NIENTE E’ ANCORA PERSO, SE IL PARLAMENTO ITALIANO ESPRIME IL SUO NO AL CETA
di Pasquale Di Lena
Il trattato, Ceta, approvato lo scorso mercoledì e, in pratica, già operativo, può essere, però, cancellato dai 38 Parlamenti nazionali dei 28 stati membri dell’Unione europea. Questo passaggio, non previsto dall’Europa e imposto dalla rete con milioni di firme raccolte, è una vittoria della mobilitazione della società civile europea che, in questo modo, ha fatto sentire la propria voce, grazie a Avaaz in particolare. La stessa mobilitazione che deve servire per far dire No al Ceta al Parlamento italiano e a quelli dei rimanenti 27 Paesi dell’Europa.
Il trattato, Ceta, approvato lo scorso mercoledì e, in pratica, già operativo, può essere, però, cancellato dai 38 Parlamenti nazionali dei 28 stati membri dell’Unione europea. Questo passaggio, non previsto dall’Europa e imposto dalla rete con milioni di firme raccolte, è una vittoria della mobilitazione della società civile europea che, in questo modo, ha fatto sentire la propria voce, grazie a Avaaz in particolare. La stessa mobilitazione che deve servire per far dire No al Ceta al Parlamento italiano e a quelli dei rimanenti 27 Paesi dell’Europa.
Se l’approvazione del Ceta, il trattato Eruopa – Canada, per
i suoi risvolti negativi riguardanti, il territorio, l’ambiente, i principi di
solidarietà e di cooperazione, le disuguaglianze e i diritti, ha aperto una
delle pagine più negative scritte dal Parlamento europeo, ci sono spiragli che
fanno intravedere la luce e capire che niente è perduto. Si tratta del passaggio,
per l’approvazione definitiva di questo trattato, ai Parlamenti nazionali, un
successo della straordinaria mobilitazione da aggiungere a quello che ha visto aumentare,
in modo significativo, il numero di parlamentari europei che hanno votato
contro il Ceta.
Ora, però, per vincere definitivamente, è necessario
raddoppiare gli sforzi di ognuno per:
- sensibilizzare il Parlamento italiano e mobilitarlo per una informazione corretta dei cittadini e non strumentale o propagandistica alla Renzi e i parlamentari europei del suo Pd;
- sensibilizzare il Parlamento italiano e mobilitarlo per una informazione corretta dei cittadini e non strumentale o propagandistica alla Renzi e i parlamentari europei del suo Pd;
-
stimolare l’impegno delle forze che hanno votato
contro il Ceta a Bruxelles (Verdi, Lista Tsipras, Lega, M5S, i rappresentanti
della sinistra del Pd) per dar vita – possibilmente in pieno accordo e insieme
- a campagne di sensibilizzazione e mobilitazione nel Paese;
-
far venire allo scoperto quanti non ancora si
sono espressi nel merito, come tanti rappresentanti delle istituzioni; organizzazioni
impegnate nella difesa dell’ambiente e del paesaggio; dell’agricoltura e del
mondo contadino; dell’enogastronomia di qualità; della legalità e della
giustizia;
-
convincere le centinaia, migliaia di
associazioni, movimenti sparsi nel Paese, a mettere all’ordine del giorno del
loro impegno anche quello di respingere il Ceta per rendere questa questione
filo conduttore e rafforzamento di tutte
le battaglie per la difesa de: il territorio e le sue fondamentali risorse, in
primo luogo l’ambiente e il paesaggio; il cibo di qualità che esprime diversità;
la salute; la giustizia e, soprattutto, la sovranità nazionale.
Si sa che, diversamente da quello
che vogliono far credere i propagandisti di questi trattati, l’approvazione del
Ceta (Comprehensive economic and travel agreement) dà alle multinazionali il
potere (anche se in parte rivisto, esso rimane) di citare in giudizio i governi
e minacciare le norme che proteggono il territorio, la salute pubblica e i
diritti sociali.
