L’UNITA’, il giornale fondato da Antonio Gramsci il 12 febbraio del 1924
“La vita non è quella che hai
vissuto – ho letto da qualche parte – ma quella che hai nella memoria per
raccontarla”
Ripensando allo sfogo
di qualche giorno fa di Bobo, attuale direttore de L’Unità, mi è tornato
in mente il rapporto durato quarant’anni con questo giornale, che, oggi,
ripenso come il libro di scuola quotidiano, per me e per le centinaia di
migliaia di lettori che lo compravano ogni mattina.
Lettori affezionati che sapevano il ruolo e il significato de
L’Unità nel corso di tanti decenni, quando l’hanno vista clandestina nelle mani
dei comunisti e degli antifascisti; dei partigiani, con i fucili sulle spalle,
in montagna, a vivere la guerra contro il fascismo e gli invasori nazisti, dopo il tradimento
dei Savoia; degli operai che già avevano salvato le loro fabbriche da chi le
voleva smobilitare per appropriarsi delle macchine; degli italiani che hanno
gridato la loro gioia di liberazione sventolando il tricolore; dei nostri
soldati che tornano dalle prigionie dei tedeschi e, prima, degli inglesi; degli
ebrei, omosessuali, rom, comunisti, socialisti, cattolici, liberali e i tanti
militari scampati ai criminali tedeschi - con il benestare e la collaborazione
di Mussolini e delle sue camicie nere - nei campi di sterminio, un orrore e
errore della mente umana. L’Unità degli italiani che a maggioranza scelgono la
Repubblica e dei suoi padri costituenti, che mettono a disposizione la Carta
costituzionale, la stessa che qualcuno, ultimante, ha provato a strappare.
L’Unità dell’attentato a Togliatti e la sua opera di divulgazione del messaggio
di stare fermi e non reagire alla grande provocazione; dei morti di Portella
delle Ginestra, di Torremaggiore e di Reggio Emilia; contro la legge truffa di
Tambroni; dei corpi deviati dello Stato e dei ripetuti pericoli di colpo di
Stato e guerra civile; delle bombe di Milano e di Brescia; della bomba fascista
alla Stazione di Bologna e degli attentati ai treni; della scoperta della P2 e di
Gladio; del delitto Moro e della lotta al terrorismo, alle mafie e alla
criminalità organizzata, come pure alla corruzione, ai ladri, agli
approfittatori, alle caste, alle cricche; alla disinformazione; alla P3 e a
tutti i malfattori. L’Unità della difesa della democrazia e delle conquiste
civili, delle donne in particolare, come l’aborto e il divorzio; del diritto
dei lavoratori; della scuola e delle Università aperte a tutti; della sanità
per tutti,
Ancora più lungo sarebbe il discorso riferito alla politica
internazionale e le sue prese di posizioni che hanno influenzato cambiamenti e
rotto legami del partito, il PCI, che aveva ne L’Unità il suo giornale.
Una lunga premessa ad un giornale che ha guidato milioni di italiane
e italiani a capire la realtà e, da essa, trovare le ragioni per modificarla.
Ricordo me, Fernanda e altri quindici e, a volte, anche venti compagni
sparpagliati, ogni domenica e ogni giorno di festa, nei quartieri di San
Quirico, Legnaia, Soffiano, le Torri, il Ronco, a picchiare alla porta delle
vecchie case o a suonare i campanelli di quelle nuove che allargavano Firenze
verso Est. E come noi, altre squadre di altre sezioni di altri quartieri.
C’è stato anche un momento in cui la testata fondata nel
1924 da Antonio Gramsci si era persa.
Ed ecco i Furio Colombo prima e i Padellaro e Concita De
Gregorio dopo, i tre direttori che, in un momento particolarmente difficile, hanno
dato la forza necessaria per il suo rilancio. L’Unità, il mio giornale, quello che ancora mi porto nella
mente e nel cuore.
Poi quella del Pd, in particolare di Renzi, che ho smesso di
leggere e di comprare.
Alle compagne e ai
compagni di tante diffusioni che ancora ricordano e possono raccontare i sogni,
gli ideali, la partecipazione e la passione di cui questo Paese ha profondo
bisogno
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