che partiti o movimenti abituati a decisioni
verticistiche o pseudo democratiche stiano in tal modo trasferendo le loro
forme decisionali ed operative ad un istituto dello Stato che dovrebbe
garantire al contrario il massimo della partecipazione.
Ogni
forma di referendum, sia esso abrogativo, consultivo o propositivo va promosso
in ogni caso purché ricorrano condizioni di vera democrazia in cui ad
esprimersi sia quantomeno la maggior parte della popolazione.
Per
tale ragione noi riteniamo che in una consultazione referendaria vada indicato un
quorum elevato sulla partecipazione con una percentuale più alta dei votanti
che permetta ad una proposta di superare la prova elettorale con una
percentuale di consensi che renda valido il referendum in quanto espressione
della maggioranza della popolazione.
D'altronde
il quarto comma dell'art. 75 della Costituzione in tal senso dovrebbe
illuminare quanti vorrebbero immaginare una democrazia diretta che non sia
espressione quantomeno della parte preponderante del Paese.
Su
una legge di iniziativa popolare tra l'altro il rischio pericoloso sarebbe
quello di creare un conflitto istituzionale tra una minoranza della popolazione
ed il Parlamento che invece è l'espressione rappresentativa dell'intera
collettività.
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