Il mio amico John Arena
L’altro giorno, con Peter
Damato, canadese di Toronto, oriundo molisano nato da genitori di Vinchiaturo,
sua moglie Anne di origine greca, il figlio John e sua moglie Patrizia, è venuto nel Molise, solo per salutarmi, il
mio caro amico, John Arena, che non vedevo dal lontano 1994, in occasione di
una delle mie ultime spedizioni nella capitale dell’Ontario. A distanza di
ventitre anni e più, solo i suoi capelli, da grigi diventati bianchi, sono
cambiati. Meraviglia, sempre uguale a 93 anni! Lo stesso slancio, lo stesso
entusiasmo e quel suo sguardo, intelligente e furbo insieme, e, come tale,
penetrante e accattivante di un tempo. Il grande John Joseph Arena di sempre,
che ho avuto i piacere di conoscere a Toronto agli inizi del 1987, in occasione
di una delle prime presentazioni dei vini organizzata dall’Enoteca Italiana di
Siena quando, con una stretta di mano, mi ha invitato a programmare un’identica
presentazione nel suo ristorante in Adelaide Ave., nel cuore di Toronto. Ho
saputo dopo, dagli amici dell’Ice, che quel ristorante era il Winston’s, il più famoso del Canada. Pochi mesi dopo,
quando sono ritornato a Toronto, la prima delle presentazioni dei vini
dell’Enoteca è stata programmata al Winston’s ed ha visto la presenza di un
pubblico scelto dal solerte e simpaticissimo anfitrione. Ed è così che John è
stato - anche dopo aver lasciato ad altri la gestione del Winston’s restaurant
- uno dei protagonisti, a cavallo degli
anni ’80, insieme con altri amici
ristoratori, importatori, conduttori di radio e televisioni, dirigenti dell’Ice
e dell’Alitalia, di Toronto, Vancouver, Montreal, Ottawa, Aurora e Hamilton, rappresentanti
dei governi provinciali, della grande avventura dell’Enoteca Italiana in
Canada, durata quasi dieci anni. Riabbracciare John Arena, qualche giorno fa, e
averlo ospite a La Casa del Vento, fresco, brillante, come un tempo, alla sua
veneranda età, è stata una straordinaria emozione e l’occasione per rivivere i
tanti incontri e riportare alla mente un mondo che ha dato molto all’Enoteca
italiana e, con essa, al vino ed ai suoi preziosi territori che danno origine
alla qualità e diversità dei vini, degli oli e del cibo in generale.
I cinquant’anni di storia del Winston’s Restaurant, nei suoi
primi 25 anni di vita a fianco al Royal Alexandra Theatre, nel cuore di
Toronto, e poi, con Arena, nella vicina Adelaide Ave., sono raccolti in un
elegante libro, che, appena uscito (1989),
John mi ha gentilmente regalato una sera che ero suo ospite a cena, nel
mentre rispondeva ad una telefonata di un gruppo di amici di New York che volevano
prenotare un tavolo per la cena. Il tempo di prendere l’aereo personale e, in
poco più di un’ora, arrivare. John ha detto, con grande garbo e gentilezza, che
non c’erano più tavoli liberi, tutti prenotati. Quando gli ho chiesto perché
aveva rifiutato una così importante prenotazione, visto che c’era un tavolo
libero, mi ha prontamente risposto “e se viene la regina?”. E, a proposito
della regina, mi ha raccontato, quasi sicuramente con lo stesso atteggiamento
di sorpresa di allora, della telefonata dell’addetto alle pubbliche relazioni
della Casa reale d’Inghilterra che voleva prenotare per la regina e lui che ha
chiuso il telefono pensando a uno scherzo. Una questione risolta con la
telefonata del console inglese in Toronto.
