IL CLIMA, IL TERRITORIO, IL CIBO RACCONTANO LE AZIONI DEGLI UOMINI
Questo mio articolo in uscita sulla bella rivista "Oinos -viveredivino", numero di Luglio
Nella storia della
Terra, come dicono gli studiosi, tutto ha avuto un’origine e una fine, un
processo segnato da cinque epoche, ognuna delle quali caratterizzata da
un’estinzione di massa, con l’ultima (65 milioni di anni fa), quella che ha
visto la scomparsa dei dinosauri.
Sempre a detta degli scienziati, la terra sta accelerando i
tempi per arrivare alla sesta estinzione e questa volta, a differenza delle
precedenti, è l’uomo la causa scatenante, il principale responsabile della
forte accelerazione in atto. L’uomo che continua, senza sosta, a rubare,
trasformare e distruggere le risorse
primarie del pianeta che i differenti territori esprimono, nonostante gli
impegni solenni presi dai rappresentanti della quasi totalità dei 196 Stati
sovrani alla Conferenza sul clima tenutasi, lo scorso mese di dicembre, a
Parigi.
Anche i più distratti cominciano a percepire questo processo
di accelerazione in atto, ma sono ancora pochi quelli che riescono a rendersi
conto delle conseguenze di questi
cambiamenti e della loro accelerazione che
riguardano e rivoluzionano la vita di ognuno.
Ecco che il clima, come il territorio e il cibo, racconta le
azioni degli uomini, sia di quelli (pochi) che hanno in mano e decidono le
sorti del pianeta, sia di quelli (la stragrande maggioranza) che subiscono gli
effetti della voracità dei primi.
Un comportamento scellerato, quello che porta l’uomo a continuare nella sua azione di distruzione delle foreste pluviali; cementificazione e asfalto del territorio; accumulo di plastica e veleni negli Oceani; inquinamento delle acque e dei terreni con quantitativi crescenti di fertilizzanti e pesticidi; la perdita di biodiversità.
Un comportamento scellerato, quello che porta l’uomo a continuare nella sua azione di distruzione delle foreste pluviali; cementificazione e asfalto del territorio; accumulo di plastica e veleni negli Oceani; inquinamento delle acque e dei terreni con quantitativi crescenti di fertilizzanti e pesticidi; la perdita di biodiversità.
La verità è che anche quest’anno 17 milioni e più di ettari
di foreste scompariranno per fare posto alle coltivazioni e ai pascoli, cioè alla
produzione prevalente di cibo destinato agli allevamenti super intensivi
(industrializzati) che danno carne a spese delle falde acquifere e della poca
acqua potabile; del benessere degli animali allevati e, per colpa delle forti
emissioni di CO2, del clima.
E’ il territorio nel
suo complesso, non solo le foreste, che viene ridotto secondo dopo secondo
(l’Italia consuma 8mq. ogni secondo) e ciò fa pensare subito al grande rischio
di non essere più nelle possibilità di
dare il cibo necessario alle generazioni future, a una popolazione di
oltre nove miliardi di persone che, secondo le previsioni, nel 2050 animeranno il
pianeta.
Già oggi i governi sono nel pallone nell’affrontare il
fenomeno degli immigrati non avendo idee di quale integrazione e, soprattutto,
della necessità dell’inclusione di questi uomini, donne, bambini, che – c’è da
ripeterlo a chi non lo sa - sono persone.
Aumenta ogni giorno il numero di persone che vengono
cacciati dai loro territori e spinti a rischiare il mare e/o a camminare,
quando sotto il sole cocente e quando con il freddo o sotto la pioggia, per
raggiungere quel nord che, con il
passare dei giorni, diventa sempre più sud.
E, tutto per colpa dei cambiamenti climatici, la riduzione
di spazi di territorio e di biodiversità, la carenza di cibo. Una carenza,
cioè, dell’energia primaria per gli uomini e gli animali che
l’industrializzazione dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, non ha
risolto ma aggravato, visto che essa rappresenta la seconda causa, dopo le
energie fossili, dei problemi – solo accennati all’inizio - che vive il clima.
Un processo di industrializzazione che insiste a emarginare i contadini, i
pastori e i pescatori, cioè quelli che, toccando con mano la terra e il mare e
conoscendo l’equilibrio fragilissimo della natura, hanno dato, con il senso del rispetto, alla
terra e al mare quella sacralità che meritano.
La crisi che il mondo vive mostra chiaramente che è la
conseguenza di uno sviluppo sbagliato, pieno di luci accecanti che hanno
stordito tutti e lasciato al buio il futuro. Uno sviluppo che ha mostrato il
suo fallimento e che il sistema vuole riproporre a tutti i costi sprecando,
così, quel poco tempo che resta per invertire la rotta.
È tempo di uscire dallo spazio dello spreco, illuminato da
queste luci abbaglianti e cercare di adattarsi al buio per ritrovare, tutt’insieme, la luce sulla strada
che porta a vedere, conoscere e vivere il territorio e trovare in esso non solo i valori della nostra identità ma le
risorse possibili per ripartire, progettando e programmando il futuro che
appartiene a tutti, alle nuove generazioni in particolare.
Il solo modo per salvaguardare, proteggere, spendere e
valorizzare il territorio è conoscerlo e capire i valori e le risorse che mette
a disposizione dell’umanità, come una straordinaria miniera che, se ben
utilizzata, ha la capacità di rinnovarsi.
Pasquale Di Lena
siamo davanti ad un problema grandissimo quale i senso di responsabilità civica di noi tutti,ognuno di noi deve provvedere ad assumere un comportamento responsabile,consapevole della nostra precarietà sulla terra,Come fare? quali forme di convivenza vogliamo trovare?Non sapiamo neanche gestire la nostra vita.Questa è una questione di cultura in rapido declino,che fare?
RispondiEliminabisogna prendere in mano la matassa ingarbugliata e vedere come trasformarla in gomitolo. Prendere il filo e trasformarlo in un discorso, dialogo, sorriso, voglia di dare, stretta di mano, calzino, sciarpa, maglione per ripararsi dal freddo dell'inverno, aspettando che la terra lieviti e dia il cibo, quello sano che nessuno ha più voglia di buttare.
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