In pratica, diventano prevalenti
gli interessi di queste potenze, a scapito dell’interesse pubblico, del bene
comune, della giustizia, del riconoscimento della qualità del cibo, espressa dal
territorio e dall’agricoltura contadina. Il riconoscimento delle Indicazioni
geografiche (Ig) Dop, Igp e Stg, frutto di un percorso - avviato nel 1991 con
il Regolamento Ue n° 2081- che ha fatto salire sul podio più alto l’Italia dei
mille territori e dei cinquemila prodotti tipici legati, almeno da 25 anni, alla
tradizione.
Ben 814, i riconoscimenti Dop e
Igp italiani, riguardanti alimenti e
vini insieme, su i 2959 dei 28 Stati membri della Ue. Come dire che il 36% delle Dop, Igp e Stg di ventisette Paesi europei
sono espressione dei territori italiani, un dato che dovrebbe toccare l’orgoglio
di ogni italiano, ma visto il risultato di mercoledì scorso a Bruxelles, e il
voto favorevole Ceta, fa dire che non è così.
Un primato mondiale conquistato
con l’intelligenza e l’impegno dei produttori e delle loro organizzazioni, di
enti e istituzioni, che il Ceta, con la soddisfazione dell’ex Ministro dell’Agricoltura
e l’applauso dell’industria agroalimentare italiano, ha ridotto a 140 prodotti
in tutto, di cui appena 41 quelli italiani. Ricordo che, che lo scorso anno, anche
l’attuale Ministro dell’Agricoltura, Martina, per giustificare il suo assenso
al Ceta e al Ttip, si è dichiarato soddisfatto
del possibile riconoscimento di 25 prodotti, dopo aver affermato, non a caso a
Parma, la capitale, con le maggiori industrie presenti, dell’agroalimentare
italiano, che lui era sì il Ministro dell’Agricoltura, ma che aveva ben
presente anche le esigenze dell’industria.
Ed ecco come un percorso, quello
delle Indicazioni geografiche, faticoso ma esaltante, che ha fatto tagliare
traguardi importanti all’Europa ed ha dato al nostro Paese un primato mondiale,
vengono stracciati dal Parlamento europeo, che aveva il compito di difenderli
visto che, nel corso del tempo, li aveva approvati.
Succede quando a guardia del
pollaio si mettono le volpi, che le lobby, con tanta pazienza, hanno ben
ammaestrato! E questo nel momento in cui il glocale
ha tutto per essere protagonista del globale,
e, così, imporre ai governi e alle multinazionali, ai produttori e ai
trasformatori, la regola del confronto al posto di quella basata sulla forza,
la prepotenza, la prevaricazione.
La regola che porta a dire “NO al Ceta, No al Ttip”, e,
soprattutto, “NO Protezionismi, NO Privilegi
delle Multinazionali, SI al Commercio libero e equo”per una vera
globalizzazione che, solo così, ha tutte le possibilità di offrire vantaggi per
tutti, dare respiro al clima e al globo, far sognare il domani.
Chiudo con pensiero ai
socialdemocratici o popolari, i cosiddetti progressisti, riformisti, ma, in verità
neoliberisti, che hanno espresso - nel momento in cui c’è urgente bisogno di
solidarietà e cooperazione - il loro voto favorevole, non rendendosi conto che,
abdicando al loro ruolo di garanti della Costituzione; dei diritti; del bene
comune, ambiente e paesaggio in particolare, hanno, prima di tutto, tradito se stessi.
Le azioni che servono per
impegnare il Parlamento a prendere iniziative e quelle atte a coinvolgere gli
italiani a manifestare perché il Parlamento italiano trasmetta a quello europeo
il No al Ceta, devono servire soprattutto a far ragionare i progressisti se si
vuole avere certezza di questo risultato.
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