Il libro “Winston’s”, caratteri in oro, “La vita e i momenti di un
grande ristorante”, scritto da due noti scrittori, Herbert Whittaker e Arnold
Edinborough, racconta la storia di questo tempio della cucina canadese, fondato
negli anni ’40 da un immigrato
ungherese, Oscar Canceller, che l’ha reso famoso, esclusivo, grazie alla
frequentazione di celebrità che vivevano il teatro, politici e uomini di
affari, fino a quando (1962), per un infarto, non viene costretto a cederlo a
un consorzio di produttori locali. Sono i quattro anni (1962-1966) che - vuoi
per incapacità e, vuoi anche, per la nascita di numerosi e nuovi ristoranti
nelle vicinanze – registrano, con la perdita dell’affezionata clientela, il
fallimento del Winston’s e l’entrata in scena di John, allora responsabile del
ristorante di un famoso Country club, che, proprio nel giorno della morte di
Canceller per un altro infarto, acquista il Winston’s per soli due dollari
canadesi, come dire meno di duemila lire italiane. Gli autori del libro hanno
dedicato a John un intero capitolo, quello che chiude la storia del noto
ristorante
John Joseph, l’italiano di origine calabrese che, alla fine
degli anni ’30, a soli 14 anni, affronta un viaggio di quaranta giorni per
raggiungere con un bastimento l’Australia. Il Winston’s riparte – come prima si
diceva - non lontano dalla vecchia sede, in Adelaide ave, una delle strade più
famose ed importanti di Toronto, con una nuova immagine e un nuovo stile in sala
e cucina. Lo stile di Jonh, il ragazzo che, dall’entrata della primavera
all’inizio dell’autunno, come gran parte dei suoi coetanei, camminava scalzo e
che, per colpa di una maestra, non è riuscito a terminare la terza elementare.
John scrive bene in inglese e, come a vendicarsi di quella sua maestra,
altrettanto bene in italiano. Nel 1957 sbarca in Canada dalla lontana Australia
e vive questo grande Paese con la gratitudine di chi ha ricevuto onori e
successi nel corso di una vita intensa e ricca di avventure. Ha dentro la sua
memoria, come quadri in bianco e nero, i territori calpestati scalzi del suo
piccolo paese in Calabria ed è lì che ha lasciato un pezzo del suo cuore. Ti
rendi conto che è così quando questi
quadri espressi dalla sua terra, oggi ancor più amata, te li illustra e, con
essi, racconta, con gli occhi inumiditi di emozione, le figure dei suoi cari,
della madre in particolare.
John, il ragazzo che troppo presto diventa uomo, il “self
made man”, il grande professionista e, anche, grande perfezionista se è vero che
la mattina, all’apertura del Winston’s, controlla tutto, ogni angolo della sala e
della cucina del ristorante, perfino le unghie dei camerieri. Il genio,
l’artista dell’ospitalità; l’uomo dalla grande memoria che - se non fosse per
un ginocchio sostituito con una capsula in ottone - non avrebbe niente di cui
lamentarsi, ma solo di raccontare, nei particolari, le sue avventure di
giramondo. L’affabulatore che sa
cogliere l’attenzione. E, ancor più, l’eterno giovane, sempre elegante, che continua
a parlare dei suoi sogni, dei suoi progetti, dei suoi nuovi impegni,
soprattutto nella gestione di una grande associazione da lui fondata, DiRṓNa, che raggruppa oltre seicento
ristoranti del Canada, Stati Uniti e Messico, selezionati per l’offerta del
cibo di qualità. A tale proposito, mi ha confermato la scelta che il
gruppo dirigente di questa associazione ha fatto, qual è quella di inserire, nel
programma di attività dell’anno prossimo, una visita a maggio, con un gruppo
dei suoi associati, del Molise, per godere la bellezza dei suoi paesaggi, degustare
gli oli e i cibi di questa mia terra. E dell’olio abbiamo parlato intorno al
tavolo del mio giardino sotto gli olivi secolari e guardando, per colpa del
ginocchio malandato, quelli giovani poco lontani Una buona opportunità per la promozione delle
bellezze e delle bontà di una Regione che affascina il visitatore. Mi sono
sentito onorato di questa sua visita e di quela delle famiglie Damato, a La Casa del Vento. E, mi hanno fatto piacere
i suoi elogi a L’Olio di Flora che ha degustato con particolare attenzione,
ricordando quando da piccolo frequentava i frantoi del suo paese perché, oltre
al delicato profumo dell’olio che usciva dalle vasche in pietra, c’era sempre
una fetta di pane raffermo, inzuppato di olio, da mangiare. “Una grazia di Dio”
come ci ha tenuto a sottolineare. Salutandoci con un abbraccio ci siamo detti
“a presto, arrivederci a maggio del prossimo anno”.
pasqualedilena@gmail.com
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