La pochezza culturale e politica che vive il nostro Paese è
stata ben rappresentata ieri sera sulla 7 nel corso del confronto sui trattati, il Ceta (Ue – Canada) in
particolare, tra il Ministro Di Maio e il presidente della Confindustria,
Claudio Boccia. Entrambi abili nel parlare ma poco nel dire, visto che il
primo, già parlamentare nella scorsa legislatura con il compito di
vicepresidente della Camera, quando ha detto, con molti altri, No al Ceta, ora
vuole capire prima di esprimersi e fare
esprimere il governo. Capire, soprattutto, cosa succede per il grano canadese
impestato da glifosate (secca tutto), un veleno che la Monsanto (oggi Bayer) ci
ha abituato a digerire, e cosa succede con la carne ottenuta con gli
antibiotici. A tale proposito, sia il presidente della Confindustria che,
timidamente, il conduttore Mentana, hanno fatto presente che i canadesi non
sono poi così malati. Il presidente della Confindustria, a sostegno
del suo Sì al Ceta, ha ripetuto fino alla noia un dato (non del tutto vero e per niente miracoloso),
quello dell’aumento del 3% delle nostre esportazioni, soprattutto nel campo
agroalimentare, dopo l’entrata in vigore del trattato, approvato ma non ancora
ratificato, nel settembre scorso. Un presidente evidentemente soddisfatto del
fatto che solo 41 dei 296 prodotti Dop e Igp ad oggi riconosciute sono state
prese in considerazione dal Canada e che, a livello europeo sono poco più di 70
i prodotti dop e igp sui 1347 ad oggi riconosciute. Perché non tutti compresi i
vini?
Un Ministro che, quand’era parlamentare ha detto con forza
NO CETA, ora deve riflettere su argomenti che non hanno bisogno di riflessioni,
visto che sono dati già per assodati; un presidente degli industriali che si
attacca a un dato non vero (+3%) per sostenere la validità di un trattato, il
Ceta. Un trattato che rappresenta una iattura per il nostro Paese e per i Paesi
della Ue, nel momento in cui viene meno la sovranità nazionale e tutto passa
nelle mani di un arbitrato espresso dalle multinazionali. Il trattato Ceta non
riguarda solo l’abbattimento delle tariffe, ma ben altro, la pretesa di
liberalizzazione e privatizzazione da parte delle multinazionali e della
finanza, cioè la non possibilità di un paese di poter decidere del suo
territorio, dei suoi beni, in particolare quelli comuni. Ma di questo, cioè
della vera ragione del Trattato Ceta, vista la complessità del ragionamento, ne
ha fatto solo un accenno, il Ministro Di Maio. Chiudo dicendo che la noia dei discorsi mi ha
spinto a cambiare canale. Una noia infinita!
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