Con la Cia e la sua Associazione di produttori biologici, Anabio, per parlare del futuro dell’Agricoltura molisana.
Incontro dell’Anabio
del Molise, l’associazione degli agricoltori di biologico, espressione della Confederazione
Italiana degli Agricoltori, che, dal 2006, si occupa dello sviluppo di
questa pratica agricola, il biologico, che vuole offrire al consumatore non
solo un prodotto di qualità, ma anche sano, libero da ogni elemento che mette
in pericolo la salute del consumatore stesso. In particolare di tutti quei
prodotti di sintesi (chimici), che, prim’ancora dell’attacco alla salute del
consumatore, sono ormai da considerare veleni che, nel tempo, stanno mettendo a
rischio la vita (fertilità) del terreno, il futuro stesso dei territori.
Si è parlato della fama crescente che, negli ultimi anni,
sta vivendo il biologico in ogni angolo del mondo e della risposta che sta
dando l’agricoltura italiana con una crescita, ogni anno, del 12% della
superficie destinata a questa pratica. Un vero e proprio nuovo modo di fare
agricoltura, che ha nella tradizione le basi su cui poter lavorare in una
prospettiva di importanti risultati per i produttori e i consumatori insieme. Importanti per il futuro stesso della nostra
agricoltura, il suo rilancio. Una necessità, questo suo rilancio, di cui ha forte bisogno il Paese, prim’ancora
del mondo contadino.
L’agricoltura è il solo perno – ne sono sempre più convinto
– che può far girare nel verso giusto l’economia e, così, dare certezza alla
salvaguardia e tutela dei nostri territori, uno più bello dell’altro e uno più
importante dell’altro, nel momento in cui sono espressione di valori e di
risorse, come la qualità e la diversità dei prodotti, la storia, la cultura, le
tradizioni, gli ambienti e i paesaggi. In pratica la nostra identità.
Il biologico, nel
suo insieme di coltura e cultura,
espressione di sostenibilità, è il segno vero, forte, del cambiamento
cui ha bisogno il mondo, non solo il nostro Paese, per ridare il giusto e
doveroso significato alla parola “limite”,
cioè che non si può andare oltre come, invece, pretende di fare l’attuale sistema che governa
il mondo, il neoliberismo.
Il globo ha un limite, i suoi limiti; la fertilità del
terreno ha anch’essa un limite, i suoi limiti, e , così, l’aria, l’acqua, il
piccolo come il grande territorio. Un limite nel significato di finito, cioè
nella impossibilità di poter dare altro. E’ la pretesa di chi è affamato di
denaro questo voler andare oltre e di poter avere altro. Una pretesa che, se la
crisi del 2007/8, ha fatto intravedere il baratro, insistere vuol dire far
precipitare nel baratro.
Nel mio intervento ho parlato del Biodistretto dei Laghi Frentani, il 19° costituito in Italia, nato
a Larino nell’ottobre dello scorso anno, su spinta di Aiab Molise e per volontà di 14 sindaci del circondario e un numero
di produttori bio. Presieduto da Vincenzo Notarangelo, l’allora
sindaco della città frentana, che ha completato gli organi previsti dallo
statuto ed ora, anche sulla spinta del neo sindaco di Larino, Pino
Puchetti, è nelle condizioni di poter svolgere in pieno i suoi
importanti compiti strumento di governo di un territorio ampio che mette
insieme le singole esperienze, soprattutto nel campo agricolo, per rendere
sostenibile il territorio così come delimitato oggi, e, domani, l’intero Molise.
E’ la sostenibilità il vero grande possibile cambiamento,
l’occasione di mettere insieme le risorse; creare le opportune sinergie e
promuovere, con le innovazioni, un modo nuovo di fare agricoltura, quella più
rispondente a una Regione, per metà montagne e per l’altra metà collina. Un’attività,
la primaria, che ha bisogno di disintossicarsi dalle illusioni date dal modello
di agricoltura industrializzata, così lontana e niente a che vedere con la
realtà molisana e quella italiana. Un’agricoltura, quest’ultima, che ha nella
tradizione le sue basi e la sua forza di innestare processi e innovazioni tesi
ad assicurare sicurezza e sovranità alimentare, sapendo che nel
2050 abiteranno il globo (se non lo distruggono prima) quasi 10 miliardi di
persone. Un’immensità di persone che hanno bisogno di cibo e cioè della terra e
della sua fertilità; di uomini e donne capaci di produrre cibo sano, vivere e
godere del proprio territorio e non di scappare.
Il direttore della Cia
Molise, Dino Campolieti, dopo il saluto del presidente Nicolino
Potalivo, ha, nel suo intervento introduttivo, parlato e portato come
esempio la Di Vaira (luogo dell’incontro), la grande fattoria molisana, la più
impegnata nella produzione biologica e biodinamica ed ha sottolineato, con la
giusta soddisfazione, il primato di quest’azienda a livello europeo.
Un primato che è tutto merito di una visione profetica dell’allora
Presidente della Fondazione Di Vaira, Mons. Tommaso Valentinetti, oggi
Arcivescovo Pescara-Chieti, che, nel 2004, ha voluto destinare alla
coltivazione biologica oltre 130 ettari, dei suoi 540 in possesso allora, della
più grande azienda agricola del Molise. In contemporanea a questa decisione, la
messa in atto di un altro sogno: quello di consegnare al Paese, con il supporto
della Regione Molise, il primo Parco Agricolo d’Europa con una Di Vaira tutta all’insegna della
sostenibilità, e, nel caso specifico, della bellezza e del piacere di godere e
vivere una campagna ben coltivata, un parco.
La partenza di Mons. Valentinetti
non ha permesso di cogliere questo sorprendente obiettivo.
L’incontro si è chiuso con la nomina del Presidente, una
giovane produttrice di bio di Pietracatella, Franca D’Amico, e del
nuovo direttivo, Nicolina Vannelli di Castelbottaccio,
Pasquale
Sardella di Castropignano, Pasquale
Di Lena di Larino e Leo
Verlencia di San Martino in
Pensilis.
Un tassello importante che va ad aggiungersi al mosaico Biodistretto Laghi Frentani, alla
speranza di vedere presto questo territorio protagonista, non solo della sua trasformazione, ma anche della
realizzazione del progetto “Molise, una
regione bio”.
pasqualedilena@gmail.com
Commenti
Posta un commento