VIA I MERCANTI DAL TEMPIO
di Domenico Di Lisa
Il risultato elettorale del
4 marzo è talmente chiaro che non ha
bisogno di commenti e sofisticate analisi, che pure in seguito ed in
altra sede proverò a fare. Era già
scritto da tempo e solo chi aveva interessi personali da difendere non se ne
era accorto. La drammaticità della situazione emersa dal voto impone di essere
espliciti, bandire ogni forma di reticenza. E di essere celeri, veloci nel fare
scelte coraggiose prima che gli elettori certifichino la scomparsa definitiva della
sinistra ed il centrosinistra.
Certo è che nelle dichiarazioni dei responsabili di questa
debacle, che evocano Flaiano quando affermava che “la situazione è grave ma non
è seria”, non è neanche lontanamente
rintracciabile il tentativo di fare chiarezza, di ammettere le proprie colpe,
di mettersi in discussione: peggio di Renzi.
E non è che va meglio sul versante di coloro che prima hanno
determinato l’ingresso e la investitura ai massimi livelli del centrosinistra di persone di chiara e notoria storia di
destra, prendendone poi le distanze quando da questi sono stati scalzati e
fagocitati. Non commento per carità
decoro le dichiarazioni del Magnifico quando definisce “eccezionale il
risultato di Liberi e Uguali nel Molise”. Se invece del 3,7% dei voti avessero
ottenuto il 37%, per i festeggiamenti avrebbe decretato la chiusura dell’ateneo
molisano per almeno un decennio.
La cosa più sconcertante è però la passività con la quale
quel che rimane del popolo di sinistra e di centrosinistra assiste inerme ed
inerte alla distruzione della più nobile tradizione politica italiana,
costruita con le lotte ed il sangue di milioni di persone per ottenere una
società più equa, più libera, più democratica, più inclusiva. Persone, uomini e
donne che hanno subito sulla propria pelle umiliazioni, discriminazioni.
Ce ne sono ancora di questo tipo di persone, anche nel Molise, le conosco. Molte
sono disilluse, disperse. Spero, ancora non arrese. Queste persone e quei
giovani che vorrebbero impegnarsi nel processo di ricostruzione di una sinistra
egualitaria e libertaria, ma non hanno e non trovano gli strumenti, i mezzi,
gli spazi, i luoghi, le organizzazioni per farlo, devono agire.
A questi compagni, sì li chiamo così, rivolgo l’invito a dire ad alta voce e senza
mezzi giri di parole che quello del 4
marzo è stato un voto dato contro un ceto politico che si attarda unicamente a
salvare le proprie posizioni e le proprie rendite, incurante delle crescenti
difficoltà dei ceti sociali più deboli. Per ridare senso e dignità alla
politica, che questa politica ha perso da un pezzo, non è più rinviabile la
“cacciata dei mercanti dal tempio”.
Non è vero che tutto è perduto, che non c’è più nulla da
fare, se questo ceto politico per una volta e almeno al cospetto di tale
disastro provasse a darsi un minimo di dignità e a provare a comportarsi da
classe dirigente. Se per una volta mostrasse un briciolo di generosità, si
mettesse autonomamente in discussione e facesse un passo indietro. Ma proprio questa
è la domanda : lo farà? Pare proprio di no. Per questo bisogna imporlo.
Proviamo per una volta ad assurgere alla cronaca nazionale
senza doverci vergognare (ricordiamo tutti Le Iene, la telefonata a Vincenzo ed
altri episodi vergognosi). Proviamo ad attivare un processo positivo, virtuoso,
non fosse altro perché il 22 aprile
saremo chiamati ad eleggere il presidente della regione ed il consiglio
regionale. Questo appuntamento non può e non deve essere gestito da chi ha già
determinato il disastro del 4 marzo. Non c’è un minuto da perdere. Non domani
ma ora bisogna chiedere ed ottenere l’azzeramento dell’intero gruppo dirigente(?)
del centrosinistra e far partire un percorso che, nella situazione data, seppure
non dovesse sortire positivi risultati elettorali immediati, avrà il merito di
aver creato le premesse per la rigenerazione della sinistra e della politica.
Campobasso 8 marzo ’18
Domenico Di Lisa
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