Dopo i disastri del neoliberismo i primi ripensamenti
di Giorgio Scarlato
L'economia capitalistica neoliberale, oscurantista, popolata da squali
della finanza e da opportunisti sanguisughe, per continuare a crescere, ha
fondato il suo concetto sullo spreco delle risorse ambientali e sul costo più
basso possibile; concentrando la ricchezza in pochissime mani, quasi tutte
dedite alla speculazione finanziaria e non agli investimenti produttivi.
La crisi ha prodotto delle diseguaglianze
sempre crescenti, ha innalzato barriere sempre più alte tra la parte ricca della
popolazione e la parte che una volta era il ceto medio; ha creato un terremoto
sociale.
Peggio: ha provocato danni quasi
irreversibili alla sostenibilità della crescita e non solo per
alcuni.
E'arrivato il tempo, prima era
innominabile, ed era ora, che dopo decenni, il Fmi (Fondo monetario
internazionale) ha rinnegato la sua creatura, il neoliberismo, iniquo e dannoso;
quella creatura che ha creato estreme diseguaglianze.
Questo per quanto si è letto sulla rivista dell'Fmi a firma del
vice-economista capo Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani e Davide
Furceri.
E' stato scritto che <<.. invece di produrre crescita, alcune
politiche neoliberiste hanno accresciuto la disuguaglianza, mettendo a rischio
un'espansione durevole>>.
I due pilastri che hanno retto per anni questa distruttiva
tesi:
- la liberalizzazione dei capitali in altri Paesi;
- il consolidamento fiscale alias l'austerity (il taglio della
spesa pubblica in un Paese indebitato).
Sul primo punto, la improvvisa ricchezza di questi Paesi, per un
ben 20%, si è tradotta poi in un'altrettanto grave impoverimento.
In merito al secondo punto, le politiche di austerità non solo
hanno generato sostanziali costi del welfare dovuti a distorsioni sul lato
dell'offerta (salari e flessibilità ) ma hanno danneggiato anche la domanda,
peggiorando così la disoccupazione.
In pratica una riduzione della spesa pari ad un punto percentuale
del Pil prodotto fa aumentare la disoccupazione di un 0,6% ed un aumento di 1,5
punti dell'indice Gini (misura
la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o
anche della ricchezza). Peggio di così...
Per ritornare al titolo dell'articolo, prove di questo ripensamento
sono stati i titoli di diversi giornali qualificati come il britannico Guardian:
" Morte del neoliberismo dal di dentro", dell'americano Time: " Ripensamenti dei
veri credenti della globalizzazione", o del Fortune: " Anche il Fmi ora ammette
che il neoliberismo ha sbagliato", o Forbes: " Anche il Fmi vede 30 anni di
neoliberismo come uno sbaglio".
E' arrivato il momento di riconsiderare il tutto visto che questa
lunga e distruttiva crisi ha portato a far riflettere, ed era ora, che, visti i
pessimi risultati, il metodo attuato non poteva essere quello giusto.
Ed a nostre spese, in molti, stiamo ancora portando sulle nostre
spalle questo gravoso fardello.
Ci sono state catastrofi (Grecia
insegna, come pure in Italia) e le terapie propinate in tutti questi anni non
sono state per nulla efficienti viste le risultanze.
Si spera che i negoziati sul Ceta ( Trattato economico
UE-Canada) ed il TTIP (Trattato di libero scambio UE- USA) non causino ulteriori
danni, l'ennesimo "anello al naso" colonialista, vista la sbilanciata
globalizzazione verso le multinazionali e che vengano davvero attenzionati da
persone competenti e non da yes-man. Caso contrario,sarebbe davvero la
fine.
A questo punto, fortunatamente, essendo stato ammesso l'errore
perpetrato in tanti anni; è opportuno che si rivedano queste strategie
economiche e che prevalga, a vantaggio di tutti, la tutela della dignità umana e
dello stesso lavoro perché: sbagliare è umano ma perseverare è diabolico.
A vantaggio di un Pianeta dove certamente si vivrebbe meglio, per
il bene di tutti.
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