I RAGAZZI DI CHERNOBYL
Ricordo che la notizia della tragedia provocata dallo
scoppio di un reattore nucleare della centrale a qualche decina di chilometri
da Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale, in quel tempo ancora Russia, la
lessi subito, quel mattino dell’aprile del 1986 sulla bacheca del giornalaio della
porta accanto a dove abitavo a Firenze.
Una tragedia che colpì tutti per il numero di vittime che aumentavano con il passare dei minuti e preoccupò subito per le conseguenze di quel disastro che, secondo Greenpeace, ha già provocato direttamente e indirettamente, la morte di oltre sei milioni di persone, molte delle quali dopo sofferenze atroci.
Una tragedia che colpì tutti per il numero di vittime che aumentavano con il passare dei minuti e preoccupò subito per le conseguenze di quel disastro che, secondo Greenpeace, ha già provocato direttamente e indirettamente, la morte di oltre sei milioni di persone, molte delle quali dopo sofferenze atroci.
Ero appena uscito per prendere la rapida per Siena e
raggiunger gli uffici dell’Ente Mostra Vini, che avevo l’onore e l’onere di
dirigere.
Era ancora forte l’eco della grande tragedia del vino
italiano, il metanolo (vino mescolato ad alcol etilico), scoppiata il 17 Marzo,
cioè poco più di un mese prima, che
aveva provocato, la morte di ben 26 persone, anche queste innocenti.
La paura della contaminazione si diffuse immediatamente,
tant’è che nell’ora di viaggio in autobus, non si parlò che di questa
possibilità anche in aree lontane come la nostra e dei pericoli delle centrali
nucleari che l’Italia era decisa di approvare.
In poco tempo si scatenò in tutt’Italia una catena di
solidarietà che creò nel tempo un ponte di affetti che ancora durano.
L’ospitalità per i bambini e i ragazzi di quel territorio
contaminato dal Cesio-137 che si spandeva sugli strati superficiali del terreno
contaminando piante e funghi e, così,
entrando subito nella catena alimentare. I primi segnali hanno riguardato la
tiroide, la più colpita da tumori che spesso hanno portato alla morte,
soprattutto bambini e giovani.
Il Molise, con l’Associazione Solidarietà senza Confini, con
sede a Campobasso, presieduta da Di Lembo fu tra le prime regioni a ospitare un
gruppo di oltre cinquanta bambini e ragazzi, accolti da famiglie che avevano
espresso il loro impegno e non per una sola occasione.
Ho conosciuto Yuri, un bambino ospite di Vincenza e Antonio
Matteo a Vinchiaturo, nelle sue ultime presenze nel Molise, che si sono
ripetute per otto anni. Aveva un anno
quando è scoppiato il reattore e, ancora piccolino, era arrivato a casa Matteo con
il suo viso bellissimo ma pieno ancora di paure. Era molto attaccato a Chiara,
la figlia di Vincenza e Antonio, e,
vederli giocare e litigare, davano la netta impressione di essere
fratello e sorella, anche perché per Vincenza e Antonio, ma non solo, anche per
tutt’i familiari, Yuri era come un figlio a cui dare particolare attenzione per
togliere la paura del disastro che
portava con sé. Un discorso – l’ho saputo qualche tempo dopo – che riguardava
anche le altre famiglie coinvolte in quest’opera di solidarietà, con il bambino
e, anche, con la famiglia rimasta a vivere le miserie della tragedia.
Chiara, che sta per laurearsi a Bologna, non ha mai perso i
contatti con Yuri, oggi poliziotto, sposato e padre di una bambina. Ricordo che
la presenza di Yuri “riempiva la casa” e rendeva particolarmente felice Chiara.
A Vinchiaturo lo conoscevano tutti e tutti se lo ricordano questo bambino
biondissimo, dalla taglia atletica, abbastanza vivace e cordiale con tutti.
Qualche tempo fa, preso dalla nostalgia, aveva comunicato a
Chiara, via Skype, la sua voglia di tornare per riabbracciare quelli che, per
uno o due periodi dell’anno (Natale e l’estate), sono stati i suoi genitori e
salutare gli amici. Poi la situazione difficile nella sua Ucraina l’hanno
costretto a rinviare in un altro momento questo viaggio nella sua seconda
terra, il Molise.
Un rapporto che continua al pari del rapporto tra le
famiglie molisane che si sono ritrovate impegnate con l’ospitalità, ma anche
con viaggi in Ucraina per conoscere le origini del bambino, i suoi genitori e
capire da vicino il senso della paura per il domani. Infatti, molte di queste
famiglie sono state in Ucraina e la gran parte dei componenti sono diventati
amici che si frequentano e si raccontano dei ragazzi di Chernobyl che hanno
conosciuto e sentito battere il cuore
dei molisani. Una carezza delicata che suscita la voglia di tornare.
Una tragedia che, nel rispetto dei ragazzi di Chernobyl, ha
convinto tutti gli italiani a dire No al nucleare.
pasqualedilena@gmail.com
Solo ieri ho visto questo mio articolo, scritto alla fine di maggio su richiesta di Moliseinsieme, pubbblicato. Non sa di muffa e può interessare ai protagonisti di allora che non hanno avuto la possibilità di sfogliare Moliseinsieme.
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