Antidoti ai delitti familiari
di
Umberto Berardo
L'ultimo
crimine terribile in ordine di tempo è quello avvenuto il 10 gennaio 2017 a
Pontelangorino in provincia di Ferrara, ma, mentre si dichiarano gli uxoricidi,
i reati dei figli contro i genitori sono un tabù e, almeno nei casi di minacce
ed aggressioni, tendono ad essere negati o minimizzati per tutelare un'immagine
positiva della famiglia.
L'omicidio
dei genitori per la verità non ha una casistica molto elevata rispetto ad altre
forme di delitto, ma il fatto che avvenga all'interno della famiglia ed in
forme piuttosto cruente colpisce molto l'opinione pubblica.
Non
mancano studi e pubblicazioni sul tema.
Nel 2007 la Facoltà di Psicologia
dell'Università degli studi di Torino se n'è occupata con una ricerca sui casi
verificatisi in Italia per individuarne i dati fondamentali.
Gli
autori di tali crimini sarebbero per l'82% figli maschi e per il 18% femmine,
mentre le vittime sono padri nel 54,1% e madri nel 45,9% .
I
moventi di solito sono di natura psicologica, economica e relazionale, ma anche
dipendenti da tossicodipendenza, patologie psichiatriche, violente
incomprensioni o volontà di vendetta.
In
ogni caso, se la deviazione dell'amore tra i componenti di un nucleo familiare
arriva ad un omicidio e non trova alcun ostacolo nella manifestazione della
violenza più spietata, anche in ordine agli strumenti di cui si serve, alla
futilità delle motivazioni ed all'assenza totale di pentimento, è chiaro che
tutti noi abbiamo il dovere di porci delle domande articolate in ordine alle
cause profonde che, al di là dei moventi, muovono a simili gesti.
Intanto
noi pensiamo che in moltissime famiglie si sia interrotto o quantomeno
allentato il processo educativo e quello della formazione valoriale,
caratteriale, psicologica, sentimentale ed etica che dovrebbero essere l'asse
portante nella costruzione dell'identità e della libertà personale di ogni suo
componente.
I
rapporti di lavoro, ma anche la superficialità in impegni non essenziali, come
pure l'estraneazione nella realtà virtuale attraverso lo schermo del computer,
del telefonino o del televisore, determinano spesso una generale assenza di
dialogo senza il quale è molto difficile, se non impossibile, mantenere nella
famiglia autenticità di rapporto educativo e di relazioni umane profonde.
Si
creano allora muri invisibili che impediscono la comprensione reciproca come la
conquista di un'indipendenza decisionale e spesso appunto generano mostri.
Ciò
che fanno in merito poi i mass-media è di una gravità che a nostro avviso
ancora non ci è del tutto chiara.
La
violenza e gli esempi di relazioni familiari negative che ci vengono propinate
senza risparmio ogni giorno hanno un impatto fortemente diseducante nei
confronti delle nuove generazioni e noi che le tolleriamo siamo complici di
palinsesti televisivi o di altri prodotti massmediatici o tecnologici che
sicuramente creano forti distorsioni della personalità soprattutto in chi ha
scarso potere critico.
La
banalizzazione di elementi fondamentali come gli affetti, la stessa vita o la
morte porta i giovani, secondo lo psichiatra Vittorino Andreoli, ad eliminare
tutti gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento dei desideri
La
scuola poi, sempre più orientata quasi esclusivamente all'informazione ed
all'istruzione, talora ripiegata su un sapere contenutistico trasmesso più che
ricercato, crediamo debba riappropriarsi del ruolo fondamentale della
formazione non solo sul piano culturale, ma anche psicologico, sentimentale e
dello spirito critico.
Se
deleghiamo la genesi dei sentimenti e della coscienza personale ai cattivi
maestri, è chiaro che le relazioni umane avranno problemi enormi, costruite
come sono sulla banalità di principi assurdi e senza senso.
Le
difficoltà di rapporto tra genitori e figli avvengono soprattutto quando questi
ultimi vivono la fase adolescenziale.
Il
conflitto è parte integrante della crescita dei ragazzi e può facilitarne lo
sviluppo purché venga gestito con responsabilità e senza alcuna forma d'istintività.
Crediamo
abbia ragione Daniele Novara, responsabile di uno sportello di consulenza
pedagogica a Piacenza ed autore di numerose ed interessanti pubblicazioni al
riguardo, a sostenere che la violenza non è figlia del conflitto, ma piuttosto
dell'incapacità a tollerare le difficoltà ed i contrasti da parte di soggetti
con turbe della personalità o problematicità relazionali.
La
sua idea di una "Scuola genitori" per conoscere come agevolare i
figli a crescere ci sembra davvero interessante in un contesto in cui
l'analfabetismo di ritorno può fare gravi danni di natura educativa.
L'uscita
dalle fragilità esistenziali nel rapporto genitori-figli ha bisogno ovviamente
di una grande capacità reciproca di dialogo che talora necessita di aiuti
esterni alla famiglia come quelli dello psicologo, dello psicanalista o più
semplicemente di amici, della scuola o di altre agenzie educative come i gruppi
sportivi, la parrocchia, i consultori o i centri culturali e ricreativi.
Poiché
la psicologia dell'età evolutiva sostiene con certezza che nei giovani la violenza
nasce da blocchi nello sviluppo psichico, è del tutto evidente come in un tale ambito,
senza permissivismi a forme di libertà distorta o ad atteggiamenti di
marginalizzazione, sia della massima importanza la presenza autorevole, ma non
autoritaria, dei genitori e della scuola.
È
nostra convinzione profonda, anche per il lavoro di trentasei anni da
educatori, che certe situazioni di difficoltà esistenziali che generano aggressività
siano superabili solo lavorando in maniera certosina a superare in modo non
violento i conflitti familiari e sociali.
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