La memoria, territorio di diversità e identità
C’è un
spazio che esprime un colore di tanti colori, emana un profumo di profumi
inebrianti e forti e ti fa sentire sapori, ed è quello che si chiama territorio.
Uno spazio che ha i confini segnati dallo sguardo, il tuo sguardo, e che è lì,
dentro di te, come parte importante della tua memoria.
Uno spazio
che i venti - come altrove, anche qui arrivano da ogni parte - alimentano di parole, note particolari per te
familiari. Incontro, dialogo, abbraccio, suoni, ballo, canto, unione, racconto,
poesia, comunità. Uno spazio che tu segni con i tuoi passi senza contarli
perché non c’è alcun bisogno di farlo. Uno spazio che è tuo e degli altri, di
tutti quelli che come te ce l’hanno dentro riposto nella memoria.
Poi, un
giorno, parti e ti allontani e, così, lo spazio che hai lasciato ti appare, lo
vedi come fosse la prima volta, lo senti
con i suoi profumi, i suoi colori, le sue parole, i suoi canti. Prima
diventa ricordo, poi, col passar del tempo, nostalgia, paura di perdersi, ed è
forte la voglia di tornare a vivere la tua diversità.
Siamo tutti
emigranti e tutti nella necessità di incontrare persone, molti futuri amici, compagni,
ai quali non è facile capire il verde della propria terra e delle sue verdure,
coltivate o spontanee, i colori dei suoi frutti o della festa del proprio
patrono; il profumo del mare o del monte non lontano, di un brodetto di pesce o
di un pasticcio, di una pagnotta di pane appena sfornata o di un olio appena
franto; il sapore una marmellata, di un vino invecchiato, di un bucatino
all’amatriciana o di un tajarin al tartufo, di un aceto balsamico o di un
risotto con uno dei radicchi veneti; il canto.
Nostalgia,
quella che ho visto negli occhi dei nostri emigranti in Canada e negli Stati Uniti
e che, poi, grazie alle possibilità offertemi dai vini Doc e Docg rappresentati
e promossi dall’Enoteca Italiana di Siena, ho imparato a conoscere, ovunque nel
mondo, quando ho avuto il piacere di salutare un italiano. La gran parte di
questi nostri emigranti si sono affermati nel loro lavoro, sono saliti sugli
scalini alti della società, benestanti, e, nonostante questo, vivono la
nostalgia con tre riti importanti, quali la cucina, la morte, il dialetto o il
poco o tanto italiano di quando uno è partito. La nostalgia del proprio
territorio che uno ha imparato a capire e sentire con il ricordo.
Il
territorio, il tuo, è diversità e identità, come lo è quello degli altri.
Riconoscere questa diversità e identità come un valore importante per te, vuol
dire riconoscere la diversità e l’identità dell’altro.
Un
riconoscimento che porta ad allargare lo spazio e a rendere più ricca, più
forte l’attenzione che serve a tenere in mano il filo della storia e ad
alimentare il patrimonio di cultura, fondamentale per costruire il domani, un
domani migliore dell’oggi, frutto dei sogni di ieri.
Fondamentale
per il rispetto di sé e degli altri, essenziale per vivere e far vivere lo
spazio conquistato, il territorio che ti ha adottato. In pratica l’attesa, il
tempo necessario della integrazione che ha bisogno di atti di solidarietà e
reciprocità, amore, per essere parte, testimone del nuovo territorio.
Ecco perché
il territorio non può essere di uno, ma di tutti, proprio perché nel momento in
cui è solo di uno, come una qualsiasi proprietà privata, a tutti quelli che
sono stati espropriati o cacciati, vengono meno i profumi , i colori, i sapori,
i canti e i suoni delle parole.
Non a caso,
fino a qualche tempo fa e sin dai tempi dell’impero romano, il territorio è
sempre stato considerato un bene comune, una proprietà collettiva. Bene comune,
con un valore e un significato ancor più importanti oggi, quando bisogna
allargare i confini, accogliere i migranti e dare loro la possibilità - com’è
successo a me a Firenze o a Giorgia in Brasile e, con Giorgia, alle centinaia
di migliaia di giovani che partono per trovare lavoro – di esprimere la loro diversità
e identità.
Com’è
successo ai nostri emigranti, sparsi in ognuno dei cinque continenti, cioè diventare
ed essere testimoni, anche importanti, di quel territorio che li ha accettati e
accolti.
Con il tempo
e dopo aver segnato Firenze, Siena, la Val d’Elsa, con i miei passi – parlo di
me - mi sono appropriato dei profumi,
suoni, sapori, colori splenditi di quella terra magica che è la Toscana, li ho
avvicinati, confrontati, e, perfino confusi, ad eccezione delle parole che
hanno e continuano ad essere dialetto del mio territorio, là dove sono tornato
a vivere e non senza la nostalgia della Toscana.
pasqualedilena@gmail.com
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