UN NO PER UN SI’ AL FUTURO
UN NO PER UN SI’ AL FUTURO
Comprendo benissimo la delusione, mista a risentimento, di
quelli che hanno sostenuto con forza le ragioni del Sì, in particolare quelli
che hanno visto e vedono in Renzi il nuovo messia.
Sono uno di quelli che ha votato No a una “porcata”, qual
era la riforma della Costituzione, e, nella stessa misura, alla propaganda, davvero
noiosa, del “cambiamento” ritmato da
Renzi e i suoi seguaci. Il “cambiamento” di “sblocca Italia” che ha messo in
mano a petrolieri e avventurieri i nostri territori; quello del “Job act” e dell’attacco al mondo del lavoro e,
soprattutto, alle nuove generazioni; della ri-privatizzazione dell’acqua e
della privatizzazione della Sanità, dello svuotamento di contenuti della scuola
e dell’Università (salvo quelle private). Soprattutto la privatizzazione dei
beni comuni, in particolare del territorio, con i suoi valori e le sue risorse,
prima fra tutte la Terra fertile e la riduzione delle possibilità di coltivarla
per avere la prima e sola energia vitale, il cibo.
Terra espropriata ai coltivatori per destinarla alla
produzione di altre fonti energetiche, nelle mani della finanza, dei grandi
affari e della criminalità. Mille giorni di un governo , nella piena continuità
dei governi che lo hanno preceduto negli ultimi vent’anni, che hanno prodotto
soprattutto disastri com’è nelle spirito di
un sistema basato sul neoliberismo, per molti il solo possibile. Il mio No e quello dei tanti altri - oscurati
dai media - che hanno dato, soprattutto con la presenza costante e attenta
sulle piazze virtuali, il loro sostanziale contributo alla grande
partecipazione al voto e al raggiungimento del 60% dei NO, è stato ed è contro questo sistema. Un
sistema basato su un’economia predatoria
e non produttiva, sulla distruzione delle risorse e non sull’utilizzo delle
stesse e la loro giusta distribuzione. Il mio, sia chiaro a chi grida ai
populismi, non è un No all’Europa, visto che da tempo ho fatto mia la sua
bandiera, ma alla moneta unica e alla necessità di tornare alla lira per
tornare, con un ragionamento diverso, all’euro. Il mio No e quello di quelli
che hanno a cuore la sovranità nazionale e popolare, è un NO al protezionismo e
alla xenofobia; alle politiche e ai politici improvvisati, soprattutto se
presuntuosi e arroganti, bugiardi e capaci solo di dividere un Paese che ha
bisogno di tutto il suo popolo, unito e animato a vivere e lottare per il
cambiamento, quello vero, cioè del sistema fallito che ci sta portando tutti
nel baratro.
Penso all’agonia dell’agricoltura con l’abbandono della
terra proprio da parte di quel mondo contadino che l’ha resa preziosa con le
sue produzioni di eccellenza, la cura dei paesaggi, il mantenimento della
fertilità del suolo, la cura dell’ambiente, la conservazione di valori.
Penso alle aree interne marginalizzate ancor più dal tipo di
sviluppo e al loro abbandono.
Penso al nostro Meridione che il sistema vuole conquistare
con ogni mezzo, visto che è l’unico territorio rimasto per le sue disastrose
scorribande. Non a caso la valanga di No
arriva proprio dal mondo agricolo, dai territori marginali e dal Meridione e,
aggiunto a queste realtà, dal mondo dei giovani, quei giovani che i genitori
affascinati dal cambiamento che lascia, quando va bene, la realtà com’è quando
non la peggiora, non riescono a difendere. Ed ecco che appare un’altra parola
magica per chi non vuol vedere la realtà, il “populismo”, come paura, non
rendendosi conto che il sistema sta alimentando da tempo e ovunque, con il suo
fallimento, la peggiore destra.
Per ricominciare serve azzerare le azioni messe in atto fino
ad oggi e, soprattutto, “bloccare” l’unica miniera d’oro che abbiamo, il
territorio; rimettere al centro la sua attività primaria, l’agricoltura, quella
contadina e non quella super intensiva, propria delle multinazionali; lavorare
per affermare la sovranità alimentare e, con essa, assicurare il cibo ai
miliardi di uomini che popoleranno sempre più il pianeta; lavorare, a partire
dai piccoli territori comunali e regionali, per affermare un’economia basata sulla
produzione, cioè sulla possibilità di creare occupazione e il rilancio di
attività come l’artigianato, il commercio, il turismo.
Scrivo questo e penso ai mille e mille piccoli centri sempre
più abbandonati, tesori di arte, storia, cultura, tradizioni, che vale la pena,
dando ad essi la priorità, di rilanciare. Penso alla programmazione, alla
progettualità, ai sogni, alla partecipazione, ai valori della nostra
Costituzione,soprattutto a quelli ancora da attuare, al mondo della conoscenza
che dobbiamo vivere ancor di più.
Un No
necessario se vogliamo dire, tutt’insieme, Sì al futuro e ripartire dai
progetti per impegnare e misurare i protagonisti di chi deve governare la
situazione e, non viceversa, evitando così il culto della personalità che – lo dimostra
la storia – è un rischio per la libertà di ognuno
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